lunedì 19 aprile 2010

Nel paese l’Adro di bambini




Questo post si collega al precedente di cui è ideale prosecuzione. La deplorevole vicenda avvenuta ancora in un comune amministrato dai fascisti verdi (i legaioli), impregnata del razzismo più spregevole, perché rivolto contro i bambini, merita non solo l’approfondimento, ma la denuncia continua di ogni altro squallidissimo episodio analogo che si ripeterà, perché purtroppo in quello che era una volta il Bel Paese il livello di insofferenza, intolleranza e stupidità è sceso talmente in basso che rischia ormai di essere ritenuto la norma.
A seguire tre pezzi tratti da “il Fatto Quotidiano”, con una segnalazione particolare per l’articolo scritto da Dario Fo e Franca Rame. Poi un reportage de “il manifesto” sul luogo dell’infamia e la nota di Maria Novella Oppo su “l’Unità”. L’introduzione di Corrado Augias è parte integrante di queste considerazioni e il suo senso di estraneità verso questo Paese, per cosa è diventato, mi trova particolarmente d’accordo.


 
 

Il prezzo del pane


Elisabetta Reguitti
 

Rivolta contro l’imprenditore che ha pagato la mensa 'tagliata' dal sindaco leghista: "Nessuna buona azione rimarrà impunita"
Adro- "Nessuna buona azione rimarrà impunita". Saluta in questo modo Silvano Lancini dal citofono. "Non ho nulla da aggiungere al testo della lettera che avete pubblicato". Lui è l’imprenditore bresciano che ha deciso di saldare i conti delle famiglie morose della retta della mensa nella scuola elementare di Adro. Un bonifico annunciato da una lunga lettera in cui lui – che dichiara di aver votato Formigoni – ha deciso di fare un semplice gesto di generosità che rischia però di diventare un gesto di coraggio. Voleva rimanere innominato e sconosciuto ma così non è stato. Su Internet ieri girava la sua foto e il suo nome. Lancini è conosciuto in paese ma non conosce nessuna delle famiglie che beneficeranno della sua decisione. Decisione che ha scatenato un meccanismo di rivolta nella piccola località della Franciacorta in provincia di Brescia. Dove la gente pensa sia normale che "se non paghi non mangi".
Ville circondate da invalicabili muri di sasso, nuove costruzioni, piccole chiese e oratori, vigneti ordinati dove le zolle di terra sono perfette senza neppure un filo d’erba. Siamo in Franciacorta. Il paradiso del vino . L’ordine e il rigore prima di tutto. In un contesto sociale che però viaggia sempre più spesso su meccanismi di nepotismo che sfociano anche in favoritismo. Ma così da queste parti tutti sembrano contenti e soddisfatti. Detto questo, rimane il beneficio del dubbio perché un imprenditore, che compie il gesto di sborsare di tasca propria 10 mila euro per gente che non conosce e per giunta “forestiera”, decida di non parlare. Di non cercare visibilità sui giornali e nelle televisioni nazionali e magari pure un po’ di pubblicità per la sua azienda. Lui, un tempo insegnante di matematica nella stessa scuola dove prima di Pasqua agli alunni erano state consegnate delle buste chiuse nelle quali stava scritto che se le famiglie non avessero pagato il mercoledì successivo i bambini avrebbero saltato il pasto.
Un cinquantenne che dopo l’insegnamento si era buttato nell’informatica lavorando anche in Ibm e che ora è amministratore delegato di una società di software. Un signore sicuramente più che benestante. Che la solidarietà non vada firmata siamo tutti d’accordo. Ma forse c’è di più se un uomo vuole mantenere l’impegno a non parlare e tenere ferma la sua asticella del silenzio in zone del Paese “paladine dello spostare l’asticella dell’intolleranza di un passo all’anno” come scrive nel suo “manifesto” e che il Fatto Quotidiano ieri ha pubblicato integralmente. Il perché forse è da ricercare in quello che c’è. O, forse, quello che non c’è più. Per arrivare da Lancini si percorrono strade antiche trasformate nelle nuove, percorse da Suv guidati da signore che portano i propri piccoli alla partita del metà pomeriggio all’oratorio. Dove però i sacerdoti scuotono la testa schiudendo l’uscio della sacrestia bisbigliando di non avere niente da dire sulla vicenda del “salto del pasto”.
I politici qui hanno spiegato che bisogna avere paura degli stranieri. Ci sono ancora i manifesti della campagna elettorale in cui la Lega dichiara: “Tetto del 30% nelle scuole. Un’altra promessa mantenuta”. Ma Lancini nella sua lettera ragiona in modo diverso. Scrive che il sonno della ragione genera mostri. “Io sono per la legalità. Per tutti e per sempre. Per me quelli che non pagano sono tutti uguali, quando non pagano un pasto a scuola ma anche quando chiudono le aziende senza pagare i fornitori, i dipendenti o le banche. Anche quando girano con i macchinoni e non pagano tutte le tasse perché anche in quel caso qualcuno le paga per lui”. Perché un uomo di affari come Silvano Lancini non vuole pubblicità per la sua decisione? “Molto più dei soldi mi costerà il lavorio di diffamazione che come per altri casi verrà attivato da chi sa di avere la coda di paglia – continua la lettera di Lancini –. Mi consola il fatto che catturerà soltanto quelle persone che mi onorano del loro disprezzo”. E poi quella frase mandata per e-mail da un amico a Lancini: “Nessuna buona azione rimarrà impunita”.
(15 aprile 2010)


