lunedì 24 aprile 2006

La scuola dei bulli


Vicenza - «Se non indossi vestiti di marca non vali nulla». Sono arrivati persino a spogliarlo per verificare se la felpa che indossava fosse firmata o meno. Un branco di sette tredicenni vicentini, tutti di famiglia bene, quello che da tre anni sta perseguitando un compagno di classe: minacce, sopraffazioni, angherie, umiliazioni. Fino alle percosse e alle lesioni. L'incredibile "bullismo griffato" va in scena in città alla media "Maffei" in contra' Santa Caterina.


L'episodio che ha fatto scattare l'intervento dell'Ufficio minori della questura di Vicenza si consuma il 29 marzo scorso durante l'ora di educazione artistica, quando uno dei bulli in erba con un righello di metallo scortica, giusto per il piacere di infierire, un gomito alla vittima predestinata. Una brutta escoriazione, tanto che il medico cui si rivolge la madre del ragazzo consiglia di ricorrere al pronto soccorso: sette i giorni di prognosi sul referto medico e la segnalazione dei sanitari alla polizia.


Scattano le indagini: la madre di Matteo (il nome è di fantasia), convocata dall'ispettore capo Serafino Santoro, racconta di questo gruppetto di giovinastri che non hanno nulla di meglio da fare che molestare suo figlio fin dalla prima media. La donna, esasperata, racconta pure di aver informato anche la dirigente scolastica, Lina Anoardi, affinché prendesse provvedimenti per far finire una storia che si stava trascinando da troppo tempo.


Il risultato? I componenti della gang, probabilmente risentiti dal fatto che la preside li avesse riuniti e redarguiti, aspettano il momento giusto per entrare in azione. All'uscita da scuola, individuano l'auto su cui la donna sta attendendo Matteo per portarlo a casa: con lei c'è anche il fratellino.


I sette circondano la macchina, picchiano ripetutamente sul cofano e in segno di spregio finale mostrano il dito: niente male come tentativo di intimidazione. Ed è una circostanza troppo grave per essere giudicata e rubricata come una classica bravata. La professoressa Anoardi viene convocata dalla polizia e fornisce una relazione dettagliata sulla vicenda per quanto di sua conoscenza, rimandando al consiglio di classe qualsiasi forma di decisione da prendere nei confronti degli aguzzini adolescenti.


Nei prossimi giorni i "diabolici sette" verranno chiamati in questura e ascoltati alla presenza dei rispettivi genitori. Tutti minori di 14 anni non sono imputabili. Ma una sonora ammonizione a non preservare non gliela toglierà nessuno. «Purtroppo episodi di bullismo più o meno pesante - commenta l'ispettore Santoro - sono tutt'altro che rari negli istituti vicentini. Un fenomeno in preoccupante crescita su cui bisogna avviare una riflessione». (il Gazzettino – 12 aprile 2006)


''La violenza tra bambini e tra ragazzi è un fenomeno sempre più pervasivo, occorre investire per prevenirlo, dando agli insegnanti gli strumenti per intercettarne i segnali'': lo afferma Ernesto Caffo, psichiatra infantile e presidente di Telefono Azzurro, commentando l'episodio accaduto ieri in una scuola media di Vicenza, dove un dodicenne e' stato picchiato da alcuni compagni perchè non indossava la felpa griffata preferita dal ''Branco''.


''Il bullismo - spiega Caffo - prima si associava essenzialmente a contesti degradati, oggi invece le violenze di questo tipo avvengono anche in contesti insospettabili'. Secondo il presidente di Telefono Azzurro, associazione che da anni studia e monitora il fenomeno, per prevenire il bullismo occorre ''proteggere i più deboli dalla cultura del branco imposta dall'esterno'' e ''rivalutare le competenze interne dei ragazzi, parlando con loro di queste cose''.


Secondo il sesto Rapporto Nazionale sulla Condizione dell'Infanzia e dell'Adolescenza di Telefono Azzurro ed Eurispes (2005), gli episodi di bullismo, prevalentemente brutti scherzi, provocazioni o prese in giro e offese immotivate, sono diffusi soprattutto nell'età delle scuole elementari e dei primi anni delle scuole secondarie di primo grado. Il 78,9% dei bambini afferma di utilizzare strategie attive contro il bullismo (in pratica, si difende dai bulli); quasi la metà, cioè il 42,3% dei bimbi tra 7 e 11 anni, dichiara di subire brutti scherzi, il 39,6% di subire provocazioni o prese in giro ripetute e il 33,6% offese immotivate e ripetute. La scuola (32,3%) e la strada (27,3%) sono i luoghi privilegiati per le espressioni bullesche. Solo nel 27,5% dei casi i bambini chiedono aiuto a un adulto.


Le reali dimensioni del fenomeno però, avverte Telefono Azzurro, ad oggi sono incerte: gli atti del bullo restano per lo più avvolti nel silenzio delle vittime che spesso si vergognano o hanno paura. 


A lungo sottaciuto o ridimensionato, il bullismo scolastico è una cancrena e come tale andrebbe affrontato. L’episodio di Vicenza, profondo Nord est, quello operoso e anche intollerante, insofferente alle leggi (non a caso
la CdL
è stata ampiamente premiata il 9 e 10 aprile) è solo l’ultimo, o forse già il penultimo, conosciuto che testimonia un malessere sociale profondo, dove a prevalere sono le logiche dell’effimero e dell’apparenza.


Non si può indossare abbigliamento non firmato, viene visto come un segno irrispettoso, eversivo, nei confronti della stupida omologazione che la televisione commerciale ha dispensato a piene mani alle ultime generazioni. L’esasperazione di un concetto distorto: non l’esclusione dal gruppo, la mancata accettazione che in età giovanile rappresenta il problema principale, ma addirittura la lesa maestà nei confronti della dittatura imperante dell’immagine. Il valore di una persona a misura della griffe.


Quanta deformazione delle coscienze ha prodotto l’ossessività, per esempio, di un modello televisivo a senso unico? E quanto tempo sarà necessario per la disintossicazione? Perché vogliamo disintossicarci, vero?



 




 




 



 

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