Apro “il Fatto” e leggo che: il senatore Dell’Utri ammette, in un’intervista a Beatrice Borromeo, di essersi candidato per sfuggire alla galera; che il papi superottimista se la spassa acquistando la 28ª villa e che in Iran sono irritati (chiaro eufemismo) con lo stesso plutocrate, tanto da assaltare l’ambasciata italiana al grido di “Morte all’Italia e morte a B.”. Solo per quest’ultimo afflato di entusiasmo mi verrebbe da proporre gli “attaccanti” per la cittadinanza italiana (e il conseguente diritto di voto). Magari è la volta buona che…
L’attenzione si è concentrata sul carrello che ha riempito il papi (il papi-carrello cioè) e il disgusto ormai incontenibile per lui e i suoi servi più bavosi che mai. Tra costoro colloco naturalmente quei milioni di connazionali che hanno permesso questo scempio e che non potranno mai essere miei amici. Triste doverlo ammettere ed è anche questo un segno dei tempi cupissimi che stiamo vivendo.
L’Italia è al palo? E B. si regala la reggia n° 28 del suo parco. Il tesoro Fininvest e il record su “Forbes”: la chiamano politica.
di Gianni Barbacetto
Il suo ultimo acquisto, Villa Gernetto di Lesmo, in Brianza, è la dimora numero 28, ultima di una serie che parte da Villa San Martino ad Arcore, passa per Villa Belvedere a Macherio, Villa Certosa in Sardegna, Villa Campari a Lesa sul Lago Maggiore, e arriva fino alle ben sette ville caraibiche di Antigua. È chiaro che l’ottimismo di Silvio nei confronti della crisi è giustificato: gli affari, a lui, vanno a gonfie vele. La classifica di Forbes gli attribuisce oggi un patrimonio personale di 6,5 miliardi di dollari (4,7 miliardi di euro) che lo rende il 2° uomo più ricco d’Italia (lo batte solo Michele Ferrero, della Nutella) e il 70° nel mondo. In ascesa: ha scalato ben venti posizioni rispetto alla classifica dell’anno precedente. Il suo gruppo, a valori di Borsa, anche in un periodaccio come quello che stiamo vivendo, pesa 6 miliardi di euro. Un tesoro custodito da sette holding che controllano l’intero capitale Fininvest, il quale a sua volta controlla la maggioranza di Mediaset, Mondadori, il Milan e una bella fetta del gruppo Mediolanum. Il malloppo è stato diviso tra i figli nel
Quello che non si discute è la progressione geometrica con cui Silvio ha accresciuto la sua ricchezza nei 15 anni di attività politica. Era partito nel
La situazione d’allarme è tale che le banche più esposte con Fininvest (Comit, Cariplo, Bnl, Banca di Roma, Credit) chiedono a Berlusconi il risanamento del gruppo e gli impongono un “commissario”, Franco Tatò, come amministratore delegato. Contemporaneamente, cadono i padrini politici di Berlusconi e le inchieste giudiziarie di Mani Pulite cominciano a lambire i manager del Biscione. È in questo clima terribile che Silvio, come un giocatore di poker sull’orlo del tracollo, rilancia, rischia tutto, osa l’impensabile. Sul fronte politico s’inventa in pochi mesi un partito. Sul fronte aziendale, vara il “progetto Wave”, cioè la quotazione in Borsa del gruppo e la nascita di Mediaset.
Il cammino si conclude nel 1996, con i “comunisti” (così li chiama Silvio) al governo. Nel prospetto di collocamento in Borsa depositato in Consob nel giugno 1996 c’è un paragrafo (forse non a caso il numero 17) in cui sono elencate quattro pagine di “procedimenti giudiziari e arbitrali”. Un elenco di guai giudiziari che si conclude così: “
Così Mediaset entra trionfalmente in Borsa e il mercato risolve i drammatici problemi finanziari di Berlusconi. Sei mesi dopo la quotazione, inizio del 1997,
(10 febbraio 2010)
“Altro che presidente operaio: per lui le ville, noi sui tetti delle fabbriche”
DALLA YAMAHA ALLA CHIMICA:
di Elisabetta Reguitti
Il premier compra ville e gli operai cassintegrati della Brianza osservano incazzati. In particolare quelli della Yamaha di Lesmo che sono dovuti salire sul tetto (per 10 giorni a meno 12 gradi) solo per riuscire a ottenere un loro diritto prima del baratro del licenziamento: la cassa integrazione straordinaria per 70 persone che oggi vivono con un assegno di 700 euro. La loro azienda sorge proprio a metà strada tra Arcore e la nuova reggia settecentesca di Villa Gernetto. “Durante i nostri giorni di presidio vedevamo sfrecciare le auto blu della scorta di Berlusconi – racconta Angelo Caprotti. Quante volte abbiamo pensato che almeno si fermasse. Perché avremmo avuto molte cose da dirgli”. È un fiume in piena Angelo. È quasi impossibile fermare il suo racconto davvero paradossale pensando che
Angelo Caprotti ha 51 anni e si sente senza futuro. Lui e la moglie lavoravano alla Yamaha. Sei mesi fa hanno perso l’unico figlio 21enne. “Cosa mi rimane dopo che abbiamo anche perso il lavoro? Berlusconi mi vuole spiegare cosa ce ne facciamo noi operai senza stipendio dell’Università del pensiero Liberale?”. Angelo non capisce come il governo non sia in grado di opporsi alle scelte aziendali di chiudere e trasferire come se niente fosse le imprese. Qualche mese fa, ad esempio, un artigiano del legno di Nova Milanese si è tagliato le vene dopo aver consegnato la disperazione a un bigliettino lasciato alla famiglia: “Non ce la faccio più”. E dopo poco un piccolo imprenditore di Ronco Briantino - settore delle slot machine - si era impiccato per sfuggire agli usurai. Sull’orlo di una crisi di nervi, oltre agli operai quindi ci sono anche tanti piccoli imprenditori.
(10 febbraio 2010)
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