La notizia la diede un telespettatore che stava seguendo, alcune settimane fa, il meritorio programma “Ambiente Italia” e per questo di improbabile collocazione: il sabato alle 14:50 su RaiTre. Telefonò alla redazione torinese e informò che ad Acerra, dopo la straripante inaugurazione del termovalorizzatore, l’impianto non era in funzione. La grancassa, il maxischermo, il pulsantone schiacciato dall’ homo ridens, fiancheggiato da Bertolaso, tutto finto, solo ad uso e consumo delle telecamere e approvvigionamento degli incensatori in servizio permanente effettivo. Come per la spazzatura, come per il terremoto adesso (poveri abruzzesi con doppia disgrazia incorporata), l’uomo è un gran dispensatore di balle che distribuisce con prodigalità. Non è innocuo, ma rappresenta un pericolo immanente per la stabilità democratica. E, assieme a lui, sono corresponsabili di questo tutti quei milioni di miei connazionali (ahimè) che lo hanno votato, permettendo così all’Italia un’esposizione impudica ai lazzi e agli sberleffi del mondo. Eppure basterebbe seguire l’esempio della “signora Veronica”, come ha definito la moglie (lo è ancora?) B. tessera P2 n° 1816, basterebbe che uno solo si alzasse ed esclamasse: “Il re è nudo”. Forse potrebbe essere l’inizio della (sua) fine.
ACERRA
Il bluff del premier: l'inceneritore non è mai partito
Francesca Pilla
NAPOLI
Il presidente Silvio Berlusconi è uno che mantiene le sue promesse. In più di una conferenza a Napoli aveva, infatti, ripetuto che l'inceneritore di Acerra avrebbe inquinato quanto tre macchine di media cilindrata, e fino a questo momento bisogna dargli atto di essere dalla parte della ragione: l'impianto consuma anche meno, visto che é praticamente spento. Gli interruttori sarebbero bloccati dal 27 marzo, appena il giorno dopo la sua inaugurazione in pompa magna, quando il premier, con mezzo esecutivo al seguito, ha puntato le telecamere sui rifiuti che entravano nei forni. Questo almeno è quanto denunciano i comitati contro l'inceneritore e
«Non che la cosa ci dispiaccia, ribadiamo che l'ecomostro non deve partire - spiega l'avvocato Tommaso Esposito - ma è la prova di quello che abbiamo sempre detto: è stata solo una grande operazione mediatica, non c'erano le condizioni per avviare l'impianto che tra l'altro è tecnologicamente vetusto e non rispetta le 27 prescrizioni richieste anni addietro dalla commissione ambiente del senato». Effettivamente cliccando sul sito dell'Osservatorio ambientale (www.emergenzarifiuticampania.it), dove il team ufficiale della presidenza del consiglio monitora i livelli di inquinamento dell'impianto, dalle 3 live cam puntate 24 ore su 24, sull'ingresso, sull'avanfossa, sui camini, sembra tutto spento. Inoltre sul sito dell'Arpac (www.arpacampania.it), i dati sulle emissioni di materiali inquinanti nei pozzi d'acqua, del suolo, dell'aria, che dovrebbero essere aggiornati quotidianamente, sono fermi al 26 marzo. Il sottosegretario Guido Bertolaso ha inviato una lettera a ogni famiglia di Acerra e di San Felice al Cancello, datata 31 marzo
Dalla struttura del commissario straordinario di governo però hanno la loro versione dei fatti: «L'impianto funziona - dice al telefono un portavoce di Bertolaso - e stiamo procedendo spediti, esattamente come indicato più di una volta pubblicamente e con i nostri comunicati. Abbiamo sempre specificato, infatti, che il termovalorizzatore sarebbe entrato a regime non prima dell'estate, e che in questo periodo avremmo semplicemente continuato a testare la prima linea, e come avviene in questi giorni anche la seconda e la terza». Ma perché allora inaugurare Acerra prima di metterla in funzione? «E' stata presa questa decisione - precisa il protavoce - per l'alto valore simbolico della struttura e anche per non inficiare il rapporto di fiducia con i cittadini che avrebbero visto entrare i rifiuti nell'impianto senza essere avvisati».
Dalla Rete campana però restano sulle loro posizioni: «Se è simbolico avviare un impianto - incalza Mario Avoletta - allora vuol dire che non è necessario a uscire dalla crisi. D'altra parte dalla struttura del sottosegretario non hanno mai risposto alla nostra richiesta di un incontro pubblico, in cui esperti internazionali, che hanno partecipato al meeting mondiale Zerowaste 2009 tenuto a Napoli, sarebbero disposti a esporre, gratuitamente, un piano alternativo che non prevede discariche né inceneritori». I comitati dunque non mollano e anzi sono pronti con un'altra iniziativa partita in tutto il paese tramite l'Associazione diritto al futuro e le reti nazionali rifiuti zero: «Chiediamo legalmente e individualmente - spiega Esposito - di recuperare quanto indebitamente percepito, tramite bolletta Enel, per finanziare i Cip6». Gli attivisti infatti denunciano come l'Italia abbia male applicato la direttiva dell'Ue sulle fonti rinnovabili, facendo rientrare anche i petrolieri e gli inceneritori negli incentivi, che rappresentano circa il 7% delle fatture pagate dai cittadini.
