venerdì 8 agosto 2008

La libertà di scegliere, la dignità di morire


“È bene ricordare che al tempo di Terry Schiavo queste tesi (il risveglio sempre possibile) hanno addirittura portato a dire che la donna parlas­se. Si è poi fatto subito scen­dere una cortina di silen­zio sui risultati dell'autop­sia che ha confermato la quasi completa distruzio­ne del talamo e l'impossibi­lità di ogni relazione e ca­pacità di dolore. La situazione di Eluana è tragica, ma va risolta guar­dando in faccia alla realtà. E soprattutto vanno rispet­tate le scelte dei genitori Englaro, troppo spesso og­getto di critiche poco ri­guardose. La Consulta di Bioetica sostiene la scelta degli Englaro e spera che, col sostegno di tanti citta­dini, i valori secolari già prevalenti tra la gente ab­biano maggiore rilievo sul piano pubblico e più ade­guata rappresentanza su quello politico e istituzio­nale”. (m.m.)


SOTTO LA LENTE Perché è più dignitosa e giusta la scelta che è stata fatta.

Dieci domande sul caso Englaro

di Maurizio Mori*


*(Presidente della Consulta di Bioetica On/us, Professore di bioetica, Università di Torino)


Il 16 ottobre 2007 la Corte di Cassazione ha deciso il riesame del "caso Englaro" stabilendo che la richiesta dei genitori di Elua­na di sospendere la terapia che da 16 anni la tiene in Stato Vegetati­vo Permanente (SVP) fosse valuta­ta sulla scorta dei due seguenti criteri:

1) l'assenza di possibilità di risve­glio oltre ogni ragionevole dub­bio,

2) l'accertamento della volontà che Eluana non avrebbe voluto vi­vere in quella condizione.

Dopo gli opportuni approfondi­menti, il 9 luglio 2008 la Corte d'Appello di Milano ha accolto la richiesta Englaro, consentendo la sospensione delle terapie. Diversi sondaggi d'opinione confermano che circa l'80% degli italiani condi­vide la scelta degli Englaro. Ma la chiesa cattolica si oppone con un grande fuoco di sbarramento, che è giunto persino a sollecitare contrasti tra istituzioni statali. Esami­niamo qui le principali critiche mosse dando a ciascuna di esse una breve risposta razionale.


Obiezione 1: La decisione della Corte d'Appello «è un attac­co al mistero della vita, alla sua sacralità» (mons. L. Negri, Av­venire, 12 luglio, p. 4).

Risposta. La Corte non muove al­cun "attacco" ma solo constata che il "mistero" della vita sta dis­solvendosi, perché la scienza ci for­nisce conoscenze sempre più pre­cise. Come ha scritto il professor Mario Manfredi, già Presidente della Società Italiana di Neurolo­gia, dopo un periodo di oltre 16 an­ni la residua possibilità di ricupero è «estremamente minima». La Corte aiuta i cittadini a guardare in faccia la realtà e consente a per­sone come gli Englaro di decidere con responsabilità sul da farsi, sen­za continuare a vivere secondo il vecchio criterio sacrale connesso all'alone di mistero che avvolgeva il vivente e che ancora evoca emo­zioni profonde. È vero, comun­que, che la crisi del principio di sacralità della vita umana genera in molti sconcerto, sgomento e an­che panico. Hanno l'impressione è che il mondo intero crolli senza scampo e prevedono omicidi e la fine della convivenza civile. Di qui le preghiere e gli altri riti di purifi­cazione richiesti per riparare la vio­lazione dei tabù. L'abbiamo già vi­sto, ad esempio, al tempo del di­vorzio, quando la crisi dell'indisso­lubilità sembrava provocasse la di­sgregazione della famiglia e la dis­soluzione della civiltà stessa. Inve­ce le famiglie continuano a formar­si ed assumono nuove forme più rispettose degli affetti e dei diritti personali. Forse c'è stato un miglio­ramento, che potrebbe ripetersi anche con l'abbandono della sa­cralità della vita. La crescita civile esige una visione razionale che metta da parte i sentimenti atavici e la viscerale paura del nuovo.


