venerdì 8 maggio 2009

L'idiota perversione








Una compagine governativa si qualifica per le scelte che compie. L’attuale, quella guidata dal papi del consiglio, ha scelto il profilo peggiore, preferendo i giochi di guerra, contrari alla Costituzione, alle esigenze reali di persone già private di speranza, costrette a pietire ogni cosa e vittime anche della disgrazia di avere un pupazzo a governare, circondato dai ciambellani. 


E mai che s’intacchino le spese militari, forse per il timore di impedire in questo modo al ministro La Russa di poter giocare con carri armati e soldatini. Poi ci scappa il morto, una ragazzina, come in Afghanistan dove ancora non si è capito bene a quale missione di pace (ah l’adulterazione delle parole!) stiamo partecipando. Fondi per l’Abruzzo no, ma per gli F35 sì, a profusione.












Terremoto, la bufala dei fondi


La previsione di ottenere da nuovi giochi 500 milioni di euro l'anno, già a partire dal 2009, contenuta nel decreto legge Abruzzo, non convince i tecnici del Servizio Studi del Senato. «La previsione di una crescita del volume di entrate per l'anno in corso identica (500 milioni di euro) a quella prevista a regime per gli anni successivi - si legge nel dossier di Palazzo Madama - potrebbe risultare coeteris paribus in qualche modo problematica, alla luce degli inevitabili ritardi temporali legati alla tempistica necessaria per dare attuazione alle disposizioni previste, ossia considerando che il decreto interviene ormai a fine aprile e che i relativi decreti dirigenziali andranno adottati entro i successivi 60 giorni».


Qualche dubbio al decreto lo ha espresso anche il presidente di Confindustria Emma Marcegaglia. Nel decreto varato dal governo per la ricostruzione post-terremoto «bisogna capire quali sono i soldi realmente spendibili subito» ha detto al termine dell'incontro avuto oggi all'Aquila alla Dompè, una delle aziende leader nella ricerca farmaceutica e tra la più colpite dal sisma. «Anche dagli incontri con gli imprenditori - ha aggiunto la Marcegaglia - è uscita l'esigenza di fare presto e di avere la possibilità di ricostruire con tempestività». Tra le iniziative messe in cantiere da Confindustria c'è la richiesta di «ottenere una zona franca con forti defiscalizzazioni per le imprese che già sono qui e per quelle che eventualmente verranno».


«Noi vogliamo votare il decreto per il terremoto in Abruzzo ma così com'è non va bene. Sembra un terremoto di serie 'B' e i sindaci vengono considerati dei meri esecutori» ha invece affermato Pier Luigi Bersani, intervistato da Repubblica Tv, in merito al provvedimento varato dal governo per fronteggiare l'emergenza terremoto in Abruzzo. «L'Aquila, purtroppo, è ridotta a un drammatico palcoscenico di esternazioni. Nei terremoti precedenti - ricorda Bersani - chi aveva perso la casa veniva rimborsato per il 100%. Qui c'è tutto un marchingegno con cui non ci si arriva al 100%, neanche lontanamente. Poi c'è un meccanismo di governance inedito: i sindaci sono semplici esecutori».


Intanto, i tecnici di Palazzo Madama, facendo riferimento alla norma in materia contenuta nel decreto legge terremoto, hanno fatto poi notare che il rinvio delle elezioni amministrative nelle zone colpite dall'Abruzzo sembra «disposto per i soli Comuni siti nella provincia dell'Aquila». C'è da considerare che alcuni dei Comuni colpiti dal sisma sono fuori da questa provincia. Per questi Comuni, comunque interessati dal terremoto e siti in altre province della regione, «non sembrerebbe poter operare  il rinvio delle elezioni».


http://www.unita.it/news/84480/terremoto_la_bufala_dei_fondi  (5 maggio 2009)


 


 


APERTURA   |   di Giorgio Salvetti - INVIATO A CAMERI (NOVARA)


reportage - NELLA BASE DOVE SARANNO ASSEMBLATI I CACCIA F-35 UN AFFARE DI GUERRA


Cameri OSCURA


 


Novara non è in Abruzzo. Ecco dove lo Stato preferisce spendere 15 miliardi di euro per finanziare le industrie belliche e per infilarsi in un affare tutto americano. Alla faccia della crisi e della ricostruzione delle zone terremotate. L'opposizione, sull'attenti, risponde «Signorsì»


È la risposta definitiva? Sì. Le commissioni di camera e senato l'8 aprile scorso hanno dato parere favorevole al progetto Jsf. 15 miliardi di euro per assemblare e acquistare caccia bombardieri americani. Altro che terremotati e fondi per uscire dalla crisi. L'Italia preferisce finanziare l'industria bellica e prepararsi a bombardare paesi stranieri alla faccia dell'articolo 11 della Costituzione. L'opposizione? Non esiste. Il Pd in commissione si è limitato a non partecipare al voto e solo la senatrice Negri (Pd) ha optato per l'astensione. Contrari? Nessuno. Il Pd si agita per risparmiare qualche milione di euro e far votare il referendum lo stesso giorno delle europee, ma non dice una parola contro l'acquisto miliardario di aerei da guerra. Non c'è da stupirsi: furono propri i governi del centrosinistra a infilare l'Italia nell'affare militare più grande del secolo, e ora, cornuti e mazziati, è il centrodestra a concludere con successo la partita.


