Due piccoli abeti sono stati piantati nel giardino che circonda il condomino in cui abito. Troppo giovani per essere rivestiti, già quest’anno, dalle luminarie natalizie. Lo saranno in futuro. Segnali iniziali che sempre accompagnano gli ultimi due mesi dell’anno con inquietudini e ansie.
Il tempo di superare quello che viene chiamato per pigrizia e, talvolta, scarso rispetto per i defunti : “ponte di Ognissanti” oppure del “2 novembre” e poi verrà lanciata la consueta e orgiastica volata verso le festività (e le follie) di fine anno. Da tempo i centri commerciali si sono attrezzati, perché si sa occorre muoversi sempre più in anticipo, stravolgendo i ritmi e imponendo modi diversi di agire, anzi consumare. Se poi, accanto a questa tendenza, si mescola la stupidità il quadro è perfetto.
E allora abbiamo la festa di Halloween, l’esempio più clamoroso di come la colonizzazione statunitense abbia ridotto i cervelli all’ammasso, omologandoli, imponendo con vagonate di film e serial una tradizione tipicamente anglosassone che non ha radici nella nostra cultura. Non ci appartiene, insomma e che in nome anche del dio consumo è stata agevolata nell’espansione, senza porre resistenza.
Purtroppo, il messaggio è stato fatto proprio anche dalla scuola, primaria o elementare che sia e il cerchio si è chiuso. La trappola è scattata e ci siamo ritrovati tutti vittime, volenti o meno, di questa ubriacatura collettiva.
E pensare che gli indizi c’erano tutti, l’allarme era stato lanciato per tempo. Ma la sordità è stata totale e disarmante anche per chi, come me, non riesce a capire e non trova una sola, plausibile giustificazione a questo sciocco scimmiottamento, se non la stessa che ha generato le varie feste genitoriali, ultima arrivata anche quella degli antenati, per oltrepassare i confini della famiglia e toccare gli innamorati e poi la donna. In una sola parola: business.
Ho conservato con cura, nel mio archivio, un articolo che venne pubblicato in prima pagina, nello spazio riservato all’editoriale, dal Corriere della Sera di lunedì 2 novembre 1998. Ed era Ernesto Galli della Loggia a porsi interrogativi sull’invasione di streghe e scheletri che cantilenavano “dolcetto o scherzetto” davanti ad ogni portone.
Dunque, già sette anni fa, si coglievano i primi segnali che, peraltro, dovevano essere piuttosto vistosi se scomodavano un intellettuale a scriverne sul principale quotidiano italiano. Senza successo, purtroppo.
Streghe di Halloween e nostre identità perdute
FESTE, FANTASMI E ZUCCHE VUOTE
di Ernesto Galli della Loggia
Perché degli italiani, giovani ma anche meno giovani, decidono a un tratto di mettersi a festeggiare Halloween sì che improvvisamente non solo le città ma anche i borghi più riparati della Penisola (ne sono stato testimone diretto) si riempiono improvvisamente di zucche, di streghe e di folletti? Perché degli italiani, giovani ma anche meno giovani, che probabilmente neppure si ricordano più di che cosa sia
e che ancora più probabilmente non hanno mai saputo cosa siano i fuochi di San Giovanni, decidono invece che fa proprio al caso loro una festa celtica importata dagli irlandesi negli Stati Uniti? Perché tutto ciò che non si presenta con connotati italiani può, in Italia, contare sempre su un'attenzione immediata e spesso su un successo travolgente?
Sì, sarebbe interessante saperlo, cercare di scoprirlo, considerare i possibili motivi. Ma si può essere certi che non accadrà. Cioè che nessuno si prenderà la briga, non dico di rispondere, ma neppure di ragionare intorno a domande che, del resto, nel momento stesso in cui vengono formulate appaiono sterili e quasi prive di senso per primo a chi le formula. Eppoi, chi mai dovrebbe accollarsi l'onere di raccogliere domande difficili come quelle di cui sopra? Chi dovrebbe sentirsi tirato in ballo?
Certo, in Italia, per esempio, esiste - e anzi è stato appena istituito - un ministero della Cultura, ma proprio nell'istituirlo non ci siamo forse affrettati tutti a precisare che, per carità, il ministro della Cultura al massimo deve occuparsi solo di film, di musei, di biblioteche (bontà sua e se proprio vuole) e del paesaggio, cose d'altronde importantissime? Non abbiamo forse tutti sottolineato che il suddetto ministro deve però guardarsi bene dal pensare che la cultura sia anche qualche cosa di più profondo e di più impalpabile dei musei e delle biblioteche, qualcosa che riguarda, per esempio, l'identità di un popolo, la sua storia, e che anche ciò meriti qualche attenzione e qualche tutela? Non siamo stati, non siamo forse tutti d'accordo che la democrazia italiana non ha bisogno di nessun Giovanni Gentile in sedicesimo?
Esiste certo, poi, anche un ministro della Pubblica istruzione, il quale - si potrebbe credere - forse qualcosa c'entra con ciò che soprattutto i giovani italiani hanno per la mente, con i loro gusti e i loro valori, con i loro atteggiamenti, con il loro eventuale sentirsi più italiani e più americani. Ma sono alcuni decenni, ormai, che lì, nella Fortezza Bastiani di viale Trastevere, si muovono solo fantasmi. Da ultimo il fantasma della scuola politicamente corretta, ottenuta mischiando attentamente un quarto di sperimentazione, un quarto di «Novecento», un quarto di attività extracurricolari e un quarto di «diritti e doveri delle studentesse e degli studenti». Il problema della nazionalità delle une e degli altri non è problema destinato, in questa scuola, a suscitare un qualche visibile interesse.