il manifesto (25 aprile 2009)
«In autunno torneranno i rifiuti nelle strade»
Il presidente di Lega Ambiente in Campania: l’emergenza non è superata. Ad Acerra serve tempo per avviare l’impianto e le discariche si riempiono
EDUARDO DI BLASI
Michele Buonomo, presidente di Legambiente Campania, non ha dubbi sul perchè l’inceneritore di Acerra sia di là dall’essere messo in funzione: «A parte la complessità per l’avvio di un inceneritore, quello di Acerra è particolare perchè è progettato per una mole enorme di rifiuti e quindi ci vuole un lungo periodo di messa alla prova prima di farlo partire».
E gli altri tre o quattro impianti che devono essere costruiti in Campania?
«Quello che sembrava di più facile realizzazione e per il quale già c’erano stati dei finanziamenti per l’infrastrutturazione per le vie d’accesso, è quello di Salerno. Il sindaco della città Vincenzo De Luca era stato nominato commissario per la sua costruzione. Poi il governo ha poi rallentato la pratica, puntando sulla “provincializzazione” del ciclo dei rifiuti. Per cui tutta l’impiantistica sarebbe oggi in capo alla Provincia. Il corto circuito, per adesso, ha bloccato tutto».
Semmai l’empasse amministrativo dovesse sbloccarsi, quanto tempo si dovrà attendere?
«I tempi canonici, se non ci fossero altri intoppi, sono di almeno quattro anni per entrare a regime».
Resta sempre il problema del contributo Cip6, criticato dall’Europa...
«Nessun imprenditore avveduto si imbarcherebbe in una situazione del genere considerato che nella nostra regione, come confermato oggi dall’assessore regionale all’Ambiente Walter Ganapini, esiste un’evasione sulla tassa dei rifiuti che arriva al 70%. Perchè l’inceneritore o lo paghi con le tasse cittadine oppure lo paghi con il Cip6».
E il terzo inceneritore?
«È quello di Napoli...».
Che però non si sa ancora dove si debba collocare...
«Non si è trovata una localizzazione. Si parla di Napoli Est. Certo a Napoli non è operazione facile immaginare, progettare, realizzare e mettere in gestione un inceneritore. Quindi diciamo che al momento ci sta solo questo inceneritore, fantomatico nell’avvio e nel funzionamento, di Acerra».
Manca quello di Santa Maria
«Quello presenta ulteriori problemi di gestione del territorio, difficile pensare che parta alle condizioni date».
Se gli inceneritori non ci sono, dove vanno i rifiuti prodotti ogni giorno in Campania?
«Il destino è quello di sempre: le di- scariche. Ma poiché le discariche hanno questo limite fisico che si riempiono, allora siamo sempre con la fibrillazione».
Ma le discariche che ci sono adesso, Sant’Arcangelo Trimonte, Ariano Irpino e Chiaiano, quanto tempo ci vuole prima che si riempiano?
«Stando così le cose rischiano di riempirsi nel giro di pochi mesi».
Entro l’autunno?
«Tutti temono che con l’autunno possa tornare pure la fase critica dell’emergenza con l’immondizia di nuovo per strada. Perchè, sia chiaro, l’emergenza non è mai stata superata. E stata risolta momentaneamente la fase critica, ma senza misure strutturali».
«Malissimo: da una parte rischiano di perdere i 300 milioni Ue per via di una procedura di infrazione comunitaria. Dall’altra sono ancora costretti a portare la frazione organica della propria differenziata in Sicilia, a costi che arrivano fino a 300 euro a tonnellata».
Ma come è possibile che in tutta questa «risoluzione» dell’emergenza succeda ancora questo?
«Perchè non si sono costruiti gli impianti di compostaggio».
Quanto tempo ci vuole per costruire un impianto di compostaggio?
«Richiederebbe 10-12 mesi, in una situazione di emergenza si potrebbe fare anche in 8-10 mesi, però ci sono anche strutture già esistenti, e i vecchi Cdr che potrebbero essere attrezzati in tempi più rapidi...».
E perchè non succede?
«Perché al momento non si sa chi fa cosa. Perchè gli impianti di compostaggio sarebbero in capo alla Regione che ha però problemi ad avviarli non avendo poteri specifici e quindi deve pescare solo nel proprio bilancio e nelle risorse comunitarie. Quelle che, tra l’altro, rischiano di essere bloccate».
l’Unità (28 aprile 2009)
Ah ecco, Frank, mi sono sempre dimenticata di ringraziarti per avermi segnalato il programma Ambiente Italia che da qualche mese ho cominciato a seguire.
RispondiEliminaPer l'orario non c'e' problemi: tanto io registro sempre tutto.
Artemisia
Artemisia, prego. Ma anche a me era stato segnalato questo programma e immagina la mia sorpresa nell'apprendere che andava in onda da tanti anni. Adesso, anzi ormai da parecchi mesi, cerco di non mancare l'appuntamento. Si apprendono sempre parecchie cosine, perchè ha il "difetto" di informare.
RispondiEliminaCiao :-)