 

Adro, rivolta contro il benefattore dei bimbi
Elisabetta Reguitti
 


Nel paese del Bresciano le mamme contro il "pasto per tutti". In 200 scrivono al Comune per sostenere il sindaco leghista
Mamme in piazza per sostenere il sindaco che ha deciso di sospendere il pranzo ai bambini delle famiglie che non pagano la retta. Duecento genitori che scrivono annunciando che la mensa o la pagano tutti o tutti non la pagheranno. Il gesto di "saldare" le pendenze delle famiglie morose (ora sono 24 sulle 40 iniziali) fatto dall’imprenditore bresciano ha innescato proteste e una ancora più forte solidarietà al sindaco leghista di Adro Silvano Lancini, che guardacaso si chiama nello stesso identico modo del "rivoluzionario" benefattore. Segno forse che la politica dell’uno contro l’altro funziona.
Adro, 7 mila abitanti. Una sede leghista con una grande vetrata nella quale è appeso un enorme rosario. Adro, il paese in cui l’unica sala pubblica costa mille euro; così si evita di incentivare le eventuali riunioni pubbliche delle associazioni. Adro, dove il sindaco ha rinunciato al contributo regionale di oltre 50 mila euro per il bonus della casa (per tutti stranieri compresi) ma ha istituito un fondo comunale riservato soltanto per gli italiani.

Ma torniamo alla vicenda della mensa: molti bambini erano "colpevoli" di essere figli di genitori che non avevano pagato ciò che dovevano. Cifre che oscillavano dai 30 fino ad un massimo di 400 euro per un totale di ammanco di 16mila euro.
Come pensiero pasquale ai bambini vengono consegnate delle buste chiuse in cui i genitori vengono invitati a pagare. Diversamente, al rientro, ci sarebbe stato il "salto del pasto". Alcuni pagano altri no. Ma chi sono quelli che non pagano e soprattutto perché? Una domanda che l’amministrazione sembra non essersi posta. Di solito in questi casi ci sono assistenti sociali che cercano di capire le situazioni. Ad Adro no. E dunque: leghisti (magari in cassa integrazione) contro stranieri (magari pure loro in cassa integrazione). A queste latitudini sembra il mondo alla rovescia. Dove anche la Chiesa tace. Parlano magari le associazioni ma non i preti. Chi parla e cerca una soluzione è la Cgildi Brescia. Il neo-segretario Damiano Galletticrede che un sindacato debba unire anziché dividere e quindi propone, parla con il sindaco, scende in piazza cercando di fare qualcosa che serva. Qui il concetto che i bambini vengano prima di tutto sembra secondario. "Questi sono i frutti della politica di divisione della Lega. Genitori che fanno fatica a pagare la retta che anziché pretendere che il comune si occupi di loro attaccano gli altri".
I temi di cui parla la Cgilsono due e sono davvero semplici: il primo è attuare una seria valutazione di chi è in difficoltà da chi magari, invece, fa il "furbetto". Il secondo è più ampio e riguarda la sfera educativa. Considerare l’ora di pranzo (per i piccoli dell’asilo e delle elementari) inserita a pieno titolo nell’attività educativa e dunque meritevole di essere sostenuta anche dal piano economico delle istituzioni.
(15 aprile 2010)
 
 

Digiuno e castigo: scene dalla nuova Italia

Quei bambini puniti e umiliati: altro che Paese cristiano
di Dario Fo e Franca Rame
 

