lunedì 11 giugno 2007

La campanella stonata


In illo tempore… L’ultimo giorno di scuola veniva vissuto festosamente, con l'impaziente attesa del suono della campanella, con la frenesia che derivava dalle vacanze alle porte e la consapevolezza di un positivo anno scolastico. Una miscela di gioia e rammarico per i compagni che si lasciavano, assieme al sollievo per le interrogazioni che concedevano una lunga tregua (in illo tempore durava tre mesi e mezzo). Era, insomma, una giornata normale, intendo priva di eccessi e stonature. Rastrello dalla montagna incenerita dei ricordi (diari cartacei effettivamente bruciati: una ferita insanabile ed un gesto irresponsabile da neo-maggiorenne) un flash che illuminò la conclusione di un anno scolastico (era il 1969), e che, per singolare coincidenza, rappresentò pure l’incipit del primo quaderno di confidenze. Al termine delle lezioni mi avventai verso il professore di religione per strappare da lui le confessioni agognate sull’esito degli scrutini. Ma il sacerdote, fedele al mantenimento di ogni segreto anche extra moenia, nulla volle rivelarmi. Più che altro si trattava di una mera civetteria. Di essere stato promosso lo sapevo già, ma a pesare erano i voti che componevano poi la famosa media da confermare. Di lì a qualche giorno tutto sarebbe stato disvelato e l’appuntamento fissato all’anno successivo, quello degli esami.


La stupidissima realtà di questi giorni propone invece la decerebrata consuetudine, ormai vigente da alcuni anni, dei lanci di ogni oggetto verso tutto e tutti, di abbigliamenti con pinne e occhiali, non in omaggio ad una delle più celebri canzoni estive, ma per affrontare adeguatamente attrezzati le inevitabili secchiate d’acqua. Poi immancabile c’è YouTube e allora l’idiozia diventa tiranna e sembra contaminare la popolazione scolastica. Un paio di tipi, che hanno piazzato un gadget fra le orecchie, scorazzano con le moto nelle aule di un istituto ragusano fieri della loro inventiva per finire sul web, altri gettano libri dalle finestre (questo spiega il desolante primato negativo nella lettura di tutto ciò che non sia quotidiano sportivo o periodico da sciampiste), oppure attrezzature scolastiche e quant’altro possa capitargli far le mani: barbarica celebrazione di un rituale che certo non esorcizza la deflagrante imbecillità.


Ma una nota di speranza, anche un pessimista reale come me, può lasciarla. In ufficio, nel mio reparto, hanno concluso le loro ultime tre settimane scolastiche, con uno stage aziendale, due ragazzi (Alessandro e Paolo) e due ragazze (Claudia e Simona) che nascevano nell’anno della rivolta di Piazza Tien An Men e della caduta del Muro. Giovanissimi, dunque, ma di una compostezza e di un’educazione da lasciare piacevolmente sorpresi. Due di loro, tra l’altro, inizieranno il prossimo anno di scuola all’estero dove per un mese lavoreranno in aziende che si occupano di comunicazione e pubblicità. Un viaggio-premio per il rendimento tra i banchi. Claudia e Simona, spazzata via l’iniziale e comprensibile timidezza e abrogato il “lei” che avevano logicamente cominciato ad utilizzare, sono apparse tenerissime nel raccontarsi poco alla volta: dai rapporti in famiglia ai gusti musicali, ai romanticissimi rossori se si accennava ai loro amichetti del cuore. Al ruolo dei professori, sovente inadeguato, tanto da far passare la voglia di studiare. Una tentazione, più che altro, essendo le migliori nella loro classe. Alessandro e Paolo sono stati attenti alle spiegazioni, dinamici, volenterosi. Dal primo, in particolare, ho appreso casualmente che aveva l’automobile e che l’aveva usata qualche mattina per venire in ufficio, quando in genere i suoi coetanei non vedono l’ora di renderlo pubblico, magari ostentando la classe A della Mercedes. Germi di speranza, ondate di freschezza.

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