mercoledì 27 maggio 2009

Migranti per bene (e per male)










Il poema di Erri De Luca è di straordinaria intensità, un racconto vibrante di note armoniose, tante perle infilate in una collana di rara e preziosa testimonianza umana. Commovente e coinvolgente. Ci sono frasi che restano scolpite addosso e non te ne liberi più.


Un frammento di ottima televisione andato in onda il 20 maggio scorso, una settimana fa, nella serata speciale della trasmissione “Che tempo che fa”. 


Mi pare un’efficace introduzione al tema “immigrazione” che voglio trattare attraverso due lettere, pubblicate in tempi diversi. E poiché mi ritrovo con una cartella personale piena di pezzi molto interessanti, questo argomento verrà trattato in più riprese. Anche perché non si può parlare di migranti, senza occuparsi pure della fiorente rinascita del razzismo che ha infettato, come una pestilenza, il tessuto sociale e civile dell’Italia in cui sta producendo devastazioni profonde.


La prima lettera venne pubblicata sul “Corriere della Sera” nella famosa rubrica: “La stanza di Montanelli”. È interessante la risposta del giornalista toscano, quasi una profezia. Fin troppo facile, potremmo esclamare adesso, ma che nel 1999 avrebbe dovuto già allarmare, se non altro dal punto di vista elettorale.


La seconda lettera, otto anni più tardi, trova ospitalità su “L’espresso” ed esprime un comune sentire ormai piuttosto diffuso.


Anche attraverso queste due testimonianze possiamo renderci conto di quanto siamo cambiati. Non credo in meglio.


 


 


La stanza di MONTANELLI


Ecco cosa penso del problema immigrazione


 


Caro Montanelli,


Mi piacerebbe che la Gran Bretagna fosse al posto dell’Italia per vedere come reagirebbero gli inglesi di fronte ai continui sbarchi di clandestini che assaltano le nostre coste. Una Thatcher come si comporterebbe? Hanno cominciato nel ‘91 gli albanesi, poi sono venuti i curdi, poi i kosovari seguiti dai montenegrini; adesso i Rom. Era inevitabile che, una volta concesso a qualcuno di entrare nel nostro Paese, si sarebbero trovati subito degli imitatori.


Forse si è sparsa la voce che noi italiani siamo degli imbelli (imbecilli), dei mollaccioni, che ci facciamo sottomettere da tutti, vittime del nostro buonismo. Mi domando: quanti sono i clandestini che sono arrivati? Penso che a tutt’oggi, settembre ‘99, siano dieci milioni. A Milano basta prendere un tram qualsiasi per capire che un terzo dei passeggeri è di origine non italiana.


Adesso i nostri politici, visto che non riescono a risolvere il problema, ci stanno raccontando la barzelletta che gli immigrati sono (e saranno) la nostra ricchezza. Ma quando mai? Non oso pensare cosa sarà l’Italia fra 20 o 30 anni. Sarà come la Jugoslavia di adesso? Meno male che io non ci sarò a vedere questo scempio futuro (sono nato nel 1930), però tremo per i miei fili e nipotini.

Giuseppe T., Milano


 


Caro Amico,


La sua lettera contiene una considerazione giusta, e una serie di osservazioni sbagliate. Cominciamo da qui. Gli immigrati non sono certo 10 milioni: scegliendo un tram di Milano come campione, lei commette un madornale errore statistico. Gli immigrati regolari sono un milione e duecentomila (la cifra proviene dal ministero dell’Interno; e spero che laggiù sappiano almeno contare i permessi di soggiorno che hanno concesso). Il numero dei clandestini è più difficile da stabilire. Probabilmente si tratta di qualche centinaia di migliaia di persone, alcune delle quali di passaggio verso altri Paesi europei, molte altre stanziali.


Secondo errore: la nazionalità. Lei ha dimenticato i nordafricani, soprattutto i tunisini, che per anni sono sbarcati a Lampedusa e in Sicilia. Non so se l’ha notato, ma negli ultimi tempi questo flusso si è arrestato. Qualcosa, quindi, deve essere successo: probabilmente le autorità locali, a differenza di quelle albanesi, sono state convinte a darsi da fare. Sarebbe interessante saperne di più, perchè in questa vicenda probabilmente è nascosta una lezione.


Le segnalo anche un’omissione, anzi due. Lei ha riunito tutti i «clandestini» in un unico gruppo, e questo è fuorviante: ci sono molti delinquenti, purtroppo; ma ci sono anche poveri diavoli che vogliono soltanto lavorare, accettando mestieri che noi italiani non vogliamo più fare, e aspettano solo di mettersi in regola.


Lei non ha detto un’altra cosa importante: i gruppi etnici si comportano in modo diverso. I guai li stanno combinando soprattutto albanesi, nigeriani e una parte dei magrebini. I cinesi si comportano spesso in modo spietato, ma tra di loro. Cingalesi, filippini e somali lavorano e non creano problemi. Di queste cose, a mio giudizio, un governo deve tenere conto. Gli inglesi, che lei ha citato, lo fanno.


Sul punto fondamentale — il fatto che siamo dei pressapochisti pasticcioni — sono invece d’accordo. Da almeno dieci anni la politica dell’immigrazione è un colabrodo. È vero che le coste della Puglia sono più accessibili delle scogliere di Dover; ma la Gran Bretagna si è comportata in modo ben più sensato e rigoroso (sebbene il passato coloniale la costringesse a notevoli aperture). Il nostro non è «buonismo»: è superficialità.


