domenica 14 giugno 2009

Progetti eversivi







Mi è piaciuto molto l'intervento appassionato di Massimo Donadi in Parlamento. Lo condivido qui e consiglio di ascoltarlo con attenzione. Parole forti, intense, che lasciano il segno.


Temo però che nulla accadrà di rilevante, almeno fino a che il popolo non si desterà dal lungo sonno per sollevarsi contro il progetto eversivo del papi e dei suoi accoliti. Magari andando a lezione dagli iraniani, insorti dopo i presunti brogli elettorali.


Quando sarà colma la misura in Italia?


Aggiungo due prime pagine (12 giugno), dell’”Unità e del “manifesto, incastrate nel blocco di tre articoli, tutti tratti da “la Repubblica”.


Post lungo, me ne rendo conto, ma come spesso ripeto si può leggere a dosi omeopatiche, oppure sorbirselo per intero tutto in una volta.


Di certo siamo al crepuscolo della democrazia, la notte della Repubblica sta per cominciare. Una notte nera come le ronde che si apprestano a scendere per strada.




Le nuove regole sulle intercettazioni vanno incontro a una vera ossessione del Cavaliere


Vietato trascrivere anche se un capo Rai chiede silenzio su dati elettorali non graditi al Capo


Quello che sui giornali non leggerete più


di GIUSEPPE D'AVANZO


 


"Se escono fuori registrazioni lascio questo Paese". Lo disse Berlusconi l'anno scorso, ad Ancona, e così annunciò la sua offensiva contro le intercettazioni. Più che un'offensiva, la distruzione risolutiva di uno strumento d'indagine essenziale per la sicurezza del Paese e del cittadino. "Permetteremo le intercettazioni - disse nelle Marche quel giorno, era aprile - soltanto per reati di terrorismo e criminalità organizzata e ci saranno cinque anni di carcere per chi le ordina, per chi le fa, per chi le diffonde, oltre a multe salatissime per gli editori che le pubblicano".


Come d'abitudine, il Cavaliere la spara grossa, grossissima, consapevole che quel che ha in mente è un obiettivo più ridotto, ma tuttavia adeguato alla volontà di togliere dalla cassetta degli attrezzi della magistratura e delle polizie un arnese essenziale al lavoro. E, dagli strumenti dell'informazione, un utensile che, maneggiato con cura (e non sempre lo è stato), si è dimostrato molto efficace per raccontare le ombre del potere. La possibilità di essere ascoltato nelle sue conversazioni - magari perché il suo interlocutore era sott'inchiesta, come gli è accaduto nei colloqui con Agostino Saccà o, in passato, con Marcello Dell'Utri - è per il Cavaliere un'ossessione, un'ansia, una fobia. Ci è incappato più d'una volta.


Nel Capodanno 1987, alle ore 20,52 dalla villa di Arcore (Berlusconi festeggia con Fedele Confalonieri e Bettino Craxi).


Berlusconi. Iniziamo male l'anno!


Dell'Utri. Perché male?


Berlusconi. Perché dovevano venire due [ragazze] di Drive In che ci hanno fatto il bidone! E anche Craxi è fuori dalla grazia di Dio!


Dell'Utri. Ah! Ma che te ne frega di Drive In?


Berlusconi. Che me ne frega? Poi finisce che non scopiamo più! Se non comincia così l'anno, non si scopa più!


Dell'Utri. Va bene, insomma, che vada a scopare in un altro posto!


La conversazione racconta la familiarità tra il tycoon e un presidente del consiglio allora in carica che gli confeziona, per i suoi network televisivi, un decreto legge su misura, poi bocciato dalla Corte Costituzionale.


Già l'anno prima, il giorno di Natale del 1986, il nome di Berlusconi era saltato fuori in un'intercettazione tra un mafioso, Gaetano Cinà, e il fratello di Marcello Dell'Utri, Alberto.


Cinà. Lo sai quanto pesava la cassata del Cavaliere?


Dell'Utri. No, quanto pesava, quattro chili?


Cinà. Sì, va be'! Undici chili e ottocento!


Dell'Utri. Minchione! E che gli arrivò, un camion gli arrivò?


