Apparsa su “l’Unità” del 24 settembre 2005, l'intervista (che si può leggere sotto) a Serge Latouche giunge opportuna nella giornata odierna dove i soldati statunitensi uccisi nella guerra (ufficialmente finita tre anni fa) hanno ormai superato i morti civili nella strage di cinque anni fa. Ignoro quale dissennato record si stia inseguendo, ma il teatrino delle compunte commemorazioni suona sempre più falso e, dunque, irritante.
Pietà per tutti i morti, ma certo i signori della guerra vivi stanno davvero facendo poco per evitare altre catastrofi. Anzi, per dirla tutta, proprio nulla, se non rincorrere il consenso popolare: Bush è in piena campagna elettorale, per le consultazioni di medio termine e il brand “11 settembre” deve essere speso nel modo più proficuo. Per lui, ovviamente.
«La globalizzazione fabbrica del terrorismo»
di Tonino Cassarà
Guerra americana in Iraq, attentati a New York, Madrid, Londra sono gli episodi principali di una nuova guerra «preventiva» e di un nuovo terrorismo che hanno scatenato un'unanime reazione di condanna ma allo stesso tempo una psicosi collettiva in cui la paura la sta facendo da padrone incontestato fino a trasformare il terrorismo nel principale elemento di condizionamento politico del mondo contemporaneo. Quali sono le cause e come lo si deve affrontare? Di questo, esperti e studiosi di fama internazionale, hanno discusso nel convegno «Gli squilibri del terrore» organizzato dall'Istituto Granisci e conclusosi ieri a Torino. Nel suo intervento il procuratore generale Giancarlo Caselli ha detto che «la paura genera un maggiore bisogno di sicurezza, ma non si può però cadere nella trappola in cui la democrazia diventa ostaggio della sicurezza. La prima guerra da dichiarare - ha detto ancora Caselli - è quella contro l'ingiustizia che genera rabbia aprendo le porte alla violenza e al terrorismo». Ancora più netto il giudizio di Serge Latouche, economista e professore emerito dell'Università di Parigi secondo il quale «il terrorismo è un sintomo dell'ingiustizia globale, e la globalizzazione che lo genera non è altro che lo stadio ultimo dell'imperialismo dell'economia».
Professor Latouche, quindi il terrorismo globale è il frutto della mondializzazione dell'economia, la globalizzazione come fabbrica del terrorismo? «Da economista posso dire che se il terrorismo non è direttamente generato dalla globalizzazione, esso è però certamente frutto dello sviluppo incontrollato del capitalismo. La logica della globalizzazione nega le identità trasformando l'individuo in homo oeconomi-cus, qualcuno da inserire nella macchina del conteggio per il tornaconto economico di qualcun'altro».
Scusi, ma qual è il rapporto con il terrorismo globale? «Si tratta di responsabilità indirette che creano però l'humus per il terrorismo». Ma perché mai la mondializzazione economica dovrebbe produrre le ingiustizie sociali che portano al terrorismo? «La mondializzazione è anche uno slogan che incita e orienta ad agire in vista di una trasformazione considerata auspicabile per tutti. Il termine non è affatto "innocente", e lascia anzi intendere che ci si trova di fronte a un processo anonimo e universale, benefico per l'umanità, e non invece che si è trascinati in un'impresa, auspicata da certe persone, per i loro interessi; si tratta di un'impresa che presenta rischi enormi e pericoli considerevoli per tutti, particolarmente per i popoli del Sud del mondo». E il terrorismo? «Dietro l'anonimato del processo ci sono dei beneficiari e delle vittime. È fra le vittime è facile trovare adepti per gli imprenditori del terrorismo camuffati da religiosi, da nazionalisti o da capi etnici. Si tratta di un vero e proprio gioco al massacro tra individui e tra popoli, a spese della natura». Esiste anche un rapporto fra il terrorismo e l'ecologia? «Certamente. L'ingiustizia sociale di cui stiamo parlando è anche ingiustizia ecologica. Se si pensa che il 20% della popolazione mondiale consuma più dell'80% delle risorse del pianeta e che quel 20% rimanda al Terzo Mondo, non gli avanzi, ma i rifiuti più pericolosi da smaltire, è chiaro che tutti gli equilibri vengono compromessi. Si tratta di un meccanismo che genera rabbia e frustrazioni ancora una volta abilmente sfruttate dagli imprenditori del terrorismo». Siamo quindi in un vicolo cieco? «Di sicuro la soluzione non è quella dalla guerra preventiva al terrorismo, visto che non ci si trova di fronte ad un nemico immediatamente identificabile. A mio avviso è necessaria una "politica preventiva" che significa non creare le condizioni favorevoli al terrorismo. La vera lotta contro questo fenomeno passa attraverso la difesa dei valori che caratterizzano una cultura senza però mai pensare di imporli a chi ha una coscienza dei diritti dell'uomo diversa dalla nostra; non esistono valori migliori degli altri ma solo diversi, ed con il rispetto di queste diversità che sarà possibile creare il "Pluriversalismo" che è la democrazia delle culture, la capacità di considerare la relatività dei propri valori: esattamente il contrario della nostra convinzione che la cultura occidentale vada bene per tutti».
letto con molto interesse...
RispondiEliminaSermau
commento a sproposito...che sia un modo celato per controllare e limitare l'aumento della popolazione ( mondiale?), perchè..secondo te, che logica perversa avrebbe?
RispondiEliminaveradafne
( oggi il commento è davvero esagerato per follia!)
Bello il concetto di "politica preventiva"... certo per realizzarla ci vorrebbero anche dei politici idonei, ma questo è un dettaglio secondario.
RispondiEliminaAnch'io credo che sia necessaria una politica preventiva, ma per attuarla occorre una lungimiranza che al momento nessuno sembra avere, né interessato a sviluppare. Basti pensare alle "volute" provocazioni del Papa. Ancora devo capire lo scopo di voler irritare (eufemismo) gli animi già irritati di suo.
RispondiEliminaUn abbraccio:-)
Sermau, grazie per l'attenzione. Poi lascerò qualcosa dalle tue parti.
RispondiEliminaveradafne, sempre minore come follia rispetto a quella da macellai che sembra voler determinare le sorti del pianeta. Controllo delle nascite? Sai che non ci avevo pensato? :-)
Ciao
Alderaban, certo che se dietro idee brillanti si celassero anche persone dello stesso livello... Certo è irrilevante l'inidoneità politica delle persone... Che squallore, però!
Tutti a ripetere spesso o sempre che il problema è politico e poi al tirar delle somme...
Ciao
fioredicampo, hai centrato al cuore il problema odierno con quell'appropriato riferimento alla "gaffe papale". Gia: voluta? Poteva, in ogni caso, risparmiarsela. Quanto alla lungimiranza politica esistono proprio un vuoto e un'arretratezza unite al pressapochismo e all'incapacità. Il risultato finale è l'orlo del baratro su cui ci troviamo. Se poi pure il papa ci mette del suo...
Un caro abbraccio
bisognera' vedere lo speciale su Report a proposito dell' 11 settembre.
RispondiEliminaifona
ifona, ben trovata e bentornata :-) Ottimo promemoria, il tuo e non mancherò all'appuntamento. Grazie.
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