Mi ha scritto kittimol77, sulla solitudine, considerazioni che condivido, vale a dire il concetto di solitudine come regalo e privilegio in una società rumorosa e che rende, la musica per esempio, limpida all'ascolto e cristallina. E tuttavia è la pace dentro a mancare. Almeno in questa fase.
Si tratta, infatti, di una solitudine mentale, più che fisica, di straniamento dal resto. È la mancanza di quel senso di quiete, che giustamente sottolinea nel suo commento a questo post e che rende innocua la malinconia, quale derivazione da una giornata grigia e umida, in sintonia con quanto scritto. Una malinconia che non viene vissuta con angoscia lacerante, ma fase di transito purificatrice. Come pioggia insistente d'autunno che tutto lava e trascina con sè.
Il mio, invece, è un malessere sottile, incuneatosi sottopelle e che avanza non trovando barriere difensive, che sembrano aver ceduto di schianto, forse erose da precedenti conflitti.
Qualcosa sembra essere mutato, tale da farmi apparire immanente e pesante una solitudine che, al contrario, non mi è mai stata d’ingombro, ma compagna fedele e silente. Quasi che la soglia di sopportazione si fosse elevata, diventando irraggiungibile, al di sopra delle mie forze. E così quei rimpianti e quelle amarezze che, analogamente a te, non mi sono mai stati avversi, ora hanno sommato le loro forze scatenando un’offensiva imprevista che mi trova disarmato e infiacchito.
Manca la capacità di reazione, congelati i sentimenti, sovrastati dalla ragione. Che è pragmatismo, che è paura, che è cinismo, che è multiforme nelle sue espressioni non riconducibile a fatti o persone nello specifico, ma ad una somma di situazioni personali e generali. Non nasce oggi, sebbene fosse in fieri, semmai è proprio oggi che il contrasto tra ragione e sentimento diventa esplicito e amaro per le conseguenze che porta con sé.
Tutto passa, i momenti di dolore e di sofferenza, come quelli di gioia e di felicità, solo che i primi sembrano e forse lo sono, più lenti nella loro evoluzione, quasi volessero la certezza di una diffusione completa e pandemica, che non esclude nulla e incide nell’anima, scavandone la profondità, provocando stati progressivi di afflizione. E modificando prospettive, scardinando valori acquisiti e ormai fatti propri.
Elaboro e rielaboro ancora, ma l’ossessione diviene martellante, nulla sembra più essere come prima. Mentre si affaccia il timore, assai concreto, di non riuscire a recuperare più il silenzio calato, la pausa che si allunga, percependo un baratro che si allarga in maniera indefinita e progressiva.
Ed è la consapevolezza di tutto ciò che sta accadendo ad accrescere il dispiacere, a non farmi riconoscere l’immagine che ho di me stesso, a sentire estraneo chi mi fissa dallo specchio. Avverto l’incapacità di sovvertire lo stato delle cose, la carenza di energie mentali, quasi avessi esaurito ogni riserva di buon senso, di vitalità.
I sentimenti stanno come salici piangenti, muti testimoni di questa trasformazione, come se la notte avesse disteso il suo drappo funereo, imprigionandoli e spegnendo quella luce che li anima e li consola.
accipicchia, scusami se posso esserti sembrata poco sensibile, non cogliendo forse fino in fondo il disagio emotivo che stai vivendo. La solitudine ha sicuramente molte facce, alcune molto molto difficili da gestire. E nessuna solitudine è peggiore di quella che ti trova nudo, senza ragioni e senza appigli cui aggrapparti. Solo una cosa è peggio, la paura della solitudine. La paura che ti avvita su te stesso, che ti sradica da te stesso, che ti fa sentire perso dentro e perso fuori. Però una cosa te la dico, consapevole che ognuno trova da solo la strada e che ognuno trova solo la propria: abbandonati alla paura della solitudine, lascia che sia. So che sembra orribile, ma non lo è. Spesso non è tanto la solitudine a farci cadere, ma la paura di quella solitudine. Non aver paura. La solitudine non fa male, sono i pensieri molesti a far male. Quindi, se mai, limita i pensieri. Noi tutti (me compresa) tendiamo a sopravvalutare il pensiero, ma è solo una delle tante forme di nevrosi.Ci identifichiamo troppo con cio che pensiamo, pensiamo di essere ciò che ci siamo abituati a riconoscere come noi stessi. Il silenzio è devastante solo quando cerchi dentro di te un interlocutore che non c'è più, un riferimento emotivo e ideale che magari è tempo di lasciar andare. Perché la vita cambi, e ogni tanto è necessario cambiarla, dobbiamo prima pulirla a fondo da vecchi pensieri. Pensane di nuovi, di mai pensati. Ma senza lasciarti troppo invischiare, altrimenti poi ci sarà un giorno in cui anche quelli ti mancheranno e ti sentirai di nuovo solo. Fare è una buona alternativa. Corri, salta, prendi a pugni il muro se ne hai voglia. Ma lascia andare i pensieri vecchi. Sono vecchi, usurati, che te ne fai?
RispondiEliminacredo che l'unico antidoto sia l'amicizia , fare nuove amicizie per giocare sempre un nuovo numero alla roulette della vita:-)
RispondiEliminaMi pare di capire che non sia un buon periodo.
RispondiEliminaMi dispiace.
Un abbraccio, Frank!
Artemisia
qualunque sia la causa di tutto ciò mi piace pensare che col tempo andrà meglio.. non so se è vero, però crederci farebbe bene all'umore.. no?
RispondiEliminakittymol77, è così bella questa riflessione che me la sono ritagliata e ogni tanto vado a rileggerla. Risulta essere un'ottima compagnia. Grazie.
RispondiEliminamalegria10, l'aspetto più gradevole della roulette della vita è che continua a girare sempre e ogni momento è buono per puntare su nuovi numeri. Però adesso va meglio. Grazie anche a te. E scusa per il ritardo.
Artemisia, è passato adesso e, in ogni caso, va molto meglio. Un abbraccio anche a te.
Chocholatcake2 , e infatti con il tempo va meglio. Comunque credere a qualcosa di positivo fa sempre bene. Anche se non fosse vero.