Obiezione 2: La decisione della Corte d'Appello è sbagliata perché «la vita è qualcosa di assolutamente indisponibile all'azione umana» (card. A. Bagnasco, Avvenire, 13 luglio, p. 4).

Risposta. Quest'obiezione è una conseguenza della sacralità e cade con essa. Conosciamo i meccani­smi dei processi vitali e li modifi­chiamo in tanti modi: continuare a ripetere che la vita è indisponibi­le è chiudere gli occhi di fronte al­la realtà. Volenti o nolenti la vita umana è nelle nostre mani. Chi continua a desiderare o prescrive­re che la vita debba seguire un pro­prio misterioso e imperscrutabile corso cerca solo di sottrarre l'uo­mo alle proprie responsabilità. Queste a volte sono gravose, ma vanno affrontate.


Obiezione 3: «Il paletto dell'in­violabilità della vita... (DEVE) prevalere, sia pure dolorosamente, sull'interesse del singolo che, non senza le pro­prie ragioni, richiede allo Sta­to di farlo saltare... a difesa di tante altre vite deboli... Vedo all'orizzonte troppe vittime se saltasse questo paletto» (dr. P.P. Donadio, Avvenire 19 luglio, p. 12).

Risposta. Un clinico riconosce che la sacralità della vita non vale più in sé: il singolo ha ottime ragioni per farlo saltare! (soprattutto dopo oltre 16 anni di SVP). Ma andrebbe difeso per presunte ragioni di utilità generale! Quest'errore nell'intendere l'utilità generale dimo­stra come la sacralità della vita sia irrispettosa delle persone.


Obiezione 4: «Un "risveglio" non si può mai negare" (Avve­nire, 17 luglio, p. 11), perché 25 "luminari" della neurolo­gia italiana affermano che non c'è la «certezza di irrever­sibilità» del SVP.

Risposta. L'errore sta nel fatto che nulla è certo circa il futuro: nean­che che domani il Sole sorga anco­ra. Dobbiamo accontentarci delle (altissime) probabilità. E queste ci dicono che dopo 16 anni è fuor di dubbio che per Eluana non ci sarà mai più un «risveglio». Voler alimentare la speranza contro ogni dato ragionevole è un modo di ri­proporre la sacralità vitalista, che a volte ricorre ad affermazioni in­fondate come quella che circa «metà delle diagnosi (DI SVP) so­no sbagliate» (G.B. Guizzetti, Tem­pi 17 luglio, p. 11) per spaventare facendo terrorismo psicologico.


Obiezione 5 : «Togliere idratzione e nutrimento nel caso spe­cifico è come togliere da man­giare e da bere a una persona che ne ha bisogno, come ne ha bisogno ognuno di noi»(card. A. Bagnasco, Avvenire, 16 lu­glio, p. 9).

Risposta. «Mangiare e bere» è un'azione volontaria con sensazio­ni: da oltre 16 anni Eluana non «mangia né beve». Le iniettano so­stanze chimiche con la terapia nu­trizionale. Ecco dove sta la diffe­renza. Eluana non voleva conti­nuare quella terapia.


Obiezione 6: Farla morire di fa­me e di sete è «la morte peg­giore che possa essere inflitta a un essere umano» ("Medicina e Persona", Comunicato Stampa). Se non soffre «qualcuno mi spieghi allora perché il tribu­nale raccomanda di sedarla» (dr. G. Gigli, Avvenire, 13 luglio, p. 5).

