venerdì 8 settembre 2006

quelli come noi


L’estate italiana ormai declinante ha lasciato dietro di sé, come sempre, vicende drammatiche e pulite, gossip di un’idiozia indefinita, vite di donne violate una, dieci, cento volte (ma questo avviene durante tutto l’anno) e insofferenze omofobe. Tutto in estate viene amplificato ed enfatizzato fino all’eccesso. Alla fine resta poco in chi ha fatto ragionare la pancia e non la mente. E, se si parla alla pancia, un degno corollario è la legge Bossi-Fini già pessima a cominciare dai due nomi che l’hanno determinata.


Così ho raccolto qui alcune storie di persone (da “l’Unità” del 31 agosto 2006) che sono immigrate nel nostro paese, sempre meno bello e sempre più intollerante, impaurito e arrogante, stupido e razzista. Si tratta di storie che non sono state scritte sulla sabbia, che l’impronta l’hanno lasciata nel cuore e nella mente, quella che continua a guidare tutti i comportamenti di una parte, temo non più maggioritaria, degli italiani.


 


Naser


Ha salvato tre ragazzi dal mare, ma per la legge è un clandestino da rimandare in Tunisia.


Eroe per le famiglie di tre ragazzi salvati in mare, per la legge italiana Naser Othman, tunisino di 27 anni, è un clandestino da espellere. Il 2 luglio scorso il giovane si trova sul litorale di Casalbordino, in provincia di Chieti, quando sente le urla arrivare dal mare. Si tuffa in acqua e riesce a salvare tre giovani che si erano avventurati vicino ad una scogliera artificiale.


Neanche il tempo di essere appludito dagli altri bagnanti che i carabinieri gli mettono le manette ai polsi. Naser è tunisino e irregolare, il 6 marzo gli è già stato notificato un provvedimento di espulsione. Vive in Italia dal 2003, da quando è morto il padre, e fa il manovale a Vasto. Ma è nato in Italia, a Mazara del Vallo, dove ha vissuto fino ai 12 anni, prima di tornare in Tunisia con la famiglia. A niente vale il gesto eroico. A niente vale l'interessamento del ministro Ferrero che propone di conferirgli la cittadinanza onoraria. Due giorni fa il ragazzo riceve il provvedimento di espulsione. «Gli avevo consigliato di tornare in Tunisia come previsto dal provvedimento - ha spiegato ieri il suo legale, l'avvocato Agostino Chieffo - ma temo non l'abbia fatto e abbia invece raggiunto la Francia. È in attesa che quanto promesso o proposto all'indomani del salvataggio, da politici locali ma anche da ministri, si avveri. La possibilità all'interno della normativa per concedere la cittadinanza italiana a questo ragazzo esiste».


Iris


La baby-sitter salva Letizia e muore da "irregolare": il suo permesso non era pronto.


Ora che è morta è un po' meno irregolare, forse avrà una targa commemorativa, addirittura una medaglia al valore. Da viva, Iris Palacio Cruz, 27 anni dall'Honduras, era una clandestina nel nostro Paese, arrivata due anni fa assieme alla madre e ai fratellini di 6, 9 e 10 anni. Irregolare in cerca di lavoro, come tanti, aveva trovato un impiego come baby-sitter. La famiglia Vassallo quasi la adotta, le affida la piccola figlia Letizia, dieci anni. Iris si affeziona, tanto che la bimba «diventa come una sorellina». E la famiglia premia la sua attenzione cercando di regolarizzarla. Due volte tenta di fare rientrare il suo nome nel decreto flussi, senza successo, fino a quando il governo Prodi decide di accettare le 300mila domande in più consegnate alle Poste rispetto alle 170mila previste, e un pizzico di fortuna sembra permetterle di uscire dalla clandestinità. «Tornò a casa raggiante e mi abbracciò forte», ricorda la madre. Ma la fortuna si riprende tutto con gli interessi il 26 agosto scorso. Iris è con Letizia a Cala di Bove, nell'Argentario, dove la famiglia della bambina ha una villa. La bimba si mette i braccioli per un bagno, ma appena in acqua viene travolta da un'onda e fatica a riemergere, trascinata dalla risacca. Iris si butta in acqua d'istinto, riesce a salvare la bambina, sistemandola su uno scoglio protetto, ma viene lei stessa travolta dalle onde. Ritrovano il suo cadavere ore dopo, a 150 metri di distanza, mentre Letizia è sana e salva. La beffa arriva quando il corpo di Iris già aspetta la sepoltura, e la famiglia Vassallo riceve la notifica di violazione della legge Bossi-Fini,


Alice


Torinese sposa un tunisino a Natale. Fogli in quattro questure, topi al ministero: non stanno ancora insieme.


