sabato 10 aprile 2010

L’essenza dell’assenza




Esistono piccoli gesti, che si scambiano le persone, che racchiudono un universo di sentimenti, più convincenti di mille discorsi, più avvincenti del miglior thriller mai pubblicato e che imprimono sulla quotidiana esistenza il vero senso, quello da cogliere subito per non disamorarsi della vita. E piccolo gesto era il suo, ripetuto più volte. Non faceva parte dei preliminari, che certo non racconterei qui, né era anticipo di lusinghiere promesse. Nulla di tutto questo, ma un gesto semplice, naturale, persino banale nel suo automatismo, però efficace, diretto al cuore. Esaltante. Capace di spazzare via oscuri presagi, in grado di alleviare inquietudini larvate, sotterranee che scavano senza sosta nell’anima e la debilitano. Un gesto rafforzativo che conservo nel luogo più profondo e che rievoco per convincermi che l’unione si rafforza, nonostante la distanza, la sporadicità degli incontri, la sofferenza anche – certo – per non averla accanto quando sarebbe giusto che ci fosse.
Quel gesto, fuggevole come un battito di ciglia, procura sensazioni appaganti e inebrianti. So che non lo ritroverei altrove: è unico e l’unicità è data dalla persona che ne è protagonista. Lei e non altre. Una sorta di marchio di fabbrica, il timbro posto sui giorni, pochi, in cui siamo stati insieme. Il ricordo è dolce e ancora carico di sensazioni. “Che bello vederti sereno e sorridente” mi ha scritto su Facebook un’amica di blog. E un’altra ha aggiunto: “Anche a me piace moltissimo questo tuo sorriso sereno! Sono davvero contenta di saperti felice”.
Le ringrazio ancora, ma il mio grazie va soprattutto alla donna che ha avuto il merito di rendermi “sereno e sorridente”. Non è cosa da poco.

Spiegata in questo modo l’assenza pasquale, resta da colmare il vuoto del precedente fine settimana, quello in cui sono stato confinato in una sezione elettorale come scrutatore. Mancavo da almeno cinque anni. Di certo la prima volta da blogger. Perciò avevo affidato a carta e penna, tra una scheda elettorale e l’altra, alcune annotazioni da un luogo privilegiato per osservare le persone, cercando di immaginare come vivano e cosa facciano. Questo è stato il risultato finale.

Trascino con me una bisaccia colma di interrogativi come la cornucopia della fortuna, dopo la domenica appena trascorsa a consegnare scheda e matita agli elettori.
Come si saranno formati un’opinione? Da dove hanno attinto le informazioni? Dove va quella giovane donna nel primo pomeriggio di festa? E se non fosse venuta qui al seggio dove sarebbe andata? E quella ragazzina, tale in apparenza, maggiorenne in realtà da almeno tre anni, cosa ci fa nella sezione elettorale a metà giornata? Quali sono i suoi svaghi, i suoi interessi?
Quale motivo spinge le persone a fare ordinatamente la fila per esercitare la democrazia? Come si sentono con quella scheda tra le mani? Riecheggiano le chiacchiere propagandistiche di poche ore prima? Cosa vedono in quei simboli? Cosa rappresentano per il disincanto o lo scetticismo dei più anziani? E per chi è al primo voto cosa significano? E, tornati a casa, ne parleranno ancora? Qual è stato il significato di questa giornata? Davvero si celebra la democrazia attraverso il diritto-dovere di voto? È ancora così alto e nobile questo concetto?
S’intrecciano piccole storie di grandi malattie. La dimensione ridotta dalla permanenza, non dalla gravità. Il tempo fugace di un racconto, di un aggiornamento, assieme alla tristezza. Tanta. Persone che non vedo da tempo e che stento talvolta a riconoscere. Se anziani avanzano traballando, certuni appoggiandosi ad un bastone quando manca una spalla amica. Cerco in volti scavati, tracce del ricordo di un tempo, sovente neppure molto lontano. La malattia della vecchiaia procede inesorabile. Ci sono poi giovani uomini, conosciuti da bambini e che non chiamo, nè saluto con calore per timore d’incorrere in un abbaglio.
Ecco due donne anziane, entrambe vedove – come denuncia la tessera elettorale – che arrivano insieme, scherzano, ridono, si fanno compagnia a vicenda.
Di prima mattina aveva fatto irruzione una coppia (lui e lei) di motociclisti, attrezzati di tutto punto, pronti ad una gita fuori porta, parecchio fuori porta visto che comunicano la meta. E tutti ad invidiarli, perché c’è il sole e insomma la giornata promette bene. Ma a colpirmi maggiormente tra i volti e i nomi, un ragazzo con acconciatura rasta che non passa inosservato. Alle lunghe treccine non faccio caso, però ad un curioso particolare sì, perché il documento di riconoscimento che esibisce è un tesserino del ministero della Difesa. E così, anche il giorno dopo, mi ritrovo a chiedermi che mestiere possa fare al ministero un tipo così, a meno che non sia un hacker istituzionalizzato. E allora tutto torna.

Durante lo scrutinio tornano anche l’annuncio su una scheda che :“Paolo ama Francesca”, in un’altra la sobrietà di mandare un “vaff. porci”, poi l’equanimità di chi, per non far torto a nessuno, regala una croce ad ogni simbolo. Così sono tutti contenti. Poi la ribalta è per i vinti e per i vincitori.


6 commenti:


  1. Sono davvero contenta del tuo periodo positivo.
    Molto carino il tuo racconto del seggio.
    Ciao,
    Artemisia

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  2. Artemisia, si cerca di raccogliere anche schegge positive, poi mettendole assieme formano un discreto affresco. Altro, cioè di stare e di star bene con una donna importante, non chiedo.
    L'esperienza al seggio elettorale è a tratti allucinante (la domenica sera stenti a prender sonno, per gli incubi -dico davvero- delle persone che tornano a passare e ripassare con scheda e matita), poi se si trova "la quadra" tutto procede bene, anche se è singolare tutto quel tempo trascorso con persone che conosci appena, oppure conosci solo in quella circostanza e che al termine dello scrutinio sembrano familiari. E poi, dopo qualche giorno, ovviamente si dissolvono.
    Era anche la prima volta da blogger, carta e penna non mancavano, assieme alle pause e così mi sono messo a schizzare ritrattini.
    Grazie per aver apprezzato.
    Un caro saluto.

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  3. kittymol77aprile 14, 2010

    Simpatica l'idea di mettere una croce su ogni simbolo e far contenti tutti. Ironica ed efficace quanto un vaffa..

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  4. kittymol77, la "simpatica idea"per fortuna non si è ripetuta, perchè avrebbe costretto ad una registrazione multipla nelle tabelle di scrutinio e questo, nella fase cruciale dello spoglio, sotto la pressione degli astanti che bramavano di conoscere, quasi sopraffatti dalla stanchezza, non sarebbe stato esaltante.

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  5. marzia, grazie. Viva Napoli, certo :-). E più che di felicità, parlo di tranquillità sentimentale. E' già tanto.

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  6. Grazie a te.
    Ciao.
    Artemisia

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