Come del resto non sembra suscitare l'interesse di nessun altro, per esempio di quelli che si è soliti chiamare gli intellettuali. Sventato così ogni pericolo di condizionamento dall'alto, di richiami a un vieto nazionalismo, di anacronistici pedagogismi autoritari, gli italiani, giovani e meno giovani, possono finalmente essere liberi.
Liberi di abbracciare ogni idiozia di moda, di amplificare parossisticamente ogni rito e ogni mito che si presenti con il colore dell'esotico e che, naturalmente, porti un nome inglese. Liberi di non leggere neppure un libro all'anno, come fanno, di essere sottoposti alla più alta quantità di televisione pro capite e, infine, come è giusto, liberi di rimanere affascinati in un sempre maggior numero (da questo punto di vista il successo di massa di Halloween è davvero simbolico) da streghe, santoni, fatture, culti satanici e altri consimili rappresentanti e cerimonie della dea Ragione. Diciamo la verità, oggi, in Europa, liberi e moderni come noi italiani quanti ce ne sono?
C'è un luogo, è un isola nel lago Patzcuaro, in Messico, si chiama Janitzio, qui celebrano collettivamente la festa dei morti, con canti e balli, le donne si vestono con i costumi tradizionali e si recono tutte insieme al cimitero dove le tombe sono tutte uguali senza iscrizioni funebri. Se vuoi poi leggere il post nel mio blog.
RispondiEliminaPer il resto hai ragione l'imitazione pecora ha preso il posto alla creatività tipica degli italiani, però devo dire che visitando questo mondo dei blog ho scoperto tante persone che affermano i loro veri bisogni e hanno il coraggio delle proprie idee.
Dimenticavo anch'io detesto le feste comandate, di solito mi defilo.
ciao
Giulia
Spero che tu abbia passato una serena domenica..la mia è stata un vero schifo..la mia piccina stà ancora male :o((
RispondiEliminaGIULIA, i ripetuti problemi di manutenzione di splinder mi hanno finora impedito di venire a leggere la continauzione della storia. Ma non demordo.
RispondiEliminaSu questa ennesima festa comandata non posso che ribadire la mia valutazine negativa e, più che defilarmi cerco di scoraggiare oppure irridere.
E' vero, poi, che girando nella blogosfera si trovano posizioni che divergono dal pensiero comune, segno che la necessità di sfogarsi è molto forte.
Ciao
LEALIDIUNANGELO, ho lasciato da te il mio pensiero e, se scrivere il diario on line ti può rilassare, ben venga, tanto qualcuno che ti ascolta c'è sempre.
Auguri e che sia una settimana decisamente migliore di come si è conclusa.
Un caro abbraccio
non ho festeggiato..sarà grave?;-)
RispondiEliminaun sorriso
veradafne
VERA.STAZIONCINA, semmai sei stata esemplare :-)
RispondiEliminaUn sorriso a te
Uhm...anche io questa festa proprio non riesco a "sentirla" e, forse stupidamente, mi meraviglio di come i festeggiamenti siano sempre più diffusi.Forse è una cosa egoistica, dipende dal fatto che quando ero bambina Halloween non si nominava neanche, per cui non avendo dei ricordi legati a quest'occasione non la prendo neanche in considerazione, forse è perchè streghe, folletti, spiriti, scheletri e cose così non mi piacciono molto ( so di dire una cosa impopolare ma non mi piace neanche Harry Potter, che non so quanto centri con Halloween) ma insomma per me è stato un giorno normalissimo.
RispondiEliminaBuona settimana :)
p.s. per il calciatore facciamo pure come hai detto tu, provvederò quanto prima ;))
ROBYNIA, fossi al tuo posto non cercherei giusticazioni al mancato richiamo. L' intelligenza ti indirizza verso il pensiero non omologante, il comune sentire avverso al consumismo (e ad Harry Potter). Tutto viene prelevato e centrifugato in quell'immensa lavatrice che vorrebbe anche i nostri cervelli. Ma non li avrà mai.
RispondiEliminaP.S. Attendo quel nome, ma non tenermi troppo sulla graticola :-))))
MAURI53, grazie a te per la lettura e l'apprezzamento. Ovviamente sono d'accordo con ciò che scrivi e considero che la ricorrenza avrebbe suscitato meno irritazione, se fosse stato tutto gratis, ma in tal caso chi s'imbarcava in una simile avventura?
Grazie per il quadro.
Penso che un popolo che riesce a mantenere la propria identità si merita di essere colonizzato.....Mi viene in mente la Spagna dove si riesce ad accogliere il nuovo e mantenere l'antico.
RispondiEliminaIo Halloween lo festeggio perchè mi piace l'idea di metter paura all'inverno alle porte...
abbracci
MARDOU60, ecco un'interpretazione nuova: "mettere paura all'inverno", che mi piace.
RispondiEliminaCiò che è contestabile, nel merito di questa ricorrenza, è la mancata rivisitazione critica, come esemplifichi per la Spagna. Qui si getta il vecchio nell'oblio e si adotta il nuovo senza neppure chiedersi il perché. Così fan tutti, insomma. Nella sostanza stigmatizzo l'ennesimo pretesto consumistico e commerciale che banalizza, per esempio, analoghe circostanze, tipo l'8 marzo.
Abbracci autunnali