Secondo lei, è molto buono e generoso permettere che migliaia di ragazzine-schiave si vendano lungo le strade italiane? Perché non si acchiappano i loro sfruttatori, non li si mette su un aereo militare e non li si rispedisce al mittente? Non ci sono le norme? Creiamole. Ne abbiamo cinquantamila: una più, una meno... Invece noi ci riempiamo la bocca di principi altisonanti, firmiamo documenti internazionali, e poi tolleriamo questa situazione: prostitute dovunque, quartieri ceduti alla delinquenza, stazioni della metropolitana, a Roma o a Milano, in cui una donna sola non osa più scendere. È «progressista» tollerare queste cose? Non sono sicuro. A me sembra solo pazzesco.


Sa cosa penso? Che su questa storia la sinistra perderà le elezioni, senza che la destra debba muovere un dito, né infliggerci uno spot.


Corriere della Sera (27 settembre 1999)


 


 


Per posta, per e-mail


Risponde Stefania Rossini


stefaniarossini@espressoedit.it

Io democratica razzista


Cara Rossini, devo ammetterlo: sono razzista. Io, democratica, cattolica, con un passato comunista e femminista, con un bambino palestinese adottato a distanza, sono diventata intollerante verso gli immigrati. Non so cosa sia accaduto dentro di me per arrivare a definirmi così, so però quello che è accaduto intorno. Vivo in una grande città e non esco più per le strade con la tranquillità a cui avrei diritto. Ci sono uomini di mille colori che mi guardano come non mi ha mai guardato un uomo italiano: da preda. Ci sono mendicanti che ostentano ogni tipo di mutilazione e si lamentano quasi fossimo nella Londra di Dickens. Ci sono prostitute poco più che bambine praticamente nude in pieno giorno. Ci sono zingare ai semafori che, se rifiuti di farti lavare il vetro, ti sputano addosso. Ed io oggi ho paura. Così, se sono in macchina serro i vetri e la sicura degli sportelli; se sono in autobus mi tengo stretta la borsa e cerco di stare vicino a un finestrino perché - è ora che qualcuno lo dica - molti di questi immigrati non sono abituati a lavarsi, In casa non va meglio. Un anno fa qualcuno è entrato da noi in piena notte calandosi dalle grondaie e narcotizzandoci con uno spray: per lui pochi euro di bottino, per noi una violenza che ha lasciato il segno. Come vede non parlo dei casi eclatanti, come quello della ragazza uccisa in metro. Parlo della difficoltà di convivere con l’illegalità e del dolore di essere diventata razzista. Aspetto una parola che mi consoli della mia metamorfosi.


Elisabetta Di Nardo, e-mail


 


Forse la consolerà sapere che la sua metamorfosi è condivisa da molte persone di sinistra fino a qualche tempo fa schierate politicamente contro ogni frontiera e attratte dalla mescolanza delle culture (come documentato anche da una ormai famosa lettera al quotidiano “la Repubblica”). La convivenza con un’immigrazione che l’assenza di regole rende spesso violenta ha tolto colore politico alla richiesta di legalità. La destra può continuare ad alzare le solite grida xenofobe, ma è alla sinistra che tocca il compito più difficile - rivedere le proprie categorie, accettare la sicurezza come un nuovo diritto civile, imporre senza imbarazzi doveri precisi a chi vuole vivere in Italia, affinando al tempo stesso le forme di accoglienza e integrazione per quanti rispettano le regole. L’accattona che ci sputa addosso ai semafori e la badante che accompagna a morire i nostri vecchi hanno il diritto di non essere confuse.


L’espresso (maggio 2007)


 

3 commenti:

  1. Trovo molto bella la risposta data dall'Espresso. No al buonismo di Veltroniana memoria ma no anche allo squadrismo di certe posizioni del Centrodestra. Credo che regole chiare e rispetto dei diritti fondamentali siano le due strade da percorrere insieme a quella cmq di una cooperazione internazionale affinché chi vive nel proprio Paese non senta il bisogno di scappare ma abbia la possibilità ed il desiderio di costruirsi lì un proprio futuro.



    Daniele il Rockpoeta

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  2. Condivido l'opinione di Daniele: "regole chiare e rispetto dei diritti fondamentali"; il problema è che i nostri politici sono incapaci a creare queste regole.

    Poi vorrei evidenziare che, probabilmente, che si lamenta dell'invasione degli stranieri, soprattutto clandestini, è il primo che va a puttane e che, quindi, alimenta questa situazione.

    Tutti pronti a brontolare, ma non a comportamenti coerenti.

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  3. Daniele, certo: regole chiare e rispetto dei diritti, in modo che siano tutelate le persone. C'è troppo baccano attorno alla questione immigrazione vissuta come un cataclisma, mentre è fenomeno storico in atto che si accentuerà. Manca la forma mentale, in primo luogo, per l'approccio giusto. Strade da percorrere congiuntamente, assieme ad una prospettiva di più largo respiro, vale a dire internazionale. Mi pare opportuna questa tua sottolineatura. Improbabile da cogliere tra le urla da osteria e i ragionamenti che vanno alla pancia e non al cervello.

    Sergio, è vero si tratta di punti molto chiari, am che si scontrano con la miopia e l'approssimazione poltica. Fai molto bene, infine, a rimarcare la doppia faccia che certo, una buona parte di coloro che urlano scompostamente e si dotano di ronde, alimentano il mercato del sesso, non disdegnando soprattutto le minorenni e, ovviamente, non pretendendo da queste il permesso di soggiorno. Definirla "incoerenza" è quasi un complimento. D'altra parte c'è chi partecipa in prima fila al "Family day...

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