Per un pugno di dollari


Il progetto Jsf (Joint Strike Fighter) ha preso il volo nel 1996. Il costo iniziale previsto solo per sviluppare il programma era di 25 miliardi di dollari. In 12 anni la cifra è raddoppiata. Si tratta della realizzazione di circa 6000 caccia bombardieri F-35 Lightning II, velivoli supersonici, in grado di eludere l'intercettazione radar, in grado di levarsi in volo da portaerei e concepiti per bombardamenti terra-aria. Insomma perfetti per andare a bombardare paesi lontani. Gli Usa ne acquisteranno circa 2.500 entro il 2034. Gli altri saranno venduti all'estero. Solo nell'ultimo anno la spesa per i nuovi caccia è aumentata di 23 miliardi, troppi in tempo di crisi globale, tanto che la corte dei conti americana ha avanzato riserve sul progetto. Tutti questi soldi vanno dalle casse dello Stato alla Lockheed Martin di Fort Woth in Texas. Il primo F-35 è uscito dalla fabbrica nel 2006. I partner stranieri del progetto contribuiscono per 4,8 miliardi di dollari. Con percentuali diverse. L'unico partner di primo livello è la Gran Bretagna che finanzia l'operazione per il 10%. Italia e Olanda con il 5% sono partner di secondo livello. Seguono con l'1% Canada, Turchia, Australia, Norvegia e Danimarca, per pochi milioni partecipano anche Israele e Singapore che saranno acquirenti privilegiati dei nuovi caccia.


Non siamo mica gli americani


Nel 1996 fu il ministro della difesa del Governo Prodi, l'ex democristiano Andreatta, a far valere i propri contatti oltreoceano per inserire l'Italia nel progetto Jsf. L'Italia in cambio del proprio appoggio politico e economico avrebbe avuto commesse sostanziose per le proprie industrie militari, Alenia-Finmeccanica su tutte. E si sarebbe presa l'onere e l'onore di ospitare nell'aeroporto militare di Cameri (Novara), la linea di montaggio finale (Faco) più grande al di fuori degli Usa, in pratica uno stabilimento per l'assemblaggio delle parti del F-35. Con un indotto che coinvolge 40 siti industriali in tutto lo stivale. Solo per entrare nell'affare, l'Italia ha sborsato un miliardo di euro, 600 milioni servono per costruire il Faco a Cameri e 12,8 miliardi saranno spesi in rate da un miliardo all'anno fino al 2026 per acquistare 131 F-35 che dovrebbero sostituire i «vecchi» Tornado. I lavori a Cameri inizieranno entro la fine del 2009, lo stabilimento entrerà in funzione nel 2012, e i primi aerei dovrebbero essere pronti a decollare nel 2013. All'inizio un singolo F-35 costava 45 milioni di euro, già oggi il costo è di 91 milioni (+45%) e nei prossimi anni è destinato a decollare. La scelta italiana è stata ratificata dal parlamento nel 1998 sotto il governo D'Alema e nel 2002 con Berlusconi, si è conclusa con la firma a Washington del sottosegretario alla difesa Forcieri (Ds). Dopo il parere favorevole della commissione difesa dell'8 aprile scorso non ci sono più ostacoli.