Qualche giorno fa, stando davanti al video e seguendo un telegiornale, Franca ed io siamo rimasti sconvolti. La cosa si è ripetuta anche nei giorni successivi. Siamo venuti a sapere che proprio qui, in Lombardia, in un complesso di scuole per l’infanzia, elementari e medie, ci sono dei bambini che al momento della distribuzione del cibo nella mensa si sono trovati con davanti un piatto, dentro al quale c’era un pezzo di pane, e un bicchiere d’acqua; mentre nel piatto degli altri bimbi c’era pastasciutta, e appresso formaggio e anche la frutta. Perché? Perché i genitori dei puniti non avevano pagato la retta, o anche solo erano in ritardo, e quindi i figlioli non avevano il diritto di mangiare! Digiuni per castigo dovevano restare! Pensiamo allo choc che devono aver provato questi ragazzini: fermi, davanti al panino, il bicchiere d’acqua; e gli altri che mangiavano. Sappiamo che alcuni fra i bambini, di quelli che avevano gli spaghetti, senza una parola ne hanno messo nel piatto vuoto dei compagni una o due forchettate.
Diciamo: una società che produce un dolore, una mortificazione, un’umiliazione di questo livello a dei ragazzini innocenti – ma che razza di società è? Che razza di valori ha nel corpo, nel cuore e nel cervello? Che cultura produce? Quale dimensione sociale? Ci siamo sentiti proprio male. E’ da ricordare che questi che inscenano spettacoli del genere sono gente nostra, della nostra razza. Sono loro che hanno ordinato di togliere il cibo ai bambini poveri, in quanto indegni dei vantaggi comuni. S’è saputo poi, che questi genitori non hanno mancato per strafottenza o per un atto di inciviltà, ma solo perché non avevano i denari per pagare la retta! E’ gente travolta dalla crisi, quasi tutti causa la perdita di un lavoro, e quindi senza paga, disoccupati. Ai gestori della cucina, ai gestori di questa economia e di questa scuola e del comune non importava niente. Importava: “Non paghi, non mangi”: anche se sei un bimbo devi soccombere, essere punito. Di colpo ci è venuto in mente Sant’Ambrogio.
Su di lui, il maggiore vescovo che la nostra città abbia avuto, abbiamo realizzato e messo in scena anche uno spettacolo al Piccolo Teatro di Milano, loStrehler. Siamo atei, ma abbiamo studiato profondamente la storia del cristianesimo. E abbiamo scoperto che Ambrogio possedeva un grande senso della collettività, che aveva preso parola, intervenendo con durezza al Senato di Milano, quando questa era stata eletta a Capitale dell’Impero d’Oriente e d’Occidente, portando avanti il diritto della dignità degli uomini: anche quando sono schiavi, anche quando sono privi di diritti.
Lui diceva: “Ricco signore, non t’accorgi che davanti alla tua porta c’è un uomo nudo, e tu sei tutto assorto a scegliere i marmi che dovranno ricoprire i muri. Quell’uomo chiede del pane e intanto il tuo cavallo mastica un morso d’oro. Tu vai in visibilio contemplando i tuoi arredi preziosi, e quell’uomo nudo trema di freddo di fronte a te e tu non lo degni di uno sguardo, non l’hai nemmeno riconosciuto. Sappi che ogni uomo affamato e senz’abito che viene alla tua porta è Gesù; ogni disperato è Gesù. E lo incontrerai il giorno in cui si chiuderà il tempo del mondo e lui, quello stesso uomo, verrà ad aprirti e ti chiederà: ‘Mi riconosci?’. “Voi, ricchi, dite: ‘C’è sempre tempo per pentirsi e pagare i debiti’. Ma non c’è peggior menzogna. Ricchi, non vi è nulla nella vostra attività di uomini che possa piacere a Dio. Anche se tenete appesa una croce sopra il letto e disponete di una cappella dove pregare soli e assistere alla messa. Voi vi stringete ai vostri beni, gridando ‘È mio!’. No, nulla è vostro su questa terra”. “Schiacciate le vostre regole di infamia e di ingiustizia. Ridate il diritto a chi non ne ha… il pane a chi non ne può masticare, impedito dalla vostra grettezza! Distribuitene, finché siete in tempo, ai disperati, ai derubati dalla vostra insolente avidità. Nessun lascito sostanzioso alla chiesa e al suo clero vi salverà”. “Vi dirò”, concludeva Ambrogio, “che non si può credere a un potere magnanimo, poiché chi lo possiede vuole tutto, anche le briciole. Perciò io sono per la comunità dei beni; io sono per l’uguaglianza fra uomini diversi. Perché solo il furto ha creato la proprietà privata”.
(15 aprile 2010)
 
 


Se il razzismo si siede a tavola
di Giorgio Salvetti - INVIATO A ADRO (BS)
 
