giovedì 3 agosto 2006

85 morti e 200 feriti. Perchè?


 



mercoledì 24 luglio 2002


Stragi: 50 senatori presentano ddl

per abolire segreto di Stato.

Il primo firmatario è il sen.


Walter Vitali, ex sindaco di Bologna


Testo del  disegno di Legge



"Disposizione concernenti la non opponibilità del segreto di Stato nel corso di procedimenti penali relativi a delitti di strage e terrorismo"



Onorevoli Senatori! - La proposta di legge intende attribuire alla magistratura la pienezza dei suoi poteri di indagine, di accertamento e di decisione nei processi penali concernenti i fatti criminosi maggiormente pericolosi per l'ordine democratico.


I servizi di sicurezza, istituiti e regolati dalla legge n. 801 del 1977, sono organi che hanno il dovere di riferire non all'autorità giudiziaria ma a quella governativa. L'articolo 12 di tale legge, al primo comma, stabilisce poi che "Sono coperti dal segreto di Stato gli atti, i documenti, le notizie, le attività e ogni altra cosa la cui diffusione sia idonea a recar danno alla integrità dello Stato democratico, anche in relazione ad accordi internazionali, alla difesa delle istituzioni poste dalla Costituzione a suo fondamento, al libero esercizio delle funzioni degli organi costituzionali, alla indipendenza dello Stato rispetto agli altri Stati e alle relazioni con essi, alla preparazione e alla difesa militare dello Stato".

Il secondo comma stabilisce, però, che "In nessun caso possono essere oggetto di segreto di Stato fatti eversivi dell'ordine costituzionale".

Unico effettivo responsabile, per legge, della gestione del segreto politico è il Presidente del Consiglio dei ministri. E' una responsabilità politica di fronte al Parlamento, molto carica di discrezionalità in quanto i confini del segreto di Stato sono ovviamente affidati alla valutazione, appunto, della massima autorità politica di governo; ed è una valutazione non ancorata a princìpi geometrici, ma alle contingenze, alle situazioni concrete, al contesto volta a volta diverso: per cui lo stesso fatto può talvolta apparire dannoso, se diffuso, e tal'altra innocuo; talvolta eversivo, tal'altra non eversivo.

Questa discrezionalità politica, prerogativa del vertice del potere esecutivo, irriducibile in precisi schemi giuridici definitori, è connaturata alla materia del segreto politico, all'istituto stesso del "segreto politico".

L'esperienza vissuta dal nostro Paese, da sempre, e con particolare frequenza negli ultimi decenni, ha però dimostrato che la prerogativa governativa nella gestione politica del segreto di Stato è entrata in conflitto con l'esercizio della funzione giurisdizionale in una serie di casi processuali originati da gravissimi delitti politici: casi, per lo più, tuttora irrisolti, e la mancata soluzione dei quali viene addebitata anche alla opposizione del segreto di Stato (o del suo equivalente nominale, antecedentemente alla legge n. 801 del 1977) di fronte alle richieste dell'autorità giudiziaria procedente.

La proposta di legge che presentiamo muove dalla necessità che il segreto di Stato non venga mai opposto alla magistratura, in nessuna fase del processo e in nessuna forma, quando si tratti dei reati compresi nelle due categorie indicate nell'articolo 1 che la compone.

La premessa logica di questo assunto e della proposta di legge è assolutamente semplice. I delitti in ordine ai quali sarà inopponibile alla magistratura il segreto di Stato, appartengono tutti alla categoria dei "fatti eversivi dell'ordine costituzionale": quei fatti che, secondo la legge vigente, non possono essere oggetto di segreto.

Riteniamo, infatti, che non vi sia ormai possibilità di dubbio sulla capacità di ognuno dei delitti cui si riferisce la proposta di legge di costituire potenziale eversione del sistema democratico. Accanto ai "classici" delitti di strage, questa connotazione compete anche ai delitti di terrorismo: all'uno ed all'altro il legislatore ha dedicato in questi ultimi tempi reiterata e preoccupata attenzione, imposta appunto dalla loro specifica pericolosità politica.

Nessuno degli interessi alla cui tutela è predisposto il segreto di Stato è superiore all'interesse che la giustizia proceda e che si raggiunga il massimo possibile di verità nelle indagini e nei processi relativi a questi reati; anzi, la potenzialità eversiva di essi fa sì che gli stessi interessi ai quali si riferisce il segreto di Stato ottengano la massima garanzia di tutela non dalla opposizione, ma - al contrario - dalla non opposizione del segreto alla magistratura.

Nella situazione considerata, diventa dunque inammissibile la legittimità di un filtro politico preventivo affidato al Presidente del Consiglio dei ministri: il segreto coprirebbe fatti (inerenti ai delitti considerati dalla proposta di legge) che per definizione sono eversivi dell'ordine costituzionale.

Con la proposta di legge si vuole eliminare radicalmente anche ogni questione concernente la valutazione della pertinenza processuale delle notizie, dei documenti, eccetera, richiesti dall'autorità giudiziaria procedente.