Cinà. Certo, ho dovuto far fare una cassa dal falegname, altrimenti si rompeva!


Perché un mafioso di primo piano come Cinà si prendesse il disturbo di regalare un monumento di glassa al Cavaliere rimane ancora un enigma, ma documenta quanto meno il tentativo di Cosa Nostra di ingraziarselo.


Al contrario, è Berlusconi che sembra promettere un beneficio ad Agostino Saccà, direttore di RaiFiction quando, il 6 luglio 2007, gli dice: "Io sai che poi ti ricambierò dall'altra parte, quando tu sarai un libero imprenditore, mi impegno a ... eh! A darti un grande sostegno". Che cosa chiedeva il premier? Il favore di un ingaggio per una soubrette utile a conquistare un senatore e mettere sotto il governo Prodi. O magari...


Ancora uno stralcio:


Saccà. Lei è l'unica persona che non mi ha mai chiesto niente, voglio dire...


Berlusconi. Io qualche volta di donne... e ti chiedo... per sollevare il morale del Capo (ridendo).

E in effetti, con molto tatto, Berlusconi chiede di sistemare o per lo meno di prendere in considerazione questa o quella attrice. Qualcuna "perché sta diventando pericolosa".


È l'ascolto di queste conversazioni, disvelatrici dei rapporti con una politica corrotta, con il servizio pubblico televisivo in teoria concorrente, addirittura con poteri criminali, che il premier vuole rendere da oggi irrealizzabile per la magistratura e vietato alla pubblicazione, anche la più rispettosa della privacy.


Per scardinare, nell'opinione pubblica, la convinzione che gli ascolti telefonici, ambientali, telematici servano e non siano soltanto una capricciosa bizzarria di toghe intriganti e sollazzo indecente per cronisti ficcanaso, Berlusconi ha costruito nel tempo una narrazione dove si sprecano numeri iperbolici ed elaborate leggende. Dice: "Si parla di 350 mila intercettazioni, è un fatto allucinante, inaccettabile in una democrazia". Fa dire al suo ministro di Giustizia che gli italiani intercettati sono addirittura "30 milioni" mentre sono 125 mila le utenze sotto ascolto (le utenze telefoniche, non gli italiani intercettati). Alla procura di Milano, per fare un esempio, su 200 mila fascicoli penali all'anno, le indagini con intercettazioni restano sotto il 3 per cento (6136).

Altra bubbola del ministro è che gli ascolti si "mangiano" il 33 per cento del bilancio della giustizia mentre invece sfiorano soltanto il 3 per cento di quel bilancio (per la precisione il 2,9 per cento, 225 milioni di costo contro i 7 miliardi e mezzo del bilancio annuale della giustizia). Senza dire che, per inerzia del governo, lo Stato paga al gestore telefonico 26 euro per ogni tabulato, 1,6 euro al giorno per intercettare un telefono fisso, 2 euro al giorno per un cellulare e 12 per un satellitare e l'esecutivo non ha tentato nemmeno di ottenere dalle compagnie telefoniche un pagamento a forfait o tariffe agevolate in cambio della concessione pubblica (accade all'estero).


Nonostante questa inerzia, le intercettazioni si pagano da sole, anche con una sola indagine. Il caso di scuola è l'inchiesta Antonveneta. Costo dell'indagine, 8 milioni di euro. Denaro incassato dallo Stato con il patteggiamento dei 64 indagati, 340 milioni. Il costo di un anno di intercettazioni e avanza qualche decina di milioni da collocare a bilancio, come è avvenuto, per la costruzione di nuovi asili.


Comunque la si giri e la si volti, questa legge serve soltanto a contenere le angosce del premier e dei suoi amici, a proteggere le loro relazioni e i loro passi, a salvaguardare il malaffare dovunque sia diffuso e radicato. Per il cittadino che chiede sicurezza e vuole essere informato di quel accade nel Paese è soltanto una sconfitta che lo rende più debole, più indifeso, più smarrito.