Cameri oscura


Un vecchio aereo come monumento, un piazzale vuoto, un cancello e chilometri di filo spinato che squarciano il parco del Ticino. L'aeroporto di Cameri ha un profilo basso, nulla di appariscente, eppure occupa un'area molto vasta. A pochi chilometri c'è la caserma Babini, la seconda più grande base per superficie dell'esercito italiano, che fornisce uomini e mezzi alla vicina base Nato di Solbiate Olona sull'altra sponda del Ticino, a due passi dall'aeroporto della Malpensa. Dovrebbe essere un parco e invece è una grande zona militare. Nei boschi si possono vedere le tracce dei cingolati dei carrarmati attraversate dalle lepri. Al di là del muro dell'aeroporto si intravedono i capannoni delle industrie aeronautiche e uno stabilimento nuovo quasi terminato. Si tratta dell'edificio per la manutenzione degli Eurofighters, un altro aereo da guerra, un intercettore di progettazione europea. Quando un anno fa il primo Eurofighters è atterrato a Cameri, si è fatta festa con gli alti gradi dell'esercito. L'aeroporto ha quasi cento anni. Passò dalla cavalleria all'aeronautica ai tempi della prima guerra mondiale. Fino a 15 anni fa serviva alla manutenzione dei Tornado, poi è entrato in letargo. Ora sta per rinascere. Anche se è molto comodo darlo per morto. La popolazione locale lo va a visitare come fosse un parco per famiglie, ci vanno le scuole in gita, si fanno feste di primavera per vedere i jet, in questi giorni sono attesi i soci Coop che per 13 euro vanno a farsi un giretto nella base in tempo di pace. Eppure da Cameri sono partiti i soldati per la prima guerra del Golfo e la Taurinense diretta in Afghanistan. Nessuno sa, o vuole dire, quale sia precisamente lo stato giuridico dell'aeroporto, quanto appartenga all'Italia, quanto alla Nato, quanto ai privati. Non è chiaro neppure quante persone ci lavorano, si dice circa 2000. Con il progetto Jsf, Cameri in pochi anni compie un vero e proprio giro della morte, dallo stato di quiescenza a stazione di manutenzione degli Eurofighters, fino a base di assemblaggio degli F-35. Che ci guadagnano i cittadini di Novara e dintorni? Si è straparlato di 10 mila nuovi posti di lavoro. Ma non è così, persino l'esercito ammette che a Cameri, nel momento di massimo sviluppo, si raggiungeranno forse 600 posti di lavoro, in arrivo da fuori Novara (dall'Alenia di Napoli e Torino).


Affari di guerra


Alenia Aeronautica (Finmeccanica) incasserà dallo Stato per gli F-35 722 milioni di euro, Piaggio 88 milioni, l'Oto Melara 141 milioni, la Aermacchi 11 milioni e mezzo. In tutto le ditte italiane che parteciperanno al banchetto sono 29. Un settore, quello bellico, non certo in crisi che non richiede di ulteriori aiutini miliardari dello Stato. Se nel 1995 le armi non tiravano, ora è un vero boom, la riconversione è al contrario. Le industrie belliche italiane nel 2008 hanno guadagnano 4,3 miliardi di euro (+222%) e lo stato italiano è l'ottavo al mondo per spesa in armamenti. Dunque, scarsa ricaduta occupazionale, altissime spese pubbliche e enormi incassi per i privati, per dotarsi di caccia d'attacco americani. L'Italia, in quanto partner di secondo livello, non avrà neppure accesso ai segreti tecnologici delle armi che assembla. Sarà suddita una volta di più degli Stati Uniti, tanto che francesi e tedeschi non hanno nessuna intenzione di far parte dell'operazione che scontenta anche la lobby degli intercettori Eurofigthers di costruzione europea. L'Italia ha già speso 7 miliardi di euro per questi caccia e ora già vuole gli F-35 americani. Un'operazione che lascia molti dubbi anche a militaristi nazionalisti e europei.


Meglio la paniscia?


«Nouvelle cousine? No, meglio la paniscia!». Novara è tappezzata da manifesti enormi. Accanto alla scritta leghistoide (la paniscia è un minestrone tipico di Novara) c'è il faccione del presidente uscente della provincia di Novara, Sergio Vedovato (Pd). Un signore che si ricandida alla Provincia dopo aver revocato la delega alla pace all'assessore Marina Fiore (Pdci), colpevole di essersi pronunciata contro gli F-35. I vendoliani del Prc appoggiano il presidente, i ferreriani li seguono. La Cgil traccheggia, qualche singolo dice no ma le segreterie non si pronunciano: il lavoro prima di tutto, anche se è una promessa che non verrà mantenuta e anche se si producono armi micidiali. La regione della presidente Bresso (Pd) tace e acconsente, il comune di Novara a guida Lega-Pdl è entusiasta.


In questo quadro resistono due gruppi di cittadini volenterosi: l'Assemblea No-F35 e la Tavola per la pace che ha incassato l'appoggio del mondo cattolico illuminato, ma ha man mano perso gli interlocutori politici. Nella precedente legislatura aveva raccolto cento firme di parlamentari contrari, ora non ha ricevuto alcuna risposta: non c'è più nessuno disposto a guidare una delegazione che ispezioni l'aeroporto. E i novaresi? Non siamo a Vicenza, l'aeroporto di Cameri non sconvolge il panorama ed è ben integrato, non siamo di fronte a un protesta locale a difesa del proprio territorio (nimbi), è una protesta sanamente antimilitarista. E forse per questo non è ancora decollata. Il 30 maggio a Novara si terrà una manifestazione nazionale, le adesioni sono già numerose. Speriamo che il no agli F-35 prenda il volo.


il manifesto (22 aprile 2009)


 

4 commenti:

  1. kittymol77maggio 13, 2009

    non sapevo...a volte mi chiedo in quanti mondi paralleli viviamo contemporaneamente e a quanto sia difficile capire e sapere le cose importanti...Grazie.