Da otto mesi la legge le proibisce di vedere il marito nel nostro Paese. La storia di Alice comincia la vigilia di Natale dello scorso anno in Tunisia, quando, lei italiana di Torino, sposa il suo «uomo dei sogni» tunisino. Festeggiano e poi presentano la domanda di visto per lui all'ambasciata italiana. La coesione familiare è un diritto, bisogna solo aspettare. Ma i tempi burocratici.., Alice è costretta a lasciare il Paese - le scade il visto turistico - prima che il marito ottenga i documenti. Da quel primo passo comincia il calvario. Il 3 gennaio l'uomo si presenta in ambasciata. Doccia fredda: «Segnalato nel sistema informatico Shengen, visto negato». Il motivo risale al '96, quando l'uomo aveva abbandonato il suo Paese per venire in Italia dove trova un lavoro, e fino al 2002 rinnova il permesso di soggiorno. Poi l'azienda non gli rinnova il contratto, e l'uomo viene «pizzicato» su un treno per Piacenza con i documenti scaduti. «O te ne vai o ti regolarizzi». Senza possibilità di lavoro l'uomo torna in Tunisia, dove Alice lo va a trovare fino al matrimonio. Una volta tornata in Italia la donna fa tutto il possibile. Tra febbraio e luglio la legge impone quattro diverse autorizzazioni in altrettante questure. Torino, Agrigento, dove l'uomo è sbarcato dieci anni prima. Verona, dove è vissuto cinque anni, e Piacenza, dove è stato fermato. Si rivolge al ministero: «Lo stabile che ospita le pratiche del genere è chiuso per derattizzazione». Esasperata, la donna si rivolge all'Arci e ad un avvocato che consiglia: «Lo faccia venire clandestino, in otto giorni lo regolarizziamo e si risparmia tanti problemi».


Maria e Antonia


Denunciano un furto e uno scippo. L'onestà non paga: una finisce al Cpt l'altra passa la notte in guardina.


Maria e Antonia sono di nazionalità diversa e diversa età. L'unica cosa che le accomuna è la reclusione subita per violazione delle legge Bossi-Fini. Il 7 agosto scorso Antonia, brasiliana poco più che ventenne, si accorge di un furto avvenuto nell'appartamento romano dove, in nero, fa piccoli lavori domestici per mantenersi. La giovane chiama la Polizia. Non ci pensa, o forse non crede di avere nulla da temere, e aspetta l'arrivo delle forze dell'ordine. Ma quando gli agenti le chiedono i documenti per lei scatta la reclusione nel Cpt di Porta Galeria. Non ha il permesso di soggiorno, e dopo la reclusione arriverà il provvedimento di espulsione. E come Antonia, che in Italia ha un fidanzato e una sorella regolare, dieci giorni dopo le maglie strette della Bossi-Fini si chiudono su Maria. Il 17 agosto, giorno del suo diciannovesimo compleanno, la giovane rumena sta andando a casa dei genitori -immigrati regolari - per festeggiare, quando viene scippata da un uomo che le sottrae la borsa. Dentro, però, non ci sono solo i soldi, ma la richiesta del permesso di soggiorno per ricongiungimento familiare. Ingenuamente o per buona fede, Maria decide di denunciare l'aggressione, ma di fronte alla richiesta dei documenti viene arrestata per violazione della legge sull'immigrazione. Incredula e in lacrime passa la notte del suo compleanno in cella. Viene scarcerata il giorno dopo, ma la legge non ammette deroghe e il 20 ottobre - anche se nel frattempo avrà regolarizzato la propria situazione - dovrà affrontare il processo.


Dede e Leonard


Paralizzati dopo brutti incidenti e inchiodati per anni ai letti d'ospedale: se dimessi sarebbero stati espulsi.


Sono rimasti chiusi in un ospedale per anni per scampare all'espulsione. Solo il letto dell'unità spinale del Cto di Firenze, infatti, ha potuto evitare a due ragazzi albanesi, Leonard Pera e Dede Bujar, che il provvedimento li mettesse su una strada senza le cure di cui i due, paralizzati in due diversi incidenti, hanno assolutamente bisogno. Fino al luglio scorso, quando grazie all'interessamento della prefettura di Firenze presso il ministero dell'Interno, Leonard e Dede hanno ottenuto il tanto sospirato permesso di soggiorno per motivi umanitari che li rende, almeno sulla carta, liberi di circolare sul territorio italiano. La storia di Leonard comincia nel '98, quando sbarca clandestinamente ad Otranto. Viene ricoverato il 12 giugno dello stesso anno in seguito ad un incidente stradale che lo costringe alla sedia a rotelle. Da allora lotta contro la legge, prima per ottenere lo status di rifugiato, poi con un ricorso in Cassazione contro il decreto di espulsione. La vita di Dede cambia invece nel novembre del 2000. «Durante una manovra congiunta con le forze Nato - racconta da ex militare di leva della marina albanese - ero imbarcato sulla nave M.Uqinaku attraccata al porto di Durazzo. Mentre stavo pulendo un cannone si è staccata una canna che mi ha schiacciato la colonna vertebrale». Dede viene abbandonato al suo destino, semi incosciente nel letto di un ospedale italiano, e ci vogliono anni, fino all'interessamento del prefetto di Firenze Andrea De Martino, perché la sua storia e quella di Leonard trovino una soluzione, anche solo provvisoria.