Risposta. Far credere che Eluana soffrirà la fame e la sete è specula­zione di basso profilo tesa a suscita­re ripugnanza e raccapriccio facen­do appello a immagini note di va­rio tipo (dal conte Ugolino a Walt Disney). In realtà i centri nervosi responsabili delle ricezione del do­lore sono distrutti e la morte avver­rà per deperimento. Il tribunale ha raccomandato la sedazione come misura di rispetto e di precauzio­ne. Anche la British Medical Association raccomanda l'anestesia per i morti cerebrali prima del prelievo d'organo (per sopprimere i ri­flessi viscerali). Non ne discende che i morti soffrano. Assodato que­sto, si potrebbe pensare ad un in­tervento attivo che chiuda la parti­ta in modo più rapido. Dal punto di vista morale può essere meglio, ma da quello giuridico non è con­sentito, per cui ci si deve limitare alla sospensione della terapia- punto garantito dal diritto italiano.


Obiezione 7: Come si fa a dire che Eluana non avrebbe volu­to vivere in stato vegetativo? È vero che lo ha detto prima dell'incidente, quando aveva 20 anni ed era sana: «parole che chiunque potrebbe pro­nunciare e sottoscriverebbe, ma che non possono avere va­lore di "testamento biologi­co"» (L. Bellaspiga, Avvenire 16 lu­glio, p. 9).

Risposta. Sarebbe meglio se il vitali­sta dicesse chiaro e tondo che il consenso (pregresso o attuale che sia) non vale niente di fronte al va­lore sacro della vita. Welby lo die­de qualche minuto prima della so­spensione della terapia ben sapen­do che cosa significasse: ma nean­che lì il suo consenso contava, e il dr. Mario Riccio ha avuto guai! Se anche ci fosse una firma apposta a 20 anni su un foglio scritto, che va­lore avrebbe mai?! Non c'è, e ci si aggrappa anche questo, in stile Az­zeccagarbugli. Quelle espresse da Eluana sono le sue ultime volontà e non possiamo immaginarcene altre, essendo subito caduta in uno stato che - per via della distru­zione della corteccia - non consen­te di averne più. Se vale il consen­so, allora le parole pronunciate da Eluana e fedelmente riportate da testimoni hanno valore decisivo per procedere alla sospensione del­la terapia nutrizionale.


Obiezione 8: Ma quella nutri­zionale non è una terapia, an­che perché lo stato vegetativo «non è una malattia» (dr. G.B. Guizzetti, Avvenire 19 luglio, p. 10) ma è «una grave disabili­tà» da tutelare. L'alimenta­zione artificiale, poi, non è ac­canimento terapeutico per­ché non c'è «nessuna macchina, nessun supporto tecnolo­gico».

Risposta. Evito le discussioni sui concetti di malattia e di disabilità, anche se l'idea che lo SVP sia una semplice diminuzione di capacità sembra dire che lo zero sia un «uno rimpicciolito». Concedendo che lo SVP sia una disabilità estre­ma, non ne consegue che la sua tu­tela debba portare al prolunga­mento della vita: se l'interessato non voleva vivere in quello stato, sarebbe «farle un torto». Il rispetto dovuto a un disabile comporta il ri­spetto delle sue scelte. L'insistenza «pro vita» è una forma di indebita violenza poco rispettosa della fragi­lità di chi ha scelto. Che dire poi della pompa che si usa per l'ali­mentazione artificiale? Non è for­se una «macchina»? A parte que­sto, dire che c'è accanimento solo in presenza di macchinalr è un modo ingenuo di ragionare, come quello che porta a credere si possa torturare solo col fuoco, ruota e ur­la di dolore. Come ci può essere tortura anche senza fuoco, mac­chine ecc., così ci sono forme più sottili di accanimento anche sen­za macchinari: quando non c'è vo­lontà e consenso c'è accanimento.


Obiezione 9: Non sarebbe me­glio lasciare Eluana alle suo­re che la curano, invece di procedere alla sospensione della terapia?