Vi sono state, infatti, occasioni in cui il segreto politico è stato opposto perché il suo depositario ha ritenuto la irrilevanza, ai fini di giustizia, dell'oggetto richiesto dall'autorità giudiziaria. E, nel difendere in tali casi l'opposizione del segreto, si è anche adoperato l'argomento che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge n. 801 del 1977 sul funzionamento e l'operato dei servizi di sicurezza, e così pure la responsabilizzazione politica, al riguardo, del Presidente del Consiglio dei ministri, costituiscono sufficiente garanzia che quanto viene taciuto all'autorità giudiziaria è sicuramente estraneo e indifferente alla ricerca processuale della verità.

Questo argomento non può essere condiviso, e non solo perché indimenticate esperienze dimostrano, al contrario, che esiste sempre la possibilità di sottrarre alla giustizia, con l'opposizione del segreto, elementi di grande rilievo processuale. Va tenuto presente, infatti, che i meccanismi di controllo governativo-parlamentari previsti dalla legge vigente funzionano pur sempre in un circuito "chiuso", controllato dall'autorità politica suprema nella migliore delle ipotesi, ma controllato - nella peggiore, non irreale ipotesi - dagli organi preposti ai servizi di sicurezza, i quali possono sottrarsi, di fatto, al controllo effettivo dello stesso Presidente del Consiglio dei ministri: con la conseguenza, dunque, che i meccanismi di controllo rischiano di girare a vuoto, in tutto o in parte, perché le informazioni in base alle quali vengono giustificate la irrilevanza processuale di quanto richiede l'autorità giudiziaria e la conseguente opposizione del segreto, possono essere carenti, incomplete e deformate. Neppure il Comitato parlamentare contemplato dalla legge ha la possibilità di correggere, in relazione al caso concreto, l'eventuale vizio del circuito alla cui generale sorveglianza esso è preposto.

Vi è poi un'ulteriore ragione. Anche nella migliore delle ipotesi, anche a ritenere cioè che nessuna disfunzione, o un fatto più grave, sia intervenuta, non si comprende come il Presidente del Consiglio dei ministri, il Comitato interministeriale ed il Comitato parlamentare siano in grado di farsi e di esprimere una fondata opinione circa la rilevanza o l'irrilevanza processuale di un segmento d'indagine che essi non possono che esaminare isolatamente dal contesto complessivo, il quale è conosciuto soltanto dall'autorità giudiziaria procedente. A quest'ultima, dunque, e non ad altri organi o autorità, spetta di valutare ciò che serve e ciò che non serve ai fini di giustizia. Attribuire ad altri tale giudizio significa sovrapporre l'incompetenza alla competenza.

Infine, la difesa delle prerogative della giustizia affidate alla sola autorità giudiziaria è imposta da una ragione d'indole ancora superiore al livello tecnico; una regione, questa sì, suprema.

Nei procedimenti penali relativi ai fatti che la stessa legislazione riconosce come i più pericolosi per il sistema democratico, e che troppo spesso hanno causato enormi lutti e determinato gravissime tensioni politiche, non è tollerabile che lo Stato si divida in due: da una parte la giustizia che con estrema fatica cerca la verità, dall'altra il Governo che anche solo sembri nasconderla. E' intollerabile, infatti, anche il mero sospetto che mentre sulla scena la giustizia brancola nel buio, vi sia dietro le quinte un avversario parimenti istituzionale che la verità conosce ed impedisce legalmente di renderla nota.

Infine, va sottolineato che la proposta di legge precisa come il segreto di Stato, nella materia in oggetto, non possa essere opposto "in alcuna forma": con ciò si fa riferimento, oltre alle norme della procedura penale in tema di sequestro e di esame testimoniali, anche ad ogni altro strumento processuale il cui uso possa implicare, comunque, la necessità di accedere agli "atti", ai "documenti", alle "notizie", alle "attività" e ad "ogni altra cosa" che secondo il citato articolo 12 della legge n. 801 del 1977 sono coperti dal segreto di Stato (e seguiteranno ad esserlo per tutto quanto non è considerato nella proposta di legge).




 DISEGNO DI LEGGE

Art. 1.

1. Dopo l'articolo 15 della legge 24 ottobre 1977, n. 801, è inserito il seguente:

"Art. 15-bis. 1. Il segreto di Stato non può essere opposto in alcuna forma nel corso di procedimenti penali relativi:

a) ai reati commessi per finalità di terrorismo o di eversione dell'ordine democratico;

b) ai delitti di strage previsti dagli articoli 285 e 422 del codice penale".




































doctit020724_1.gif (10802 byte)


3 commenti:

  1. Come è finito quel disegno di legge? :(

    RispondiElimina
  2. Beppe, se ho capito bene da un Tg3 ascoltato precariamente, è fermo in Parlamento per l'opposizione di Forza Italia. Lo stesso Vitali lo stava riferendo all'intervistatore, nel servizio che ricordava la manifestazione del 2 agosto a Bologna.

    Ciao

    RispondiElimina
  3. Ottimo intervento



    come è finita?

    Mauri

    RispondiElimina