“È bene ricordare che al tempo di Terry Schiavo queste tesi (il risveglio sempre possibile) hanno addirittura portato a dire che la donna parlasse. Si è poi fatto subito scendere una cortina di silenzio sui risultati dell'autopsia che ha confermato la quasi completa distruzione del talamo e l'impossibilità di ogni relazione e capacità di dolore. La situazione di Eluana è tragica, ma va risolta guardando in faccia alla realtà. E soprattutto vanno rispettate le scelte dei genitori Englaro, troppo spesso oggetto di critiche poco riguardose.
Dieci domande sul caso Englaro
di Maurizio Mori*
*(Presidente della Consulta di Bioetica On/us, Professore di bioetica, Università di Torino)
1) l'assenza di possibilità di risveglio oltre ogni ragionevole dubbio,
2) l'accertamento della volontà che Eluana non avrebbe voluto vivere in quella condizione.
Dopo gli opportuni approfondimenti, il 9 luglio 2008
Obiezione 1: La decisione della Corte d'Appello «è un attacco al mistero della vita, alla sua sacralità» (mons. L. Negri, Avvenire, 12 luglio, p. 4).
Risposta.
Obiezione 2: La decisione della Corte d'Appello è sbagliata perché «la vita è qualcosa di assolutamente indisponibile all'azione umana» (card. A. Bagnasco, Avvenire, 13 luglio, p. 4).
Risposta. Quest'obiezione è una conseguenza della sacralità e cade con essa. Conosciamo i meccanismi dei processi vitali e li modifichiamo in tanti modi: continuare a ripetere che la vita è indisponibile è chiudere gli occhi di fronte alla realtà. Volenti o nolenti la vita umana è nelle nostre mani. Chi continua a desiderare o prescrivere che la vita debba seguire un proprio misterioso e imperscrutabile corso cerca solo di sottrarre l'uomo alle proprie responsabilità. Queste a volte sono gravose, ma vanno affrontate.
Obiezione 3: «Il paletto dell'inviolabilità della vita... (DEVE) prevalere, sia pure dolorosamente, sull'interesse del singolo che, non senza le proprie ragioni, richiede allo Stato di farlo saltare... a difesa di tante altre vite deboli... Vedo all'orizzonte troppe vittime se saltasse questo paletto» (dr. P.P. Donadio, Avvenire 19 luglio, p. 12).
Risposta. Un clinico riconosce che la sacralità della vita non vale più in sé: il singolo ha ottime ragioni per farlo saltare! (soprattutto dopo oltre 16 anni di SVP). Ma andrebbe difeso per presunte ragioni di utilità generale! Quest'errore nell'intendere l'utilità generale dimostra come la sacralità della vita sia irrispettosa delle persone.
Obiezione 4: «Un "risveglio" non si può mai negare" (Avvenire, 17 luglio, p. 11), perché 25 "luminari" della neurologia italiana affermano che non c'è la «certezza di irreversibilità» del SVP.
Risposta. L'errore sta nel fatto che nulla è certo circa il futuro: neanche che domani il Sole sorga ancora. Dobbiamo accontentarci delle (altissime) probabilità. E queste ci dicono che dopo 16 anni è fuor di dubbio che per Eluana non ci sarà mai più un «risveglio». Voler alimentare la speranza contro ogni dato ragionevole è un modo di riproporre la sacralità vitalista, che a volte ricorre ad affermazioni infondate come quella che circa «metà delle diagnosi (DI SVP) sono sbagliate» (G.B. Guizzetti, Tempi 17 luglio, p. 11) per spaventare facendo terrorismo psicologico.
Obiezione 5 : «Togliere idratzione e nutrimento nel caso specifico è come togliere da mangiare e da bere a una persona che ne ha bisogno, come ne ha bisogno ognuno di noi»(card. A. Bagnasco, Avvenire, 16 luglio, p. 9).
Risposta. «Mangiare e bere» è un'azione volontaria con sensazioni: da oltre 16 anni Eluana non «mangia né beve». Le iniettano sostanze chimiche con la terapia nutrizionale. Ecco dove sta la differenza. Eluana non voleva continuare quella terapia.
Obiezione 6: Farla morire di fame e di sete è «la morte peggiore che possa essere inflitta a un essere umano» ("Medicina e Persona", Comunicato Stampa). Se non soffre «qualcuno mi spieghi allora perché il tribunale raccomanda di sedarla» (dr. G. Gigli, Avvenire, 13 luglio, p. 5).
Risposta. Far credere che Eluana soffrirà la fame e la sete è speculazione di basso profilo tesa a suscitare ripugnanza e raccapriccio facendo appello a immagini note di vario tipo (dal conte Ugolino a Walt Disney). In realtà i centri nervosi responsabili delle ricezione del dolore sono distrutti e la morte avverrà per deperimento. Il tribunale ha raccomandato la sedazione come misura di rispetto e di precauzione. Anche
Obiezione 7: Come si fa a dire che Eluana non avrebbe voluto vivere in stato vegetativo? È vero che lo ha detto prima dell'incidente, quando aveva 20 anni ed era sana: «parole che chiunque potrebbe pronunciare e sottoscriverebbe, ma che non possono avere valore di "testamento biologico"» (L. Bellaspiga, Avvenire 16 luglio, p. 9).