Se la legge dovesse essere confermata così com'è al Senato, i pubblici ministeri potranno chiedere di intercettare un indagato soltanto quando hanno già ottenuto quei "gravi indizi di colpevolezza" che giustificherebbero il suo arresto. E allora che bisogno c'è delle intercettazioni? Forse è davvero la morte della giustizia penale, come scrive l'associazione magistrati. Certo, è l'eclissi di un segmento rilevante dell'informazione. Da oggi si potranno soltanto proporre dei "riassuntini" dell'inchiesta e delle prove raccolte. Non si potrà pubblicare più alcun documento, nessun testo di intercettazione.

La cronaca, queste cronache del potere, però, non sono soltanto il racconto di imprese delittuose. Non deve esserci necessariamente un delitto, una responsabilità penale in questi affreschi. Spesso al contrario possono rendere manifesto e pubblico soltanto un disordine sociale, un dispositivo storto che merita di essere raccontato quanto e più di un delitto perché, più di un delitto, attossica l'ordinato vivere civile.


Immaginate che ci sia un dirigente della Rai che, in una sera elettorale, chiama al telefono un famoso conduttore e gli chiede di lasciar perdere con gli exit poll che danno un risultato molesto per "il Capo". Immaginate che il dirigente Rai per essere più convincente con il conduttore spiega che quello è "un ordine del Capo". Non c'è nulla di penale, è vero, ma davvero è inutile, irrilevante raccontare ai telespettatori che la scena somministrata loro, quella sera, era truccata?

Bene, ammesso che questa sia stata una conversazione intercettata recentemente in un'inchiesta giudiziaria, non la leggerete più perché l'ossessione del premier, diventata oggi legge dello Stato, la vieta. Chi ci guadagna è soltanto chi ha il potere. Chi deve giudicarlo non ne avrà più né gli strumenti né l'occasione.


la Repubblica (11 giugno 2009)


 


Intervista al procuratore aggiunto a Milano Spataro:


"La legge sulle intercettazioni è incostituzionale e irragionevole"


"Sarà impossibile salvare vite umane e tanti omicidi resteranno irrisolti"


di LIANA MILELLA


 


ROMA - "Incostituzionale" per via della durata breve (solo due mesi), per i privilegi agli 007, per il diritto di cronaca compresso. "Irragionevole" perché "azzera" un fondamentale strumento d'indagine. E pure gravemente colpevole, visto che "gli omicidi irrisolti saliranno incredibilmente di numero e sarà più difficile salvare vite umane". Il procuratore aggiunto di Milano Armando Spataro continua a sfogliare la nuova legge sulle intercettazioni e con Repubblica sconsolato commenta: "Ma come si fa a scrivere una legge così?".


Il suo ex collega Di Pietro dice che è cominciata "la notte della Repubblica". Condivide?

"Beh, io direi che "la notte continua.." se penso a ciò che, in nome della sicurezza, è stato fatto violando i diritti fondamentali delle persone. Ma ora si rischia di contraddire anche quelle scelte: come si può conciliare con la sicurezza l'azzeramento del più efficace strumento per individuare assassini, rapinatori, stupratori e trafficanti?".


L'opposizione si appella a Napolitano e denuncia profili di incostituzionalità. Lei ne vede?

"Potrebbero essercene. Ad esempio, limitare gli ascolti a due mesi inciderà sull'obbligatorietà dell'azione penale. Magari, allo scadere dei 60 giorni, arrivano conversazioni importanti, ma l'intercettazione deve fermarsi. Polizia e pm s'arrangino. Il regime privilegiato per gli agenti dei servizi segreti viola il principio d'eguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Per non parlare della libertà di stampa gravemente compressa, in modo non proporzionale rispetto alla pur giusta esigenza d'impedire violazioni della privacy".


Se la legge passa com'è quali delle sue inchieste e di quelle che conosce non si potranno più fare?

"Le rispondo solo se Repubblica mi concede due pagine piene. Sarebbe facile citare casi clamorosi come quello del sequestro illegale di Abu Omar. O casi di corruzione. Ma vorrei essere chiaro: sono innumerevoli gli omicidi che vengono risolti dopo mesi e mesi di intercettazioni. Sappiano i cittadini che gli assassini senza volto saliranno incredibilmente di numero e sarà più difficile salvare vite umane come avviene ora quando, intercettando ed indagando, si scoprono progetti di uccidere qualcuno".


