domenica 2 marzo 2008

Un malinconico e dolce naufragio


Stefano Manni - Casa sulla collina - Opera giovanile (1978) Olio su tavola


I luoghi della vita sono rappresentati da piccole cose (strade, edifici, volti) di cui è facile conservare la memoria, ancor più se il presente ne ha modificato le immagini originarie. 

Un viottolo di campagna, che ben si prestava alle passeggiate, sventrato anni fa da una circonvallazione, offre ormai rare tracce di quelle avventure che avevano contrassegnato l’infanzia. È venuto meno anche il mistero che accompagnava l’inoltrarsi tra alberi e arbusti vari, perchè già all’inizio del tracciato si vede cosa si troverà alla fine: condomini e nuovi quartieri. La stradina poi s’interrompe a metà, come un sogno spezzato dal risveglio del mattino.

Un altro sentiero lo individuai molti anni fa sorprendendomi per la scoperta tardiva. Bastava percorrerne pochi metri e si giungeva su un prato da cui si abbracciava, con lo sguardo, una distesa di campi coltivati e rade abitazioni coloniche. Era così bello e incantevole quel panorama che mi ripromisi di tornarci periodicamente, all’avvicendarsi delle stagioni, così da coglierne le differenze significative. Mi fu possibile per poco. Un giorno, si era di questi tempi, venni sospinto da quelle parti da una promettente giornata di sole che illuminò subito “case su case, catrame e cemento”. Quella stupefacente visuale oscurata per sempre dalla privatizzazione del paesaggio.

C’era poi una casetta, costruita su una piccola collina, che stava lì quasi a delimitare la fine del centro abitato. Da lassù si poteva vedere “un grande prato verde dove nascono speranze” (che avevo appunto sempre immaginato come il luogo cantato nella famosa canzone). Poco per volta su quel “grande prato verde” s’innalzarono nuove abitazioni, ma la casetta – seppur ormai disabitata -  restava impavida sempre là, come un simbolo del passato felice e, appunto, pieno di speranze.

Passandoci dopo parecchi anni (e tante di quelle acerbe speranze non realizzate) notai attaccato alla porta d’ingresso il cartello “vendesi”. Provai una stretta al cuore, ma probabilmente neppure i vecchi proprietari se la sentivano più di ritornare in quella zona ormai soffocante. Però anche gli acquirenti latitavano, poiché molto tempo dopo quel cartello, solo un po’ scolorito, era sempre lì. Poi, giusto qualche giorno fa, l’ho vista ingabbiata: dunque venduta e in ristrutturazione.

Alcune domeniche fa mi sono ritrovato a transitare davanti all’oratorio. La porta era aperta, ma non si sentiva alcun rumore. Ho evitato di entrare per tutelare il ricordo di “quelle domeniche da solo, in un cortile a passeggiar”. Che poi eravamo spesso in tre, tra i pochi che non andavano al cinema parrocchiale. Perché non si poteva o non si voleva. Così dopo la lezione di catechismo, spentasi la chiassosa allegria di coloro che si affollavano per acquistare il biglietto a prezzo ridotto, si disponeva della sala giochi. Soprattutto dell’ambitissimo tavolo da ping pong e così diventavamo rispettivamente, per imperscrutabili meccanismi, campioni del Mondo, d’Europa e d’Italia. Titoli che cambiavano proprietario di domenica in domenica. Non riuscii mai a diventare “campione del Mondo”, più spesso d’Europa, poche volte d’Italia. Però imparai piuttosto bene a disimpegnarmi con racchetta e pallina. Mi hanno riferito che adesso si fa catechismo il venerdì e il sabato, mentre la sala giochi ospita spesso feste con tanto di effetto discoteca.

C’è poi la scuola elementare, quella dove nei lontani anni ’60, ambientai nella mia fantasia le vicende del libro “Cuore”, imperdibile “must” (si direbbe oggi) dell’epoca. Romanzo letto in classe seconda A e riletto a distanza di mesi per una, due e non so quante volte ancora. Per fortuna conservo le foto, almeno della facciata originaria dell’edificio, oggi violentata dalla filiale di una banca, dal magazzino di un centro commerciale e dall’insegna di un centro estetico. Ma quando mi va di coccolare un po’ il mio cuore quelle immagini d’annata me lo riscaldano a sufficienza, sovrastate dal volto di mia madre, sempre presente in quell’infanzia felice.


4 commenti:

  1. quando giro qua e la' e incappo in immagini come questa...beh....mi nasce un sorriso..di quei sorrisi che fanno bene all'anima.

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  2. alenic59, e l'anima ha così tanto bisogno di sorrisi che mi fa piacere contribuire. :-))))

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  3. federica_auroramarzo 04, 2008

    segui i segnali

    ci sono , e

    non è la speranza

    che ti guida , ma

    una voce

    ed è la tua !



    feau

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  4. feau, possano essere le tue parole di buon auspicio.

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