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  2. kittymol77, prego.

    Poni un quesito interessante, interessante intendo per le persone avvedute. Un quesito che ne racchiude altri e quella dei "mondi paralleli" mi pare l'immagine più efficace. Tra l'altro l'argomento informazione e di come si forma (o deforma) la stessa mi intriga moltissimo.

    Esiste il mondo reale con i suoi canali d'informazione: la carta stampata (che conta poco), la televisione che invece conta moltissimo per l'elaborazione del sentire comune che è poi un sentire con la pancia. Ma ottiene l'effetto immediato. E contribuisce a definire un nuovo status quo che è l'aberrazione a cui stiamo assistendo in questi giorni, con maggiore recrudescenza, ma da troppo tempo e con tanta indulgenza ormai in via di sviluppo.

    Esiste poi il nostro mondo, il web 2.0, la blogosfera, Facebook, i social network, i forum. E' proprio qui che si apprendono cose - potrei dire, parafrasando il film, "che voi umani..." - altrimenti ignote o ignorate. Cosa fare? Apprendere e basta? Fermarsi disarmati e sconfitti?

    Di fronte alle corazzate della grande stampa, in effetti, a prevalere è il disorientamento, eppure possiamo ricorrere al passaparola, a costruire dal basso un nuovo comune sentire. Ci capiamo, ci intendiamo, anche se la missione è difficile.

    Però ci si prova. Per continuare a sperare.

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  3. kittymol77maggio 14, 2009

    Sì, è più o meno ciò che intendevo....Canali dove far scorrere notizie diverse, rivolte a interlocutori diversi e con obiettivi diversi. Mi pare un pò come l'idea che esprimevo (male) in un post di qualche giorno fa a proposito dell'idea del tempo, di come a volte passato, presente e futuro vivano in contemporanea , come in un ologramma che ti porta a vedere "a fuoco" solo un'immagine definita alla volta, mentre esistono tutte contemporaneamente. La stessa cosa è con l'informazione: quella immediata della tv sembra quella più reale solo perché disponibile uguale per tutti nello stesso momento. Già la carta stampata ha uno sbalzo temporale e richiede maggior attenzione e voglia di approfondire. Ma è indubbiamente la rete, cioè il caos informativo se ci pensi, ad offrire informazione complessa, e quindi forse reale nel senso più ampio. Anche quando è una patacca, la rete è informazione: ci dice che esiste l'informazione taroccata,no?. Ma se, come succede, cerchi du cucire insieme mille frammenti, li incolli l'uno all'altro cercandone la contiguità cronologica, abbiamo questa incredibile possibilità di "vedere" le cose che vivono su linee parallele stare tutte allineate sullo stesso spazio tempo, le vedi insieme anche se in alcuni punti sembrano non fare parte della stessa dimensione. I bilanci e i finanziamenti dello Stato, ad esempio, che sono interconnessi al flusso dell'economia tout court; e l'industria bellica con l'occupazione che arrivano a convengere nell'interesse su alcuni punti (nn importa in che fabbrica lavoro purché io porti a casa il pane) e insieme a divergere su altri (per mangiare devo produrre armi e pur di avere un reddito sono costretto a rinnegare magari la mia consapevolezza dell'assurdità di ogni guerra). Ciò che mi fa senz'altro sperare, è la convinzione (assurda, lo so bene) che la rete sia anche, in qualche modo, l'equivalente della coscienza collettiva, quasi l'interfaccia di quell'inconscio collettivo cui fa riferimento Jung. Per questo l'idea di leggi che regolamentino i contenuti in rete mi pare assurda: è come voler infilare una torcia in gola al paziente per cercarvi le ragioni di un inconscio complesso e non adattato alla società. Nell'umano, e nelle rete, deve starci tutto ciò che appartiene all'umano. Bello o orrendo che sia. Sarà in questa specie di "brodo primordiale" che potrà avvenire la trasformazione verso una nuova forma di consapevolezza umana. Mettere steccati e barriere fa lo stesso effetto che mettere l'allarme alla porta: ti senti protetto ma dimentichi che è in realtà il metro dell'insicurezza e della paura. Mettiamo le sbarre facendoci prigionieri per evitare che entrino i ladri. Chi è libero, allora? Costruiamo armi per "creare democrazia": chi è che combattiamo se non la cattiva coscienza? L'ho presa larga, perdonami..è l'ora tarda che mi fa questo effetto...Ciao...

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  4. kittymol77, l'ora tarda, invece, produce un positivo effetto. Ci tornerò sopra, se potrò, perchè i concetti sono interessanti.

    E dovrei, dunque, perdonarti di esprimere opinioni intelligenti?

    :-)

    Ciao!

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