Risposta. Non so se sia davvero me­glio continuare a vegetare o inve­ce chiudere con dignità. Ma è cer­to che quand'anche «vegetare» fosse un qualcosa di positivo, non sarebbe «buono» ove non fosse vo­luto. Dare una carezza o un’ele­mosina sono gesti in prima battu­ta positivi (che non fanno male) ma diventano cattivi ove fossero imposti ad una persona che non li vuole. Solo un residuo di vitali­smo può indurci a credere diversa­mente: eccessiva è l'insistenza po­sta nel dissuadere i genitori Engla­ro. Esemplare è il modo fermo con cui difendono la dignità della fi­glia, (a cura di m.m.)


La Consul­ta di Bioetica Onlus, associazio­ne culturale che promuove la bioetica in prospettiva laica. Per informazioni: www. consultadibioetica.org o chiamare il nu­mero 0258300423. Come onlus può ricevere donazioni ed essere destinataria del 5 per mille: nella dichiarazione dei redditi basta mettere la firma nello spazio riservato alle onlus e indicare il codice fiscale: 97362610152


l’Unità (26 luglio 2008)


Io, naturalmente, sto con Giuseppe Englaro.

Il pezzo che segnalo all'attenzione l'ho trovato interessante e illuminante. Ma ancora una volta, l'ennesima, questo Paese deve fare i conti con l'ormai ingombrante presenza di uno Stato nello Stato che pretende che sia legge ciò che è un personale e anacronistico punto di vista.


 

2 commenti:

  1. sì con il padre che dobbiamo rispettare..in silenzio. ma soprattutto con ELUANA e il suo DIRITTO a una morte dignitosa . il vaticano non può/deve governare le scelte dello Stato.lo STATO deve essere "rappresentante" di TUTTI i suoi cittadini. chi vuole vivere "vegetale" xchè la sua religione così vuole e chi crede che la VITA sia altro.buenas tardes :)

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  2. kittymol77agosto 09, 2008

    Trovo che ci sia una tale arroganza in questo caso, da farmi pensare solo a una cosa: ma se nei casi di morte per incidente stradale si finisce al 90% per assolvere l'omicida, di che cavolo stiamo parlando? Forse chi viene ucciso in quello stesso incidente aveva una vita meno "sacra"?Come in ogni caso di prolungamento terapeutico della vita, vedo solo l'arroganza della classe medica. Che pur di salvare se stessa si accanisce snornandoci anche teorie su come o quando sia lecito dare o togliere la vita. So di essere brutale, e vuol essere una provocazione: ma com'è che tutti 'sti ragionamenti non avvengono nei casi di incidente in cui si autorizza il prelievo di organi mentre il cuore ancora batte? Se la scienza stessa ammette di non avere certezze al 100%, perché non si tira indietro di fronte al rispetto di ciò che non conosce e non lascia al padre, unico altro essere umano che abbia un qualche titolo a farlo (a mio avviso), la decisione di far smettere questa o meno questa pseudo-vita? magari sbaglia, sono certa che èpersona in grado di assumersi le eventuali colpe di fronte al"sacro". Ma con quale diritto ci si vuole appropriare di una verità in base alla quale agire su questa scelta? Penso che a questopadre dovremo fare un monumento. Per il coraggio e la dignità con cui porta avanti una battaglia su una questione che ci riguarda solo in quanto potrebbe succedere ad ognuno di noi. E se ne assume tutto il peso da solo. Zitta dovrebbe stare la classe medica. Zitta la chiesa. Zitti tutti. Che nessuno di noi sa davvero cosa farebbe se si trovasse al posto non del padre, ma di Eluana. Davvero si vorrebbe, al suo posto, continuare una vita come "oggetto"? Perché, quella vita, come soggetto, è terminata molto tempo fa...Se niente sappiamo riguardo un possibile risveglio, sappiamo con certezza che nulla di ciò che la tiene in vita èdeciso da lei, che ogni cosa le è imposta e che la sua impossibilità a reazioni che ne indichino un assenso o dissenso, non possiamoche parlare di volontà esterne che si accaniscono su un corpo senza volontà.

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