Testimonianza raccolta ieri su una bacheca di Facebook.
“Io
ero scappato da Genova la sera prima. Avevo 24 anni. Non so se sono
solo un ragazzo fortunato o se ho un affinato sesto senso. Sta di
fatto che me la sono cavata in tante brutte situazioni. Da solo.
Anche a Genova nel 2001. Avevo la prevendita per il concerto degli U2
a Torino quella sera che avrei dovuto convertire in biglietto
d'ingresso, anche se non avevo più speranze di riuscire ad andarci.
Dopo il grande corteo del sabato, non so nemmeno io come, arrivai
stradina per stradina fino alla stazione di Genova Bolzaneto senza
mai essere fermato dalle forze dell'ordine, a parte una volta.
L'atmosfera era terribile, a Genova non esistevano più garanzie
civili, non eri più niente, poteva accaderti di tutto. Dietro le
divise non c'erano solo bravi ragazzi, c'erano anche tanti animali. È
stata una delle poche volte in vita mia in cui ho avuto paura di
morire. Un po' confuso su cosa fare, se restare o scappare, riuscii a
prendere uno dei pochi treni che lasciavano la città verso Torino.
Genova era bloccata, una trappola per topi. A Torino vidi così il
concerto, già iniziato quando arrivai e senza il biglietto scavalcai
con impeto le altissime cancellate dello Stadio pur di entrare.
Dormii poi nelle aiuole della stazione di Torino e la mattina presto
presi uno dei primi treni che tornava verso Genova. La notte prima
avevo dormito per strada, per terra, alla Foce, vicino al mare, sede
del Genoa Social Forum, coperto con un telo di cellophane preso da
una pedana di casse d'acqua. Era morto Carlo Giuliani. Era l'unico
posto dove mi sentivo sicuro, avvertivo che quella notte sarebbe
accaduto qualcosa di brutto. Quella notte invece non accadde nulla.
Al mattino, infreddolito, stanco, puzzolente e incazzato nero col
mondo, andai a vedere che fine avessero fatto la mia tenda, il mio
zaino e il mio sacco a pelo nel parco dove dormivo insieme ad alcune
centinaia di persone. Di li a poco c'era il grande corteo. Arrivai
che c'era un'aria tesa, nessuno aveva dormito sereno perché tutti
temevano retate violente e improvvise. Non accadde nulla quella
notte. Ma tutti sentivamo che prima o poi sarebbe successo qualcosa,
da qualche parte, a qualcuno. E poteva essere a te dove eri in quel
momento senza che te lo aspettassi. Non eravamo più persone. Eravamo
carne da macello. Fu allora che pensai che quella notte sarei andato
a dormire alla Scuola Diaz, che era uno dei pochi posti sicuri, per
non dormire all'aperto di nuovo qualora non fossi riuscito ad andare
a Torino. A Torino quella notte invece inaspettatamente ci arrivai.
Quando poi rientrai a Genova la mattina seguente in una assolata
domenica di luglio l'atmosfera a Genova era di una calma surreale.
Sembrava il day after in un film di fantascienza. Io non sapevo nulla
di quello che era accaduto in quello ore, ero ignaro di tutto. Non
era ancora il tempo dei social network e degli smartphone. Le cose le
conoscevi perché le vivevi davvero. Arrivai alla Foce al GSF che era
già in corso un'accesa assemblea pubblica sotto un sole cocente.
Parlavano di quello che era accaduto la notte prima. Respiravi
rabbia. C'era tensione. Io non capivo, ero spaesato. Sembrava
mancassi da giorni ma mancavo da meno di dodici ore. Anche io ero
nervoso e arrabbiato per tutto quello che avevo visto e vissuto in
quei giorni. Fu nel corso delle ore che conobbi quello che era
accaduto quella notte in quelle ore in cui io ero scappato a Torino.
E quello che stava in realtà ancora accadendo. Quello che tutti
temevano. Ed era accaduto alla Scuola Diaz dove non te l'aspettavi.
Sangue di gente, ragazzi e non, che si trovava lì per caso. Carne da
macello à la carte. Come me. Salvato io però da un concerto degli
U2. Noi tutti lì presenti sapevamo cosa era accaduto davvero, mentre
tutto il mondo ha dovuto attendere oggi una sentenza a Strasburgo.
Noi sapevamo. Noi abbiamo visto. Noi c'eravamo. Noi siamo scampati o
sopravvissuti. Noi eravamo in pochi migliaia fuori dal Matrix. Quella
sera di luglio quel treno che mi ha portato per poche ore al sicuro a
Torino e quel concerto mi hanno salvato la vita in più forme. Perché
io non perdono. Io voglio ancora sapere chi sono, dove abitano e dove
sono i loro figli. Loro non hanno pagato e forse non pagheranno mai
così come però nemmeno noi non dimenticheremo mai. E forse un
giorno pagheranno, in qualche modo la pagheranno, e se non loro i
loro figli. Genova ha rappresentato per me l'inizio della fine delle
cose in cui credevo e per la quale avevo combattuto un'adolescenza e
una giovinezza intera, quasi sempre da solo e controcorrente. Quella
notte sono stati pestati a sangue i miei valori. Hanno sanguinato i
miei ideali. Qualcuno scrisse su un cartello nella Scuola Diaz "Non
pulite il sangue". Era qualcuno che nonostante tutto aveva
ancora vivi i suoi valori e i suoi ideali. Io ho perso a Genova.
Quella persona oggi ha vinto a Strasburgo”.
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