sabato 13 maggio 2006

Jennifer, 20 anni: sepolta viva


Dall'autopsia sul corpo di Jennifer Zacconi una agghiacciante verità
"E' morta per aver respirato una grande quantità di fango"


Venezia, è stata sepolta viva
la ragazza incinta al nono mese


Il magistrato: "Lucio Niero non sarà accusato di duplice omicidio
ma di omicidio volontario e occultamento di cadavere"



VENEZIA - Sepolti vivi. Jennifer Zacconi e il bambino che portava in grembo e che doveva nascere tra pochi giorni sarebbero morti così. Il cadavere della ventenne incinta al nono mese, è stato trovato in un campo a Maerne. Per l'omicidio è accusato Lucio Niero, ritenuto il padre del piccolo che avrebbe commesso il delitto per nascondere alla moglie la sua relazione con la ragazza.


L'autopsia. L'esame autoptico ha evidenziato che la giovane ha respirato una grande quantità di fango prima di morire. E anche il suo bambino è morto per mancanza di ossigeno. Chi l'ha uccisa non ha atteso o non si è assicurato, che avesse smesso di respirare quando l'ha deposta in una fossa scavata nelle campagne veneziane dopo averla colpita una decina di volte all' addome e al pube e aver tentato di strangolarla.


Non è duplice omicidio. Chi ha ucciso Jennifer ha spezzato due vite in una, ma gli sarà contestato un unico omicidio volontario e un unico occultamento di cadavere. Non essendo ancora nato, infatti, il piccolo di Jennifer non ha autonomia giuridica. Ma anche sul suo corpicino ha lavorato fino a sera inoltrata l'anatomopatologo Antonello Cirnelli. L'importanza delle risposte dall'autopsia, erano state sottolineate dal procuratore capo Vittorio Borraccetti: tutto servirà alla magistratura per contestare eventuali aggravanti al reato di omicidio volontario e occultamento di cadavere.


8 maggio 2006 www.repubblica.it


 


Folla commossa ai funerali della giovane uccisa dall'amante
Una folla dietro al feretro con dentro i corpi di mamma e figlio


Jennifer, bara bianca per l'addio
Niero minacciato dagli altri detenuti


Su un giornale la foto del piccolo mai nato: "Volontà della nonna"
L'assassino spostato a Verona dopo gli insulti ricevuti in carcere a Venezia



VENEZIA - Una bara bianca per Jennifer Zacconi, la ventenne uccisa, incinta di nove mesi, dal suo amante Lucio Niero. Questa mattina nella chiesa parrocchiale di Olmo di Martellago, in provincia di Venezia, ci sono stati i funerali, seguiti da un paese sconvolto da uno dei fatti di cronaca più drammatici degli ultimi anni. Per l'ultimo saluto, ai parenti della ragazza si è unita una grande folla, e le volontarie del Movimento per la Vita, che avevano assistito Jennifer nella sua difficile gravidanza. La madre di Jennifer, Anna Maria Giannone, continua, come ha raccontato, a mandare sms al telefonino della figlia morta e non si dà pace per non averla fermata la notte in cui uscì per incontrarsi con l'assassino. Il padre, Tullio Zacconi, sostiene la premeditazione del delitto e ripete di voler aspettare Niero quando uscirà dal carcere. Applausi per il feretro - con mamma e piccolo dentro, poiché il feto è stato estratto dall'anatomopatologo - nel quale è stato posto un orsetto di pezza destinato al nascituro.


12 maggio 2006 www.repubblica.it


Foto: la Stampa 



 


Una morte atroce, l’ennesima violenza consumata ai danni di una donna. Ho parzialmente estratto questi due articoli da repubblica.it e propongo integralmente l’intenso commento di Silvia Ballestra (“l’Unità”).


Aggiungo brevi considerazioni.


La brutalità è accaduta in Italia, nel veneziano, profondo Nord est. Sarebbe questa la cosiddetta “civiltà superiore” rispetto agli islamici?


Non ha niente da dire papa Ratzinger sul tipo di amore che legava l’assassino a sua moglie o, anche, al presunto amore nei confronti di Jennifer? Amore debole o forte? E, invece, sarebbero i Pacs la rovina delle famiglie come delira la Chiesa di Roma?


È un periodo in cui mi fanno schifo molte cose e queste giornate sono piene di notizie da vomito. Forse non sarebbe male cercare il silenzio, questo sconosciuto.


 


 


Gli assassini e gli indifferenti




Decapitata per strada con un coltello - non vi sfugga il dettaglio - tipo «Rambo». Sepolta viva col pancione di nove mesi a una settimana dal parto indesiderato (dall´assassino). Rapite, violentate, picchiate come tamburi. Ricattate sessualmente. Insomma, le donne e la violenza, una buona benzina per la cronaca nera, che è poi semplicemente la cronaca: quel che succede. Eppure, a quanto sembra, pochi collegano le immagini splatter dei telegiornali sulla donna-uccisa-del-giorno con le grandi cifre di come va il mondo tutto intero.