Una giornata a Adro, il comune nel bresciano dove i cittadini insorgono contro il gesto di un benefattore che ha pagato la mensa ai bambini poveri e stranieri. Il sindaco leghista Oscar Lancini aveva ordinato alla scuola di non dare loro da mangiare a pranzo
Mor non vuole più andare a scuola. Ha sette anni, fa la prima elementare. È nato in Italia ma è nero come i suoi genitori senegalesi. Si nasconde per la vergogna. Guarda con gli occhi sbarrati i suoi compagni bianchi, le loro mamme che litigano con le mamme straniere davanti a giornalisti e telecamere. «Che succede?», chiede a suo padre. Omar, 42 anni, da 22 anni in Italia, operaio in cassa integrazione, alla fine gli ha dovuto rispondere: «Non abbiamo i soldi per la mensa della scuola e il sindaco non vuole che ti diano il pranzo». Mor ha la risposta pronta: «Allora io sto a casa». Adesso Mor potrà mangiare in mensa solo grazie al benefattore di destra, un imprenditore che non vuole essere nominato ma che ormai tutti hanno riconosciuto, che ha donato 10 mila euro al comune di Adro per saldare le rette che 40 famiglie, per lo più straniere, non riuscivano a pagare. Ma l'umiliazione che questi bambini hanno dovuto subire, non può essere ripagata. Sulla loro pelle il sindaco leghista Oscar Lancini da mesi gioca una battaglia ideologica e razzista. Settimana scorsa è arrivato al punto di ordinare che a scuola venisse negato il cibo ai bambini «morosi».
Gli abitanti di Adro, al posto di indignarsi e vergognarsi, lo votano in massa e lo appoggiano. Trenta mamme hanno deciso di fare uno «sciopero della mensa», e non pagare la retta per protesta. Per loro chi non ha pagato è solo un furbo, non un povero. E per di più straniero. L'offerta del generoso imprenditore è assistenzialismo che non risolve il problema: l'anno prossimo sarà tutto come prima. Le regole sono chiare: chi paga mangia, chi non paga mandi il figlio a scuola con un panino o se lo tenga a casa a pranzo. Caccia ai «morosi»

Mor vive in una casa di tre stanze al primo piano di una corte. Dorme in un lettone con sua sorella di tre anni e suo fratello di due anni. Il quarto fratello ha 8 mesi e dorme ai piedi del letto dei genitori. Il padre Omar lavora in una fonderia ma è in cassa integrazione da un anno. L'Inps gli paga 700 euro al mese, ma in ritardo. Non riesce a pagare nemmeno l'affitto di 400 euro, figuriamoci il pulmino e la mensa per il bambino: circa 3 euro al giorno per 5 giorni alla settimana. Tutti i suoi figli sono nati in Italia. La figlia di tre anni dovrebbe andare alla scuola materna ma lui non la manda perché non può permetterselo. Sul figlio grande però non ha dubbi: «Deve andare a scuola. Io ho lavorato una vita, ho versato i contributi e ho diritto ai servizi, specialmente ora che non sto lavorando - spiega - e invece il sindaco di Adro ha detto che a noi stranieri non vuole dare niente. Tante volte sono andato in comune. Non dico che mi deve dare tutto, che mi dia quello che può, ma niente no. Non lo accetto». Ha visto in tv i suoi compaesani dargli del furbo. «Io rispetto le regole, ho i documenti in regola, pago le tasse, quello che io ho dato allo Stato è dello Stato, non sono soldi del sindaco». Quando gli è arrivata a casa la lettera del comune che gli comunicava la sospensione della mensa ha deciso di tenere a casa suo figlio per due giorni, poi lo ha portato superando la vergogna. Suo figlio gli racconta che alcuni bambini italiani non lo salutano. «Anche a me succede la stessa cosa - spiega - alcuni italiani mi salutano, altri no. Questa è la nostra realtà e mio figlio deve imparare a farci i conti».
Un sindaco da Oscar
Mor però deve fare i conti anche con il sindaco leghista Oscar Lancini. Il «Sindaco da Oscar» - questo il suo slogan - è al secondo mandato, la prima volta è stato eletto con il 47%, la seconda con oltre il 60%. E la sua Lega alle regionali a Adro ha ottenuto il 70%. All'opposizione c'è Linfa, una lista civica che comprende anche i delusi di Forza Italia. Sono proprio loro ad essere stati contattati dal generoso imprenditore di destra.
Lancini si è fatto conoscere qualche anno fa quando si era inventato una taglia sui clandestini: 500 euro per ogni vigile che ne catturasse uno. In Franciacorta è un personaggio noto. Era proprietario con altri suoi famigliari della Elg (Eredi Lancini Giancarlo), una ditta di smaltimento di rifiuti. Il sindaco che lo ha preceduto fino al 2003, Paolo Barzani, raro esempio di repubblicano, racconta: «Ci sono stati tre processi, i primi due si sono risolti con l'assoluzione o con la prescrizione, il terzo è ancora in corso ma verrà prescritto. Lancini è arrivato al punto di nominare la parte civile per conto del comune in un processo contro la ditta di famiglia». Insomma, Lancini è uno che di legalità se ne intende. «La scuola materna pubblica e la mensa lui non la voleva, non voleva che fosse costruita - continua Barzani - Era arrivato a dire che non bisognava pagare le rette. E adesso sta ricostruendo le scuole in un'altra area per creare una zona residenziale in centro».
Arrivano i «nostri»

