lunedì 11 settembre 2006

La rabbia e la memoria




Apparsa su “l’Unità” del 24 settembre 2005, l'intervista (che si può leggere sotto) a Serge Latouche giunge opportuna nella giornata odierna dove i soldati statunitensi uccisi nella guerra (ufficialmente finita tre anni fa) hanno ormai superato i morti civili nella strage di cinque anni fa. Ignoro quale dissennato record si stia inseguendo, ma il teatrino delle compunte commemorazioni suona sempre più falso e, dunque, irritante.


Pietà per tutti i morti, ma certo i signori della guerra vivi stanno davvero facendo poco per evitare altre catastrofi. Anzi, per dirla tutta, proprio nulla, se non rincorrere il consenso popolare: Bush è in piena campagna elettorale, per le consultazioni di medio termine e il brand “11 settembre” deve essere speso nel modo più proficuo. Per lui, ovviamente.


 


«La globalizzazione fabbrica del terrorismo»


di Tonino Cassarà


Guerra americana in Iraq, attenta­ti a New York, Madrid, Londra sono gli episodi principali di una nuova guerra «preventiva» e di un nuovo terrorismo che hanno scatenato un'unanime reazione di condanna ma allo stesso tempo una psicosi collettiva in cui la pa­ura la sta facendo da padrone in­contestato fino a trasformare il terrorismo nel principale elemen­to di condizionamento politico del mondo contemporaneo. Qua­li sono le cause e come lo si deve affrontare? Di questo, esperti e studiosi di fama internazionale, hanno discusso nel convegno «Gli squilibri del terrore» orga­nizzato dall'Istituto Granisci e conclusosi ieri a Torino. Nel suo intervento il procuratore generale Giancarlo Caselli ha detto che «la paura genera un maggiore biso­gno di sicurezza, ma non si può però cadere nella trappola in cui la democrazia diventa ostaggio della sicurezza. La prima guerra da dichiarare - ha detto ancora Ca­selli - è quella contro l'ingiustizia che genera rabbia aprendo le por­te alla violenza e al terrorismo». Ancora più netto il giudizio di Serge Latouche, economista e professore emerito dell'Universi­tà di Parigi secondo il quale «il terrorismo è un sintomo dell'in­giustizia globale, e la globalizza­zione che lo genera non è altro che lo stadio ultimo dell'imperia­lismo dell'economia».


Professor Latouche, quindi il terrorismo globale è il frutto della mondializzazione dell'economia, la globalizzazione come fabbrica del terrorismo? «Da economista posso dire che se il terrorismo non è direttamente generato dalla globalizzazione, es­so è però certamente frutto dello sviluppo incontrollato del capitali­smo. La logica della globalizza­zione nega le identità trasforman­do l'individuo in homo oeconomi-cus, qualcuno da inserire nella macchina del conteggio per il tor­naconto economico di qualcun'altro».


Scusi, ma qual è il rapporto con il terrorismo globale? «Si tratta di responsabilità indiret­te che creano però l'humus per il terrorismo». Ma perché mai la mondializzazione economica dovrebbe produrre le ingiustizie sociali che portano al terrorismo? «La mondializzazione è anche uno slogan che incita e orienta ad agire in vista di una trasformazio­ne considerata auspicabile per tut­ti. Il termine non è   affatto "innocente", e lascia anzi intende­re che ci si trova di fronte a un pro­cesso anonimo e universale, bene­fico per l'umanità, e non invece che si è trascinati in un'impresa, auspicata da certe persone, per i loro interessi; si tratta di un'impre­sa che presenta rischi enormi e pe­ricoli considerevoli per tutti, particolarmente per i popoli del Sud del mondo». E il terrorismo? «Dietro l'anonimato del processo ci sono dei beneficiari e delle vitti­me. È fra le vittime è facile trovare adepti per gli imprenditori del ter­rorismo camuffati da religiosi, da nazionalisti o da capi etnici. Si tratta di un vero e proprio gioco al massacro tra individui e tra popo­li, a spese della natura». Esiste anche un rapporto fra il terrorismo e l'ecologia? «Certamente. L'ingiustizia socia­le di cui stiamo parlando è anche ingiustizia ecologica. Se si pensa che il 20% della popolazione mon­diale consuma più dell'80% delle risorse del pianeta e che quel 20% rimanda al Terzo Mondo, non gli avanzi, ma i rifiuti più pericolosi da smaltire, è chiaro che tutti gli equilibri vengono compromessi. Si tratta di un meccanismo che ge­nera rabbia e frustrazioni ancora una volta abilmente sfruttate dagli imprenditori del terrorismo». Siamo quindi in un vicolo cieco? «Di sicuro la soluzione non è quella dalla guerra preventiva al terrorismo, visto che non ci si tro­va di fronte ad un nemico imme­diatamente identificabile. A mio avviso è necessaria una "politica preventiva" che significa non cre­are le condizioni favorevoli al ter­rorismo. La vera lotta contro que­sto fenomeno passa attraverso la difesa dei valori che caratterizza­no una cultura senza però mai pensare di imporli a chi ha una co­scienza dei diritti dell'uomo diver­sa dalla nostra; non esistono valo­ri migliori degli altri ma solo di­versi, ed con il rispetto di queste diversità che sarà possibile creare il "Pluriversalismo" che è la de­mocrazia delle culture, la capaci­tà di considerare la relatività dei propri valori: esattamente il contrario della nostra convinzione che la cultura occidentale vada be­ne per tutti».


 


7 commenti:

  1. letto con molto interesse...

    Sermau

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  2. commento a sproposito...che sia un modo celato per controllare e limitare l'aumento della popolazione ( mondiale?), perchè..secondo te, che logica perversa avrebbe?

    veradafne



    ( oggi il commento è davvero esagerato per follia!)

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  3. Bello il concetto di "politica preventiva"... certo per realizzarla ci vorrebbero anche dei politici idonei, ma questo è un dettaglio secondario.

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  4. Anch'io credo che sia necessaria una politica preventiva, ma per attuarla occorre una lungimiranza che al momento nessuno sembra avere, né interessato a sviluppare. Basti pensare alle "volute" provocazioni del Papa. Ancora devo capire lo scopo di voler irritare (eufemismo) gli animi già irritati di suo.

    Un abbraccio:-)

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  5. Sermau, grazie per l'attenzione. Poi lascerò qualcosa dalle tue parti.

    veradafne, sempre minore come follia rispetto a quella da macellai che sembra voler determinare le sorti del pianeta. Controllo delle nascite? Sai che non ci avevo pensato? :-)

    Ciao

    Alderaban, certo che se dietro idee brillanti si celassero anche persone dello stesso livello... Certo è irrilevante l'inidoneità politica delle persone... Che squallore, però!

    Tutti a ripetere spesso o sempre che il problema è politico e poi al tirar delle somme...

    Ciao

    fioredicampo, hai centrato al cuore il problema odierno con quell'appropriato riferimento alla "gaffe papale". Gia: voluta? Poteva, in ogni caso, risparmiarsela. Quanto alla lungimiranza politica esistono proprio un vuoto e un'arretratezza unite al pressapochismo e all'incapacità. Il risultato finale è l'orlo del baratro su cui ci troviamo. Se poi pure il papa ci mette del suo...

    Un caro abbraccio

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  6. bisognera' vedere lo speciale su Report a proposito dell' 11 settembre.



    ifona

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  7. ifona, ben trovata e bentornata :-) Ottimo promemoria, il tuo e non mancherò all'appuntamento. Grazie.

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