L'unità
del Pd
Matteo
Bartocci
Bersani
e il Pd non hanno nascosto le critiche ai referendum sul lavoro
presentati in questi giorni. Per una volta, i democratici appaiono
granitici, addirittura unanimi sull'Unità. Peccato si concentrino
tutti sul metodo evitando accuratamente la sostanza. Cioè gli
effetti nefasti della riforma Fornero per i lavoratori.
Ieri
sul manifesto i primi operai licenziati con il nuovo articolo
18 hanno raccontato le loro storie. Guarda caso sono quasi tutti
iscritti alla Fiom e tutti critici sulle condizioni di lavoro e di
sicurezza in fabbrica. Altro che «motivi economici oggettivi».
Il
primo argomento contrario avanzato da Bersani riguarda la forma: il
referendum è sbagliato perché divide l'unità del (futuro?)
centrosinistra e la compattezza dei sindacati nel mezzo della crisi
più feroce degli ultimi decenni. Eppure la riforma Fornero non è
stata affatto approvata da una maggioranza di centrosinistra ma da un
voto trasversale Pd-Pdl-Udc chiesto da Bce-Fmi-Ue. È contro questo
«mostro tricefalo» in Italia e in Europa, semmai, che il referendum
agisce. Non contro il Pd ma contro il pensiero unico immortalato da
Mario Monti con la sua ultima «gaffe» sullo statuto dei lavoratori
distruttore di occupazione.
Il referendum non vuole affatto dividere il Pd dal mondo del lavoro ma al contrario, "salvarlo" da «Monti dopo Monti». È un referendum per i lavoratori di oggi e di domani. Che chiama il partito di Bersani a un po' di chiarezza. Non si spiegherebbe sennò perché alcuni dirigenti democratici, Sergio Cofferati in testa, siano a favore dei quesiti.
Un'altro argomento contrario, anche questo non di sostanza, è che i referendum si terrebbero nel 2014 e quindi sarebbero una «clava» contro eventuali migliorie del parlamento. Una tesi curiosa per chi in passato ha usato i referendum come «una pistola alla tempia della politica» per esempio in materia elettorale.
Il referendum non vuole affatto dividere il Pd dal mondo del lavoro ma al contrario, "salvarlo" da «Monti dopo Monti». È un referendum per i lavoratori di oggi e di domani. Che chiama il partito di Bersani a un po' di chiarezza. Non si spiegherebbe sennò perché alcuni dirigenti democratici, Sergio Cofferati in testa, siano a favore dei quesiti.
Un'altro argomento contrario, anche questo non di sostanza, è che i referendum si terrebbero nel 2014 e quindi sarebbero una «clava» contro eventuali migliorie del parlamento. Una tesi curiosa per chi in passato ha usato i referendum come «una pistola alla tempia della politica» per esempio in materia elettorale.
Questa
maggioranza «Abc» ha sabotato prima e aggirato poi i quesiti
sull'acqua approvati nel referendum di giugno ricevendone in cambio
una limpida bocciatura da parte della Corte Costituzionale. Certo, se
le firme contro l'art. 8 e il «nuovo art.18» saranno raccolte (e lo
saranno), il parlamento avrà un anno di tempo per cambiare la
riforma Fornero. Ma dovrà farlo presto e bene. Anche Berlusconi
provò a sabotare il quesito anti-nucleare con un cavillo giuridico.
Finì prigioniero delle sue macchinazioni e fu sconfitto dai
cittadini.
La crisi dilaga, la disoccupazione cresce. Che si fa, si cambia la legge tra due anni accettando di vedere per strada centinaia se non migliaia di lavoratori «scomodi»? E poi, nel merito, il Pd è confuso. Per alcuni (per esempio l'ex ministro Damiano) il nuovo art. 18 va bene com'è. Per altri (per esempio Fassina e Orfini) è un compromesso che va verificato in un'indefinita trattativa tra le parti sociali. La politica scompare esattamente come afferma Monti contrariando Pd e Cgil quando scarica le relazioni industriali dai compiti del governo.
La crisi dilaga, la disoccupazione cresce. Che si fa, si cambia la legge tra due anni accettando di vedere per strada centinaia se non migliaia di lavoratori «scomodi»? E poi, nel merito, il Pd è confuso. Per alcuni (per esempio l'ex ministro Damiano) il nuovo art. 18 va bene com'è. Per altri (per esempio Fassina e Orfini) è un compromesso che va verificato in un'indefinita trattativa tra le parti sociali. La politica scompare esattamente come afferma Monti contrariando Pd e Cgil quando scarica le relazioni industriali dai compiti del governo.
Terzo
e ultimo. Le scomuniche preventive ai promotori emesse sulle pagine
dell'Unità, un giornale che solitamente racconta tutto del
dibattito interno al Pd. Tutto tranne che sul lavoro, dove il partito
appare granitico come una volta e il giornale una linea Maginot tanto
ferma quanto aggirabile.
Mercoledì
scorso Guglielmo Epifani ha accusato i referendari di voler dividere
«l'unità sociale di lavoratori, giovani, precari e pensionati». E
c'è perfino chi, come il nostro amico e compagno Michele Prospero
sull'Unità di giovedì, ha visto nei referendum «macabri
squarci del governo Prodi nel 2008», un'iniziativa «populista»,
«spregiudicata», che «manipola la realtà per accaparrarsi qualche
voto nei gazebo».
Si
chiede Prospero, soprattutto, in quale «trappola» si sia voluta
cacciare la sinistra alleandosi con Di Pietro. In quale trappola si è
cacciato il Pd, verrebbe da dire, quando 4 anni fa considerava l'Idv
l'unico alleato naturale e oggi si trova a esprimere un governo
insieme a Sacconi e Gasparri. Dal «quotidiano fondato da Antonio
Gramsci» ci si sarebbe aspettati un ragionamento diverso. Le vecchie
bandiere non esistono più ma i vecchi vizi non si perdono mai.
(15
settembre 2012)
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