Mi capita tra le mani un ritaglio di giornale (“la Repubblica” del 2 aprile 2008) che riporta un’intervista a Edoardo Boncinelli, noto ricercatore genetico, il quale formula un’ipotesi inquietante (come spiegherò): “Camperemo fino a 120 anni e con la genetica anche di più” (che è pure il titolo).
La propongo.
MILANO — Edoardo Boncinelli, genetista, biologo molecolare e a lungo impegnato nella ricerca clinica sulla farmacologia molecolare e i processi d’invecchiamento all’ospedale San Raffaele di Milano, è tra gli scienziati più ottimisti sul possibile allungamento della vita umana: a 120 anni in virtù della medicina, scriveva nel suo saggio Verso l’immortalità? (Cortina), e a 200-300 quando scenderà in campo la manipolazione genetica.
La sorprende, professore, che dei 7 anni di vita media in più conquistati in 30 anni, si calcola che quasi sei siano dovuti ai progressi nella cura del cuore?
«Non mi sorprende se a cuore sostituiamo apparato cardiovascolare. Pensi a quante persone conosce che dopo i 60 anni prendono una pillola per l’ipertensione: è il più comune degli allunga- vita».
Nel calcolo della vita media entrano tutti i casi di morte, incidenti compresi. La vita si allunga più per le cure o per la prevenzione dei rischi?
«La cosa sorprendente, in realtà, è che sul piano statistico l’allungamento della vita il rischio di incidente lo aumenta: più si vive e più si è esposti agli incidenti. Quindi in teoria l’allungamento della vita media ne dovrebbe risultare rallentato. E invece i progressi della medicina sono tali che l’aumento medio non flette».
Lei prevede addirittura che con l’ingegneria genetica si impennerà...
«In campo biologico,tra gli addetti ai lavori, ne sono tutti convinti. Ma ci vorranno ancora molti anni per averne l’evidenza clinica».
La prospettiva è assai preoccupante, perché quello che potrebbe sembrare un sicuro beneficio, non lo è all’atto pratico. Vivere più a lungo significherà dover lavorare di più. Già adesso, per giustificare il gioco delle tre carte sulle pensioni e, dunque, la loro riduzione, si trova comodo alibi nell’allungamento della vita media che diventa così una iattura.
Se, infatti, si lavora dal lunedì mattina (spesso presto) al venerdì sera (spesso tardi), nel fine settimana è indispensabile riposare per poter ricominciare. Un riposo mentale, soprattutto, dove pigrizia e indolenza sovente prendono il sopravvento. Spazio per il resto poco e sproporzionato, in ogni caso, rispetto alle esigenze.
Il problema, alla fine, è quello della libertà. Da qui, secondo me, sarebbe necessario partire per capovolgere tutte le impostazioni, magari di scuola, che sottostanno al discorso sulle pensioni. Se infatti io devo arrivare alla soglia della morte (e magari in precarie condizioni fisiche) per avere un po’ di tempo per me stesso, che cosa sono – in ultima analisi - se non uno schiavo? Se lascio il lavoro senza un sostegno che mi permetta un minimo, almeno un minimo di tempo in più per me, o se il lavoro mi affatica al punto tale da non permettermi altro che mangiare e dormire nelle pause, cosa sono?
Sproloquiano di debito pubblico, i signori della Casta (che chiaramente propongono per altri queste ricette), ma siamo invece in credito. Di libertà. Che viene prima di tutto.
È questo il punto di partenza, invece di ribadire con chiacchiere salottiere la miopia che dimostra scarsa lungimiranza e poco rispetto, tutto sommato, per i lavoratori, quelli che accumulano la liquidazione come facevano gli schiavi nell’antica Roma per comprarsi la propria libertà.
"Qualche volta Dio uccide gli amanti per non essere superato in amore" Alda Merini.
lunedì 9 agosto 2010
Vivere per lavorare?
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RispondiEliminaGiu' le mani dal mio preziosissimo, anelatissimo e scarsissimo tempo libero!!!
Un abbraccio, Frank!
Artemisia
RispondiEliminacamperemo due anni in più e pioverà tutto il tempo... ehhhhh
rileggere oggi, 27 agosto, questo post...è come spargere sale su ferite aperte....perché non riusciamo a vedere che è su questi aspetti che si gioca il senso che diamo alle nostre esistenze? Perché, dopo le affermazioni terribili di Tremonti e Marchionne di questi ultimi due giorni, non scoppia il finimondo? ci stiamo già adattando all'idea che sia giusto restituire dignità e diritti conquistati in anni di dure lotte sindacali dai nostri padri? Preferiamo l'idea di una vita da schiavi pur di non restituire al mittente l'iPhone e lo schermo tv a parete? Crediamo che il futuro sia continuare a produrre auto quando il petrolio per farle andare è in esaurimento? Ma dov'è finito il senso della realtà? chini e ingobbiti cediamo a tutto. Unica generazione di nati e vissuti senza guerre, non riusciamo a vedere che la schiavitù non è un'opzione alla libertà ma un'elisione mentale dell'idea...
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