Gli "evidenti indizi di colpevolezza" saranno una tagliola?


"Sì. È irrazionale. "Evidenti indizi di colpevolezza" a carico dell'indagato è quanto la legge richiede perché il pm possa chiederne la cattura. Giuridicamente, "grave" equivale ad "evidente". Ma se dispone già di "evidenti indizi" che bisogno avrebbe il pm di intercettare l'indagato? Ne chiederebbe la cattura e basta. Dopo le critiche dei giuristi, la parola "gravi" è stata cambiata in "evidenti": ma l'incongruenza rimane. E poi come sarà possibile avere indizi di colpevolezza a carico di taluno nei processi contro ignoti?".


E quali indagini moriranno con soli due mesi di ascolti?


"Praticamente impossibile contarle. Ci sono indagini in corso, tuttora segrete, che hanno fatto registrare risultati clamorosi dopo mesi di intercettazioni. Ora si arriva perfino a prevedere un tetto di spesa. Finiti i soldi, niente intercettazioni, con grande soddisfazione dei criminali. Lo spieghino, però, alle vittime dei reati".


Mafia: ha ragione la Bongiorno, convinta che per queste inchieste non cambi nulla, o chi già vede le inchieste in panne?


"Stimo molto il presidente della commissione Giustizia e ricordo che condivise i rilievi del procuratore Grasso. Spesso si arriva a scoprire l'esistenza di associazioni mafiose o terroristiche indagando sui reati che mafiosi e terroristi commettono (estorsioni, usura, omicidi per i primi; emigrazione clandestina, falso di banconote e documenti per i secondi). Ma per questi reati le intercettazioni si potranno fare solo per due mesi e le ambientali solo nei luoghi ove sia in corso l'attività criminosa. Cioè posso intercettare se stanno sgozzando qualcuno, non se stanno parlando di farlo domani. Dunque, l'eccezione è solo fumo negli occhi".


Divieto d'usare le trascrizioni in altri processi: è un colpo alla legalità?


"Chi può negarlo seriamente? L'attuale codice di rito già prevede dei limiti severi sul punto, ma andare oltre significa impedire che siano utilizzabili elementi di prova rilevanti per punire gli autori di molti gravi reati".


la Repubblica (11 giugno 2009)


 


 


Il Colonnello



Il nostro Colonnello si chiama Berlusconi. A scrutinio segreto la camera approva il disegno di legge sulle intercettazioni: colpisce le inchieste della magistratura e la libertà di stampa. Proteste in aula. 21 deputati dell'opposizione votano con la maggioranza. Il segretario dell'Anm: «I delinquenti rimarranno impuniti». Tre consiglieri del Csm si dimettono in polemica con il ministro Alfano


il manifesto


(12 giugno 2009)




 


Intercettazioni, ecco come la riforma toglie spazio ai pm e limita la stampa

Da Lady Asl agli immobiliaristi: l'obbligo di indizi "evidenti" impedirebbe molti controlli


Tangenti, "furbetti" e Calciopoli le verità che non avremmo saputo


 


ROMA - Gli orrori della clinica Santa Rita di Milano? Sarebbero rimasti ben segreti. Le partite truccate di Calciopoli? Avrebbero continuato a essere giocate. L'odioso stupro della Caffarella? Gli autori sarebbero ancora liberi. Il sequestro dell'imam Abu Omar? I pm di Milano non l'avrebbero mai scoperto. E gli agenti del Sismi che collaborarono con la Cia non avrebbero mai lasciata impressa sul nastro la fatidica frase "quell'operazione è stata illegale".


Lady Asl e la truffa della sanità nel Lazio? La cupola degli amministratori regionali avrebbe continuato ad operare indisturbata. I furbetti del quartierino? Per le scalate Antonveneta e Bnl forse non ci sarebbero stati gli "evidenti indizi di colpevolezza" per mettere i telefoni sotto controllo. A rischio le inchieste potentine di Henry John Woodcock, Vallettopoli, Savoiopoli, affaire Total, tangenti Inail, dove i nastri hanno continuato a girare per otto-nove mesi prima di produrre prove, e quelle calabresi (Poseidone, Toghe lucane, Why not) dell'ormai deputato europeo Luigi De Magistris.