 


 


 


 


 


 

5 commenti:

  1. Credo che allo stesso modo in cui non dobbiamo credere che tutti gli "extracomunitari" (ma che brutta parola) siano dei furfanti, così non dobbiamo pensare che siano tutti vittime.

    Ho dedicato alcuni posts all'argomento. Comunque alcune cose andrebbero chiarite: che loro non sono alieni ma esseri umani e che non si facciano usare (ma ciò riguarda loro) nella guerra al ribasso dei diritti e delle conquiste sociali dell'Europa, che comunque ci sono state.

    Sermau

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  2. Sermau, sì ho letto con interesse i tuoi post e su queste tue ultime considerazione sono d'accordo. Quando avremo smesso diclassificare gli immigrati, sarà già un passo avanti per riconoscerli come persone, con pieni diritti e doveri. E' sciocco il buonismo a tutti i costi, come ancor più deleterio scagliarsi contro di loro con i pretesti più assurdi. Per paradosso, quando potremo dire ad un nero: "sporco negro", senza temere di essere considerati razzisti, il salto in avanti sarà considerevole.

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  3. Anche perchè, per esperienza personale, quando gli poni dei limiti o vuoi una presa di posizione chiara, sei automaticamente un razzista, perchè non capisci la "loro cultura", ecc..

    Inoltre, dal lato opposto, non dobbiamo dimenticare che sono secoli che i nostri geni si mescolano al pari delle culture.

    Quindi, c'è poco da fare. Dovremmo fare uno sforzo reciproco. Ma è più comodo barricarsi, ognuno, dietro i propri limiti o i propri piccoli privilegi, giocando da una parte a fare quelli che vedranno sparire la propria cultura per causa degli immigrati e, dall'altro a pensarsi sempre e comunque vittime degli occidentali per poter rimanere il più a lungo possibile fuori da qualsiasi regola di convivenza sociale.

    Non dimentichiamo che, molti dei paesi africani da cui provengono alcuni degli immigrati, non hanno le nostre regole (giuste o sbagliate che siano), anzi. I governi di quei paesi lasciano le popolazioni allo "stato brado": non vogliono molto da loro (con la scusa della miseria) ma non danno nulla in cambio (vedi stato sociale). Proprio questa mancanza di diritto di cittadinanza li rende alla fine molto ricattabili. Ma questo per loro sono cazzate...occidentali.

    Un popolo che non ha i diritti di cittadinanza all'occidentale (cittadino che partecipa alla comunità pagando le tasse e quindi all'interesse statuale) non avrà mai voce in capitolo. A meno che non si inventi un altro sistema per organizzare la vita occidentale...che al momento non vedo all'orizzonte. Anche Cina e India, vengono nella nostra direzione e non è un caso!

    Sermau

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  4. ciao. sono un'infermiera dell'unità spinale di careggi (fi) io conosco sia dede che leo, sono due persone splendide a cui voglio molto bene. ora hanno la cittadinanza italiana.

    dede se n'è andato in una struttura protetta dove possono prendersi cura di lui quando ha bisogno e ora cerca un lavoro.. è un ragazzo pieno di risorse!!!

    leo è ancora con noi... è un istituzione... purtoppo non ci sono strutture che possono accuparsi di lui perchè ha dei problemi che riguardano la sua paralisi. ma lui sta bene con noi e noi gli volimo un bene dell'anima... a me ha aperto un mondo. non c'è una studente infermiera che non si innamora di lui (ehhh sì è bello e affascinante..)ed è di profondo aiuto per tutti quei ragazzi che purtroppo, si trovano in situazioni simili... insomma è un mito!!!!

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  5. infermieratoscana, ciao. E' sorprendentemente piacevole che dopo poco più di un anno una delle storie di fine estate 2006 venga ripresa e aggiornata da chi l'ha vissuta dall'interno. La tua testimonianza è preziosa e confortante. Anche se l'influenza del mito si fa sentire :-)))

    Grazie e torna pure a trovarmi. Ciao.

    P.S. Persone come te, che svolgono una missione così delicata, dovrebbero essere maggiormente riconosciute per ciò che danno umanamente e utilmente alla società, dove a far notizia sono le veline e tutte le altre stupidaggini assortite.

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