Davanti ai cancelli della scuola materna tre donne con il velo sono venute a prendere i loro figli. Jamila in Marocco era avvocato, qui fa la casalinga. Sua figlia vorrebbe tornare in Marocco perché li può giocare con gli altri bambini. Jamila non si ferma alla questione della mensa. «Ad Adro - sostiene - c'è una politica discriminatoria per gli stranieri su ogni questione». Ci mostra un volantino del comune - «Fondo integrativo comunale affitto: prima i nostri!» - dove si accusa «l'ingiusta erogazione del fondo affitti della Regione» che premierebbe gli stranieri, e annuncia un fondo solo per cittadini comunitari così come il bonus bebè.
Arriva un uomo bianco. Parli italiano? «Mia tant», risponde in bresciano. Ma Fatmir è kosovaro, anche lui in cassa integrazione. «Ho fatto il Pirellone a Milano - dice orgoglioso - ponteggi e ascensori». Suo figlio lo tiene a casa a mangiare perché non può permettersi la mensa. Suo moglie

aspetta da tempo l'assegno di maternità che non le arriva.
Duecento metri più in là, Romana Gandossi, 69 anni, della Spi Cgil, sta discutendo con due signore italiane. Romana è l'altra benefattrice di questa storia, insegna italiano ai bambini e agli adulti stranieri, è stata la prima a segnalare il problema alla Cgil di Brescia che segue da vicino la vicenda. Si è mossa sin da quando a novembre il sindaco aveva dato un bollino verde ai bambini che avevano pagato il pulmino e ordinava di far scendere gli altri. In questi giorni deve mediare, ascoltare, scarrozzare tutti, con a casa i tre nipotini. E in più, proprio come il generoso benefattore, deve prendersi le accuse delle mamme italiane. «State facendo politica strumentale - dice la meno esagitata - non bisognava fare questo casino. Nella lettere il benefattore ha detto che i nostri figli saranno tutti drogati in discoteca o davanti al Grande Fratello, non lo doveva dire. Se voleva dare i soldi poteva farlo in silenzio senza tanta pubblicità». Arriva un'altra signora con la figlia. «Non parlo, ho fretta», scappa. L'altra mamma, una ragazza giovane e alla moda, non si trattiene. «Quello lì non doveva pagare per quella gente, se no doveva pagare anche per me. L'anno prossimo chi paga? Lui non credo, e noi neanche. Tanto ai loro bambini davano da mangiare lo stesso. Questa è solo propaganda. E poi io non ci credo che questi non hanno i soldi, e comunque non è un problema mio».
(15 aprile 2010)
 
 
 









   FRONTE DEL VIDEO


Maria Novella Oppo



Sfortunati i poveri di Adro



La bellissima lettera del benefattore che ha pagato al Comune di Adro la mensa per i bambini lasciati senza mangiare, non è riuscita a toccare il cuore dei compaesani, ma ha toccato il loro portafoglio. Impressionanti le interviste alle mamme mandate in onda dal Tg3; soprattutto quella signora bionda truccata da velina che ha accennato con disprezzo a «quella gente lì», chiarendo poi che parlava degli extracomunitari. Ora, tutti i genitori che pagavano pretendono di essere sovvenzionati, perché, è chiaro, non sono mica fessi. E a dare loro ragione è intervenuto ieri mattina ad Omnibus anche il leghista Galli, che ha spiegato come, secondo lui, quello del paesino bresciano non sia affatto un episodio di razzismo, in quanto tra le famiglie non paganti ce n’erano anche di italiane. Una giustificazione che non giustifica niente, ma non lascia dubbi sul fatto che, secondo la Lega, non bisogna avere indulgenza verso la razza inferiore dei poveri.
(16 aprile 2010)
 

 


 


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