domenica 9 luglio 2006

Allez Italie


 


Domenica 11 luglio 1982, mi recai come al solito in edicola per acquistare i quotidiani, ma a differenza degli altri giorni mi sedetti davanti al classico ”Bar dello sport” per leggere i giornali (per prima ovviamente “La Gazzetta”), commentare pubblicamente le ultime notizie provenienti da Madrid e così iniziare idealmente pure la preparazione della serata.


Si trattava, peraltro, di definire gli ultimi dettagli, con gli amici del gruppo, per la visione collettiva della finale di Coppa del Mondo, poiché in precedenza, dodici anni prima, non c’era stata questa possibilità. Occorreva decidere, in particolare, se mangiare prima o dopo la partita, secondo le correnti di pensiero più illuminate. Ma assistere ad una gara così importante, con gli spaghetti da digerire, rischiava di compromettere la visione e condizionare le reazioni agli eventi in campo. Cucinare dopo (anzi far cucinare da una volenterosa madre) poteva essere altrettanto inutile: in caso negativo sarebbe mancato l’appetito, in caso positivo ciascuno immaginava il modo migliore per festeggiare all’aperto, meglio ancora in massa.


Ma chissà poi come sarebbe stato, perché nessuno di noi ne aveva diretta conoscenza, visto che l’ultima vittoria italiana in un Mondiale risaliva al 1938 e il titolo europeo del ’68 non poteva essere equiparabile.


Ritiro pre-gara e poi il raduno, una decina di persone, a casa di un amico comune. Subito emozioni. Uno dei più esuberanti si feriva, non gravemente, ad una mano a causa di un violento pugno, inferto ad una vetrata, dopo il rigore fallito da Cabrini e poi...


La partita rivista in piazza su uno dei primi schermi giganti, tra cortei di folla, coriandoli, suoni, urla e sventolio di tricolori. Il mio, esposto nei giorni precedenti dal balcone, ricopriva il tetto dell’auto con cui scorazzammo in lungo e in largo. Ritornai a casa a notte fonda per restare ancora davanti alla tv ( sebbene il giorno dopo sarei dovuto partire per un lavoro estivo) ipnotizzato dalla telecronaca di Italia-Germania che forse andò in onda a ciclo continuo.


L’idea di ricomporre il gruppo, nel ricordo di quella notte, mi era venuta dopo l’emozionante Germania-Italia di martedì scorso e il conseguente ingresso in finale. Ma è stata un’idea che ho conservato per me, evitando di svilupparla e diffonderla. Radunarci non sarebbe stato difficoltoso, anche se le vicende della vita “adulta” hanno separato, differenziandoli, i nostri percorsi. E, per fortuna, siamo tutti vivi. L’amarcord magari sarebbe pure risultato gradito, eppure...


Tre o quattro anni fa, un amico di vecchia data aveva voluto dar corpo ad una festosa rimpatriata tra tutti coloro che avevano condiviso l’adolescenza sul campetto dell’oratorio. Preparazione meticolosa e lunga per cercare almeno una trentina di persone (per alternarsi durante la sfida), individuare una data giusta per tutti e poter così riproporre una di quelle “antiche” sfide calcistiche.


Gara in notturna, contrariamente alle nostre abitudini (interi pomeriggi a prendere a calci un pallone in ogni condizione climatica), ma anche un segnale del tempo passato. Quello più evidente, di segnale, era però l’aspetto fisico un po’ allargato – a voler essere indulgenti – di parecchi ex ragazzi.


Divertimento, soddisfazione, fatica ovvia per mantenere certi ritmi, meccanismi che si rimettevano faticosamente in moto, ma un senso generale che percepivo di malinconia, di forzata allegria per vecchie battute riesumate. Anche l’utilizzo dei “nomi di battaglia” (Cirillo, Stecco, Gnu, Tano, Ventura, Pizza, Indio) appariva anacronistico. Mi sentivo a disagio, immaginando che anche altri lo fossero.


Nelle logiche pause di gioco guardavo quei volti, cercavo aderenze improbabili con quelli memorizzati del bel tempo che fu e poi non riuscivo proprio a chiamare disinvoltamente “Biondo”, quell’incanutito funzionario di banca che aveva fatto coppia d’attacco con me. Oppure “Grillo”, il tondeggiante vigile urbano, autore di tanti salvataggi sulla linea di porta quando mi schieravo tra i pali.


Mi pareva, invece, di essere stato proiettato sul set di un “irreality show” dove la pretesa di spostare indietro le lancette dell’orologio era naufragata, aggiunta al timore (mai indagato) che anche gli altri pensassero la stessa cosa e che quella parodia sarebbe andata avanti fino a quando qualcuno non avesse gridato che il re era nudo.


Per questo motivo l’idea (geniale in teoria) di un raduno per la finale mondiale di Berlino, l’ho strozzata di lì a pochi minuti, il tempo necessario per rievocare quella serata di memoria calcistica. Sarebbe stato affogare nella malinconia e, di questi tempi, ne faccio volentieri a meno.


Ma, se festa sarà, che sia piena, perché semel in anno licet insanire (una volta all’anno è lecito impazzire).


 

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