Risposta. Sarebbe meglio se il vitalista dicesse chiaro e tondo che il consenso (pregresso o attuale che sia) non vale niente di fronte al valore sacro della vita. Welby lo diede qualche minuto prima della sospensione della terapia ben sapendo che cosa significasse: ma neanche lì il suo consenso contava, e il dr. Mario Riccio ha avuto guai! Se anche ci fosse una firma apposta a 20 anni su un foglio scritto, che valore avrebbe mai?! Non c'è, e ci si aggrappa anche questo, in stile Azzeccagarbugli. Quelle espresse da Eluana sono le sue ultime volontà e non possiamo immaginarcene altre, essendo subito caduta in uno stato che - per via della distruzione della corteccia - non consente di averne più. Se vale il consenso, allora le parole pronunciate da Eluana e fedelmente riportate da testimoni hanno valore decisivo per procedere alla sospensione della terapia nutrizionale.
Obiezione 8: Ma quella nutrizionale non è una terapia, anche perché lo stato vegetativo «non è una malattia» (dr. G.B. Guizzetti, Avvenire 19 luglio, p. 10) ma è «una grave disabilità» da tutelare. L'alimentazione artificiale, poi, non è accanimento terapeutico perché non c'è «nessuna macchina, nessun supporto tecnologico».
Risposta. Evito le discussioni sui concetti di malattia e di disabilità, anche se l'idea che lo SVP sia una semplice diminuzione di capacità sembra dire che lo zero sia un «uno rimpicciolito». Concedendo che lo SVP sia una disabilità estrema, non ne consegue che la sua tutela debba portare al prolungamento della vita: se l'interessato non voleva vivere in quello stato, sarebbe «farle un torto». Il rispetto dovuto a un disabile comporta il rispetto delle sue scelte. L'insistenza «pro vita» è una forma di indebita violenza poco rispettosa della fragilità di chi ha scelto. Che dire poi della pompa che si usa per l'alimentazione artificiale? Non è forse una «macchina»? A parte questo, dire che c'è accanimento solo in presenza di macchinalr è un modo ingenuo di ragionare, come quello che porta a credere si possa torturare solo col fuoco, ruota e urla di dolore. Come ci può essere tortura anche senza fuoco, macchine ecc., così ci sono forme più sottili di accanimento anche senza macchinari: quando non c'è volontà e consenso c'è accanimento.
Obiezione 9: Non sarebbe meglio lasciare Eluana alle suore che la curano, invece di procedere alla sospensione della terapia?
Risposta. Non so se sia davvero meglio continuare a vegetare o invece chiudere con dignità. Ma è certo che quand'anche «vegetare» fosse un qualcosa di positivo, non sarebbe «buono» ove non fosse voluto. Dare una carezza o un’elemosina sono gesti in prima battuta positivi (che non fanno male) ma diventano cattivi ove fossero imposti ad una persona che non li vuole. Solo un residuo di vitalismo può indurci a credere diversamente: eccessiva è l'insistenza posta nel dissuadere i genitori Englaro. Esemplare è il modo fermo con cui difendono la dignità della figlia, (a cura di m.m.)
l’Unità (26 luglio 2008)
Io, naturalmente, sto con Giuseppe Englaro.
Il pezzo che segnalo all'attenzione l'ho trovato interessante e illuminante. Ma ancora una volta, l'ennesima, questo Paese deve fare i conti con l'ormai ingombrante presenza di uno Stato nello Stato che pretende che sia legge ciò che è un personale e anacronistico punto di vista.
sì con il padre che dobbiamo rispettare..in silenzio. ma soprattutto con ELUANA e il suo DIRITTO a una morte dignitosa . il vaticano non può/deve governare le scelte dello Stato.lo STATO deve essere "rappresentante" di TUTTI i suoi cittadini. chi vuole vivere "vegetale" xchè la sua religione così vuole e chi crede che la VITA sia altro.buenas tardes :)
RispondiEliminaTrovo che ci sia una tale arroganza in questo caso, da farmi pensare solo a una cosa: ma se nei casi di morte per incidente stradale si finisce al 90% per assolvere l'omicida, di che cavolo stiamo parlando? Forse chi viene ucciso in quello stesso incidente aveva una vita meno "sacra"?Come in ogni caso di prolungamento terapeutico della vita, vedo solo l'arroganza della classe medica. Che pur di salvare se stessa si accanisce snornandoci anche teorie su come o quando sia lecito dare o togliere la vita. So di essere brutale, e vuol essere una provocazione: ma com'è che tutti 'sti ragionamenti non avvengono nei casi di incidente in cui si autorizza il prelievo di organi mentre il cuore ancora batte? Se la scienza stessa ammette di non avere certezze al 100%, perché non si tira indietro di fronte al rispetto di ciò che non conosce e non lascia al padre, unico altro essere umano che abbia un qualche titolo a farlo (a mio avviso), la decisione di far smettere questa o meno questa pseudo-vita? magari sbaglia, sono certa che èpersona in grado di assumersi le eventuali colpe di fronte al"sacro". Ma con quale diritto ci si vuole appropriare di una verità in base alla quale agire su questa scelta? Penso che a questopadre dovremo fare un monumento. Per il coraggio e la dignità con cui porta avanti una battaglia su una questione che ci riguarda solo in quanto potrebbe succedere ad ognuno di noi. E se ne assume tutto il peso da solo. Zitta dovrebbe stare la classe medica. Zitta la chiesa. Zitti tutti. Che nessuno di noi sa davvero cosa farebbe se si trovasse al posto non del padre, ma di Eluana. Davvero si vorrebbe, al suo posto, continuare una vita come "oggetto"? Perché, quella vita, come soggetto, è terminata molto tempo fa...Se niente sappiamo riguardo un possibile risveglio, sappiamo con certezza che nulla di ciò che la tiene in vita èdeciso da lei, che ogni cosa le è imposta e che la sua impossibilità a reazioni che ne indichino un assenso o dissenso, non possiamoche parlare di volontà esterne che si accaniscono su un corpo senza volontà.
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