sabato 11 dicembre 2010

La casetta in proprietà



Ho iniziato a giocare a puzzle poco più di un anno fa. L’ultima tesserina è stata inserita all'inizio di dicembre. Il quadro completato produce adesso un bell’effetto, soprattutto mentale. Perché poi ci vivo dentro.

Il primo tassello: l’ingresso nell’ufficio del direttore di una filiale bancaria. Era la fine di ottobre del 2009. La stretta di mano al notaio, già ingrassato da una corposa parcella, il pezzetto conclusivo. In mezzo mesi di altalenanti sentimenti, periodi di angosciante attesa e logoramento nello spirito talora acceso da confortanti speranze, talaltra estinto da scoramenti profondi quanto inattesi.

Un’immagine che rende l’idea è rappresentata dall’altimetria del percorso di una gara ciclistica, una tappa alpina per intenderci, con pochi tratti pianeggianti e scorrevoli che si alternano a scalate progressivamente più ardite. Il rischio di precipitare sempre elevato, senza sapere se le successive vette saranno più ripide.


Perché poi non si è trattato solo di un rapporto con interlocutori diversi, ma vissuto con la pressione esercitata dai parenti, tenue nei primi mesi (dopo un lutto recente che aveva frantumato la proprietà dell’immobile in cui abito) e progressivamente sempre più marcata. Incontri di famiglia, per i necessari aggiornamenti, vissuti come un redde rationem, sfociati all’inizio dell’estate in un ultimatum che mi ha causato un drammatico stato di prostrazione.

Da una parte non volevo spezzare i rapporti familiari, introducendo figure terze (avvocati) e luoghi (tribunali) che avrebbero sancito la separazione definitiva, dall’altra mi trovavo costretto a soddisfare richieste impegnative che non potevo onorare con le mie risorse. E spazio per trattative non esisteva. L’alternativa, cedere la quota, vendere tutto e trasferirmi, considerata anche la modestia della stessa quota, irrealizzabile nell’attuale contesto economico.

Ricordo serate trascorse, nella fase più delicata, a navigare tra un sito e l’altro di agenzie immobiliari ricevendone un disagio che attentava alla mia integrità mentale. Eppure la stavo vivendo quella realtà, non apparteneva ad un altro, non si trattava di elaborazioni teoriche, di prospettive futuribili, mentre il calendario incalzava con le date e le scadenze.

I fine settimana, soprattutto, tanti fine settimana, li ho vissuti con l’apprensione per una telefonata, per una convocazione, per un contatto diretto a cui non ero in grado di rispondere come si pretendeva. Potevo solo chiedere tempo, che stava finendo, assieme alla pazienza.

Brutta cosa i parenti, soprattutto quelli acquisiti, che diventano serpenti quando possono mordere ed iniettare il loro veleno, quello che magari hanno accumulato in passato, facendone provvista, nella prospettiva di diventare esiziale.

Altrettanto brutali si rivelavano i rientri dalle vacanze estive o di fine anno, quando era un sms a far vibrare il cellulare e bastavano un nome, una semplice domanda a disperdere quel patrimonio di benessere che si era creato, seppur fatuo, seppur friabile ed illusorio.

Non so come sia riuscito, in questo arco di tempo a gestire sia questa pesantissima situazione che erodeva energie, sia il lavoro che è cresciuto, assieme al carico di responsabilità. Con la paradossale situazione che dovevo preoccuparmi per scadenze altrui, per documentazioni da consegnare e relazioni da stendere, mentre erano immanenti le mie di scadenze, le mie di documentazioni, le mie di contabilità da fare e rifare, perché poi i conti dovevano tornare, anche se nel loro linguaggio più crudo. Quei numeri non si prestavano ad alcuna interpretazione: erano lì, nudi, davanti a me. Ad agitarsi come spettri, per abitare serate da incubo.

Ho cercato di distrarmi, di dedicarmi ad altro, ma mentre il tempo trascorreva, mi sono reso conto di esserci riuscito poco. Il blog, per esempio, ha patito questo disagio, sia per le pause più o meno lunghe che si sono susseguite, sia per mancati aggiornamenti e, soprattutto, mancate risposte. Perché poi integrare i commenti altrui significava anche trasferirsi nei vari blog, intervenire, se necessario manifestare disaccordo, discutere comunque e mi accorgevo della mia fragilità di fronte a questo, della dimessa reattività, nonchè residua capacità di analisi.