Una moria impressionante, in cui cadono processi famosi e meno famosi, in cui le indagini sulla mafia sono messe a rischio perché non si potrà più mettere sotto controllo telefoni per truffa ed estorsione. Si salva Parmalat dove, come assicurano i pm di Milano e di Parma, le intercettazioni non furono determinanti né per arrestare Calisto Tanzi in quel dicembre 2003, né per accertare ragioni e colpevoli del crack. Ha detto e continua a dire l'Anm con una frase ad effetto, "è la morte della giustizia penale in Italia".


Nelle stesse ore in cui alla Camera, con il concorso dell'opposizione nonostante l'appello del giorno prima a Napolitano di Pd, Idv, Udc, si approva la legge sugli ascolti, nelle procure italiane, tra lo sconcerto e l'irritazione delle toghe, si fanno i conti delle intercettazioni che non si potranno più fare in futuro e di quelle che, in un passato recente, non sarebbero mai state possibili. E, anche se fossero state fatte, non si sarebbero mai potute pubblicare, né nella versione integrale, né tantomeno per riassunto.


Le indagini cadono su due punti chiave della legge: "evidenti indizi di colpevolezza" per ottenere un nastro, solo 60 giorni per registrare. Così schiatta l'indagine sulla clinica Santa Rita che parte con una truffa ai danni dello Stato per via dei rimborsi gonfiati e finisce per rivelare che si operava anche quando non era necessario. Non solo sarebbero mancati gli "evidenti indizi" (se ci fossero stati i pm Pradella e Siciliano avrebbero proceduto con gli arresti), ma non si sarebbe andati avanti per undici mesi, dal 4 luglio 2007 al 24 giugno 2008. Giusto a metà, era settembre, ecco le prime allusioni a un reparto dove accadevano "fatti gravi". Niente ascolti, niente testi sui giornali, niente versione integrale letta al processo, niente clinica costretta a cambiare nome per la vergogna.

Cambia corso il caso Abu Omar, nato come un sequestro di persona semplice contro ignoti. Solo due mesi di tape. Ma la telefonata chiave, quando l'imam libero per una settimana racconta alla moglie la dinamica del sequestro, giunge solo allo scadere dei 12 mesi d'ascolto. In più la signora, in quanto vittima, non avrebbe mai dato l'ok a sentire il suo telefono, come stabilisce la nuova legge.


Per un traffico organizzato di rifiuti a Milano, dove arrivava abusivamente anche la monnezza della Campania, hanno fatto 1.500 intercettazioni per sei mesi. Solo dopo i primi due s'è scoperto cosa arrivava dal Sud. In futuro impossibile. Come gli accertamenti che fanno scoprire i mafiosi. A Palermo hanno intercettato l'imprenditore Benedetto Valenza per quattro mesi: dalla truffa e dalla frode nelle pubbliche forniture sono arrivati a scoprire che riciclava i soldi del clan Vitale e forniva cemento depotenziato pure agli aeroporti di Birgi e Punta Raisi. Idem per l'inchiesta contro gli amministratori di Canicattì e Comitini che inizia per abuso d'ufficio e corruzione e approda a un maxi processo contro le cosche di Agrigento. Telefoni sotto controllo per sei mesi, ormai niente da fare.


"La gente sarà meno sicura" dicono i magistrati. E citano lo stupro della Caffarella d'inizio anno. Due arresti sbagliati (i rumeni Ractz e Loyos), il vanto di aver fatto tutto "senza intercettazioni", poi il ricorso all'ascolto sul telefono rubato alla vittima. Domani impossibile perché in un delitto contro ignoti si può intercettare solo il numero "nella disponibilità della persona offesa". Assurdo? Contraddittorio? Sì, ma ormai è legge.


la Repubblica (12 giugno 2009)


 




 


 


 


 


 


 

1 commento:

  1. Ronde e Lodo Alfano: senza parole, nessuno che li fermi neanche il Presidente della Repubblica....



    Più che un bavaglio io avverto ilsibilo di una pallottola con il silenziatore....



    Daniele l Rockpoeta

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