Quel che è vicino è tanto grande da impedirci di vedere l'insieme. Una povera donna con la testa mozzata sembra un'altra cosa rispetto alle cifre dell'Onu (1998) che fanno il punto sulla violenza sulle donne. Sembrano distanti e invece sono la stessa cosa. La violenza è la prima causa di morte e invalidità sul pianeta per le donne dai 15 ai 44 anni. Più della guerra o della malaria, più degli incidenti stradali o del cancro, le donne muoiono per le botte di padri, fratelli, mariti e compagni. Una questione di diritti umani che riguarda più o meno metà dell'umanità (l'altra metà, pare, preferisce menare le mani). Verrebbe quasi da dire che il problema è degli uomini, che dovrebbero fare loro una seria riflessione sul loro malessere.


Paradosso della comunicazione: dici violenza sulle donne su scala planetaria e pensi a faccende tribali, a mutilazioni religiose, alle moltitudini la cui vita è considerata quasi naturalmente in bilico. La violenza italiana quotidiana sulle donne pare invece uscire dalle statistiche e diventare «caso limite», buono per il voyeurismo dei media. C'è indignazione ma in pochi notano che le vittime sono quasi sempre donne, che il movente della violenza è quasi sempre molto maschio, che si muore di più, o si viene picchiate, di norma quando ci si sottrae a un «possesso». Secondo Amnesty International (2003) almeno in una coppia su dieci la donna subisce violenza. Niente ci impedisce di pensare che qui vada meglio, anzi, e il 65 per cento delle violenze in famiglia ha per vittima una donna. Ecco un posto dove le quote rosa non servono.


Moltissimi se ne occupano: studi e convegni, prevenzioni varie, accoglienza e soccorso, sociologia, polizia, medici e infermieri, cioè praticamente interi pezzi di società vengono ogni giorno a contatto con donne che hanno subito violenza. Molti dedicano vite e carriere al problema. Ma l'emergenza sembra non fare breccia sull'informazione popolare - che pure maneggia con disinvoltura violenza ogni giorno - né pare di vedere in giro una presa di coscienza collettiva, né sembra che la grande informazione sappia sommare tra loro tanti singoli episodi per intuirne una tendenza: che le donne sono più esposte alla violenza.


Farli smettere (di menare, di ricattare, di sottomettere in ogni modo, e di ammazzare) dev'essere il punto fermo. È l'obiettivo di ogni campagna per i diritti umani: salvare i minacciati. Intanto, e come condizione preliminare, si vorrebbe anche una specie di movimento ideale, stupore e indignazione collettivi, che sollevasse il problema. Che collegasse in modo evidente a tutti la stupefacente distanza tra l'immagine di donna che ci è propagandata e la donna reale, che prende pure qualche sberla. Gli uomini, in genere, ne traggono un certo fastidio. Esitano, persino i più democratici, ad accettare di far parte della parte che opprime, anche loro in qualche modo accettano l'enormità delle statistiche finché se ne stanno lontane, e la vicina picchiata, o l'accoltellata del giorno sembrano un'altra cosa. Forse non è indifferenza, ma lontananza, una specie di neutralità. Spezzare questo atteggiamento, per esempio nei grandi media elettronici, nella stampa popolare, nei linguaggi pubblicitari, nell'opinione pubblica più ampia, potrebbe essere un primo mattoncino. Quante volte troviamo il modello di donna esposto spaventosamente a misura d'uomo (e non di donna)? Sarebbe ora di cominciare a dirlo più spesso.



 


5 commenti:

  1. è una storia bruttissima ed indecente. ovviamente la dice lunga sul tipo di società nella quale viviamo. abbiamo il prodotto tecnologico, siamo dei consumatori incalliti (chi ancora può), in apparenza tutto va bene e poi.....

    non ho mai creduto di vivere nella migliore delle società possibili.

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  2. PortamiViamaggio 14, 2006

    Non ho parole su questo argomento, so solo che ci sono stata davvero male.



    Un saluto, caro.

    Anna

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  3. sermau, neppure io e non da adesso,ho mai ritenuto chesia questa la migliore società possibile. Anche perché una società che alleva simili mostri non può essere accettabile.

    Anna, è vero mancano le parole, persino di condanna, raggelate da una tale barbarie. In carcere gli hanno urlato di uccidersi da solo.

    Ma il punto nodale è riuscire a capire come mai si possa giungere a questo livello di abiezione.

    Un caro saluto

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  4. Ciao, sono Martina!!

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  5. Martina, grazie per l'apprezzamento e la segnalazione di un'iniziativa che, comunque, mi era già nota.

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