Frank57 appariva isolato.

Ne hanno risentito, di conseguenza, anche i rapporti con le persone stesse. Sono in contatto
privato (preferisco non adoperare il verbo al passato) con alcune e alcuni blogger, ormai da tempo associati al rispettivo nickname. Un rapporto personale ricco e arricchente. Qui ho ceduto, rarefacendo le mail. E anche altre amiche e amici, al di fuori della blogosfera, hanno dovuto subire analogo trattamento. Che non era disinteresse, ma incapacità di rapportarsi, di esprimere il meglio, oppure se stessi, senza che poi dovesse trapelare inevitabilmente il malessere. Perché poi, quando le amicizie sono consolidate da anni, è questo l’approdo naturale: quello delle confidenze o degli sfoghi.

Non ero in grado di sostenere né le une né gli altri.

Adesso il compito più impegnativo, ma a cui mi dedicherò appassionatamente, sarà il recupero delle persone. La moltiplicazione delle mail inviate, perché la cartella è ridotta ai minimi termini. Sono altrettanto consapevole che non tutti i riagganci saranno premiati, che riaprire dialoghi richiederà anche fortuna, ma ci butterò dentro anche la costanza e la pazienza che sono state mie compagne in questo periodo.

La fortuna, soprattutto, che si manifesta nell’amico al quale ti aggrappi e che c’è proprio quando ne hai bisogno. Una parola giusta, un’idea, una consolazione, proprio nell’attimo necessario, cambiano la prospettiva, l’inquadratura della scena. Infondono speranza. E non pensi sia illusione. E, anche se lo fosse, la mantieni viva questa illusione, perché non deve evaporare.

La fortuna è anche conoscere la persona giusta che t’introduce al percorso ad ostacoli, tenendoti per mano e accompagnandoti nei vari passaggi. Rassicura, minimizza, conforta. È presente, talvolta proprio in coincidenze favorevoli ed inaspettate.

Ho poi imparato che, pur avendo cercato informazioni su mutui e procedure, la prassi definisce altri e diversi profili, in genere peggiorativi e perciò si cerca di limitare i danni. Però essere informati serve, perché solo grazie ad un’utile pubblicazione di qualche anno fa, ho appreso – per esempio - dell’esistenza di una particolare clausola, prezzo-valore, che mi ha permesso di ottenere una significativa riduzione nella parcella notarile.

C’è poi una giornata che mi è rimasta impressa, dove non è accaduto qualcosa di efficacemente concreto, ma una sensazione ben precisa percepita, vale a dire che la direzione era ormai quella giusta.

Giovedì 24 giugno, ore 16.00: il giorno di Slovacchia-Italia, gara decisiva del primo turno del Mondiale di calcio in Sudafrica. In quel pomeriggio, mentre la partita stava per cominciare, in una città deserta e sotto il caldo torrido, percorrevo a piedi il tratto di strada per arrivare in banca, dove ero stato convocato dalla funzionaria per comunicazioni che mi riguardavano.

Avevo naturalmente archiviato l’idea di assistere all’incontro e invece si trattava solo di alcuni documenti da firmare, mentre venivo aggiornato sulla situazione della pratica di mutuo che, a suo giudizio, si stava evolvendo positivamente. Un barlume di speranza.

Il primo tempo era già iniziato, la città deserta non restituiva alcuna eco, rientravo nell’intervallo e mi trovavo ad assistere, in una nuova dimensione alla gara, accaldato, quasi stordito, eppure alleggerito e disincantato di fronte a quella che era una delle prestazioni più avvilenti della Nazionale. L’eliminazione dal torneo, il conseguente dibattito, le inevitabili polemiche vissute da estraneo e, comunque, prive di quell’angoscia che invece nel passato avevo vissuto.

La sensazione di raggiungere il mio traguardo, anche se l’avrei tagliato sei mesi più tardi, era talmente palpabile che stappavo un’indispensabile birra per bere alla mia salute.


2 commenti:

  1. Cin cin, Frank! Sono contenta che il burrascoso periodo stia lasciando il posto ad uno più sereno.

    Un caro saluto,

    Artemisia

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  2. Artemisia, tu sei una di quelle persone con le quali mi accingo a riprendere i contatti, dopo il tormentato e angosciante periodo. Tutto da qui derivava il mio spaesamento. Anche notevole in determinati momenti.

    Grazie e brindo idealmente anche con te.

    Cari saluti.

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