Considero Curzio Maltese uno dei migliori commentatori sulla piazza. La rubrica che tiene su “Il Venerdì “di Repubblica offre sempre prospettive interessanti su argomenti che contrassegnano l’attualità. Non necessariamente in linea con l’omologazione di massa. Di lui “invidio” la capacità di saper esprimere sensazioni e malesseri comuni molto meglio di come potrei fare io, ma questa “invidia” buona è ormai congeniale perchè non riesco proprio a sottrarmi al fascino della capacità di scrittura e ne resto sempre ammaliato. Vale per i bravi giornalisti (ce ne sono ancora) come per alcuni bloggers capaci ogni volta di regalare emozioni nuove.
Contromano
di CURZIO MALTESE
La legalità insegnata a tutti (gli altri)
IL VENERDI (25 maggio 2007)
L’idea che la legalità serva soprattutto a tutelare i più deboli, come dice ora anche Piero Fassino, non è una delle più recenti scoperte della storia dell’umanità. In fondo, sono passati venticinque secoli da quando Socrate ha illustrato per primo il concetto. Ma per la politica e il costume nazionali si tratta senza dubbio di una conquista recente, almeno sul piano filosofico. Ora bisogna metterla in pratica. Due sono le strade. La prima, la più ovvia, è di considerare la legalità un valore riservato agli stranieri. È grazie a loro, infatti, che l’Italia sta riscoprendo l’importanza di rispettare le leggi. Si tratta insomma di convincere gli immigrati a diventare rispettosi e ligi alle regole dell’ordine, dotati di un alto senso civico, capaci di indignarsi di fronte all’ingiustizia o alle scorciatoie furbastre, insomma di trasformarsi in quel modello di cittadino cui larga parte dei locali, noi italiani, guarda con un misto di disprezzo e irrisione. Si può procedere con le buone o con le cattive. Ma vista l’impossibilità della società italiana di applicare qualsiasi forma di «tolleranza zero», a parte forse il divieto di fumare nei locali pubblici, è realistico pensare più che altro a un’azione culturale. A cominciare, s’intende, dalla scuola. Si potrebbero così organizzare corsi di educazione civica limitati ai figli d’immigrati per istruirli al rispetto della Costituzione e dei codici penali e civili. Mentre i ragazzini italiani nelle aule accanto, che potremmo chiamare «classi della libertà», potranno serenamente continuare a giocare con il telefonino e a picchiare a sangue i più piccoli e deboli. Naturalmente, bisogna pensare anche agli adulti. Sulle coste meridionali sarebbe bene istituire task force della legalità, utilizzando per esempio i molti magistrati ricusati, o trasferiti, o messi comunque in condizioni di non svolgere il proprio lavoro, in modo da chiarire subito agli immigrati appena sbarcati il quadro legislativo del nostro Paese. Un aiuto senz’altro prezioso per potersi inserire poi al meglio nella realtà sociale della Locride o di Palermo o Brindisi. Una battaglia culturale di queste dimensione non può prescindere dai media. Un’ipotesi da valutare è la creazione di canali televisivi destinati agli stranieri per propagandare i valori etici e civili. Senza impedire che il servizio pubblico continui a celebrare ogni sera il successo sociale di ladri e assassini, delinquenti politici e bancarottieri, mafiosi e collusi. Insomma, è fondamentale non fargli capire dove sono capitati. L’altra strada è far rispettare la legge, uguale per tutti, italiani e stranieri. Ma qui sorge un problema di conflitto d’interessi.
Nota a margine. La vera distinzione da fare è tra persone che commettono reati e persone che li subiscono. Le prime vanno perseguite, giudicate e condannate, le seconde tutelate e risarcite. Altre differenziazioni sono pretestuose, motivo solo di chiacchiere da bar e sostanzioso contributo all’incapacità di capire. Gioca pesantemente sporco anche buona parte dell’informazione, visto che quando a commettere un’illegalità è un italiano non si precisa certo la nazionalità, mentre quando il delinquente è straniero si sottolinea questo dato. Una volta si ripeteva che la notizia vera non è il cane che morde l’uomo, ma viceversa. Oggi la vera notizia potrebbe essere, per esempio: “Coppia di coniugi padani massacra la famiglia di un tunisino”. Certo non arroventerebbe l’atmosfera, ma rispetterebbe la verità dei fatti. Vi pare poco?
“Coppia di coniugi padani massacra la famiglia di un tunisino”. Ma vi immaginate che cosa avrebbe suscitato un titolo del genere: “cose turche”, o meglio, “padane”. Sarebbero saltati su tutti i maggiorenti di questa accolita di razzisti come, d’altra parte, è successo proprio pochi giorni fa, quando lo “sceriffo di Treviso” Gentilini ha voluto sostenere che gli imprenditori veneti, solo per il fatto di essere veneti, sono, per assunto, onesti. E tutto questo perché la G.d.F. ed il PM di Vicenza stanno facendo indagini (ed hanno anche incarcerato) a seguito di trucchi sugli appalti: una vicenda che la stampa ha battezzato “appaltopoli”.
RispondiEliminaHo trattato di questo argomento sul mio “blog” e, se v’interessa, andate a vedere i commenti ricevuti!!! (vedi : http://sp1938.blogspot.com/2007/05/delinquenti-veneti-e-stronzate-di.html )