Eccolo il piano casa, cotto e servito. Ampliamento delle volumetrie, crescita delle cubature: massima semplificazione laddove non c’è più niente.
Abbiamo sotto gli occhi le conseguenze non soltanto del terremoto, ma anche della dissennatezza che guida le scelte di amministratori, urbanisti, ingegneri, geometri tutte all’inseguimento dell’arricchimento e della modernità, novelli predoni. Sotto l’usbergo della deroga, della sanatoria, del condono, della provvisorietà. Sulla pelle dei cittadini che abitano territori sfruttati e devastati, in zone ad elevata sismicità. Allentamento dei vincoli, scavalcamento di pratiche burocratiche, aggiramento di norme, tutto giustificato da presunti stati di necessità ed urgenza.
Così le cubature delle abitazioni crescono, perché quel piano in più serve, addirittura risulta indispensabile. La casa viene sopraelevata. Lo spostamento di pilastri, l’allargamento di stanze, la precarietà ed approssimazione con cui vengono svolti determinati lavori, magari nei fine settimana, con l’aiuto dell’amico che s’improvvisa muratore, usando materiali di qualità mediocre e pseudo cemento armato. Lavori in economia, ristrutturazioni inevitabili. Cantieri edili che spuntano come funghi, abitazioni che si materializzano in pochi mesi. Il progresso che spinge cineticamente e ciecamente a tirar su villette, come la moda detta, ignorando volutamente lacci e lacciuoli. L’idea sfolgorante e moderna della libertà. Non hanno forse inventato anche un partito per esercitarla questa libertà?
Le immagini angoscianti e allucinanti, da località come bombardate, che da ieri mattina hanno cominciato a riversarsi nelle nostre abitazioni, rappresentano anche un’efficace paradigma, purtroppo, del malsano senso di modernità attuale. Perché di una villetta resta soltanto il tetto sprofondato a livello della strada? E voglio pensare di aver capito male, che il numero dei piani fosse quattro e non otto. Ma anche fossero stati soltanto due, i piani, come si può spiegare quell’immagine agghiacciante?
Come si può spiegare il mancato accoglimento dell’allarme che era stato lanciato? L’unica risposta pervenuta è che i terremoti non si possono prevedere. Bene. Una spiegazione che subito si era rincorsa nella notte di lunedì, quando le agenzie battevano con insistenza le notizie di scosse a l’Aquila, che si stavano susseguendo, senza che fossero ancora allarmanti (da mesi si registravano). Per poi aggiungere che i terremoti non si possono ancora prevedere, con evidente riferimento ad una polemica in corso. Ma è vero o non è vero che le emissioni di radon, come denunciato dal tecnico Giuliani, anticipano un sisma di elevata intensità? L’edizione odierna del TgLeonardo non scartava questa ipotesi, suffragata da riscontri scientifici evidenziati in occasione di precedenti terremoti, sottolineando semmai un altro aspetto, ossia la differenza tra prevedibilità e probabilità, ma non c’è dubbio che il gas radon sia un “precursore”. E allora perché, una volta tanto, non entrare nel merito del problema, invece di sbrigarsela con dichiarazioni perentorie che liquidano in una battuta il possibile allarme? Insomma, aveva ragione oppure torto questo signore che è stato denunciato per procurato allarme? Qualcuno gli deve delle scuse?
E, ancora, sempre per quella supposta modernità, immaginiamo per un attimo solo: se da quelle parti ci fosse stata una centrale nucleare, di quelle che si vorrebbero costruire con tracotante insistenza? E dell’altra fantomatica Grande Opera, il ponte sullo stretto, da realizzare in due fra le maggiori zone ad alta sismicità, come segnalato in rosso dalle cartine, cosa ne facciamo? Argomento da dibattito salottiero? Termometro del progresso e della civiltà di un paese?
Ancora una volta a venir meno, con le tragiche conseguenze che stiamo constatando per l’ennesima devastante circostanza, sono state la prevenzione, la messa in sicurezza, la mancata tutela del territorio. E quelle norme che esistono e vanno, o almeno dovrebbero, essere applicate se beninteso qualcuno poi garantisse con il controllo il completo rispetto. Invece sono generalmente considerate un costo insopportabile, che erode il margine di profitto, analogamente alla manutenzione. E rallenta l’esecuzione. Dunque meglio accantonarle.
C’è solo un aspetto positivo in tutto questo, vale a dire la conferma che esiste un’ Italia composta dalla buona e brava gente che si attiva con un’immediatezza ed una generosità che fanno onore. Tutto il resto, invece, è tristemente noto: assenza di polemiche ora che divamperanno dopo, una certa approssimazione nella gestione dei soccorsi, sciacallaggio, tv e giornali che dedicano doverosamente le aperture a località sconosciute e che diventeranno famose come Onna, Paganica, Tempera, Castelnuovo, un triste leit motiv. E poi le sottoscrizioni, le visite guidate delle autorità, il pellegrinaggio a guadagnarsi un posto al sole davanti alle telecamere.
L’emotività che contagia e commuove. Adesso. Dopo, il progressivo oblio, il silenzio che calerà su quella povera gente, le lentezze nella ricostruzione, la scoperta tra cinque o dieci anni, negli anniversari canonici, che ci saranno ancora persone che vivono nei prefabbricati e che il flusso di denaro avrà subito qualche “deviazione” nel percorso.
Ma non lo meriteranno quei volti fieri e dignitosi dei vecchi, soprattutto, che ci guardano e si guardano intorno, mentre la loro la vita è cambiata in pochi secondi.
Nella seconda foto: era Onna.
in natura non esiste nulla che sia contro natura e ciò che non è naturale, semplicemente, non succede.
RispondiEliminaNon c'è nulla di nuovo: campeggia, come sempre, l'omocentrismo, a costo di esprimersi in antitesi scientifica e tutto ciò che si contrappone alla realizzazione dei progetti felici si configura come male, mentre il resto diventa bene…
Il ponte sullo stretto ??? un'altra disgrazia preannunciata….
sansiore, che speriamo non si realizzi, intendo la jattura del Ponte sullo stretto. Sulle tue considerazioni mi trovo d'accordo, è che forse (anzi potrei anche evitare il "forse") concentrati come siamo su noi stessi abbiamo (voluto) dimenticare che non siamo gli artefici sovrani, i manipolatori dell'orbe terracqueo e poi delle montagne, delle colline, delle pianure. Anche se così sembra. Quando l'uomo si è collocato al centro dell'universo non era esattamente per distruggerlo.
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