Alfredo Pizzoni, il banchiere della Resistenza. (foto http://www.storiain.net
Nato a Cremona il 20 febbraio 1894, morto a Milano il 3 gennaio 1958, finanziere, "perno organizzativo" del CLNAI.
Figlio di un generale, Pizzoni aveva combattuto valorosamente durante la prima mondiale. Si era poi laureato in legge ed aveva cominciato a lavorare in banca, divenendo un finanziere molto apprezzato. Il secondo conflitto mondiale lo vide indossare di nuovo la divisa, col grado di tenente colonnello dei bersaglieri (fu decorato con una Medaglia d’argento ed una di bronzo al valor militare), ma ancor prima dell’armistizio, Pizzoni s’impegnò per riportare la democrazia nel Paese. Fu, infatti, dopo il 25 luglio 1943, tra coloro che parteciparono a Milano alle riunioni di quel "Comitato delle opposizioni" che – avendo come "perno organizzativo", come lui stesso ebbe a definirsi, proprio Pizzoni – sarebbe diventato in seguito CLN di Milano e poi Comitato di liberazione nazionale dell’Alta Italia.
Il finanziere non era iscritto a nessuno dei partiti del CLN e, proprio per questo, fu ritenuto la persona più idonea a mantenere l’equilibrio interno del Comitato, di cui, dall’agosto 1943 e per tutto il periodo della lotta clandestina, fu il presidente. Un ruolo di grande rilievo nella Resistenza, Alfredo Pizzoni (che si chiamò, via via, "Alfredo", "Biancardi", "Melino", "Paolo Felici", "Pietro Longhi"), lo ebbe grazie alla sua esperienza professionale e alle sue conoscenze internazionali, che gli permisero di condurre in porto importanti operazioni per il finanziamento delle formazioni partigiane e, soprattutto – con "i protocolli di Roma" del dicembre 1944- di ottenere dagli angloamericani il riconoscimento ufficiale del Comitato di Liberazione come unico centro coordinatore dell’attività resistenziale. Secondo Ferruccio Parri, presente alle trattative insieme a Pajetta, Sogno e Bauer, fu quello un accordo al ribasso, ma servì tuttavia a rafforzare la lotta contro i nazifascisti, così come servirono gli accordi che "Pietro Longhi" seppe concludere con i movimenti di liberazione sloveno e francese. A ridosso dell’insurrezione d’aprile, a presiedere il CLNAI fu chiamato il socialista Rodolfo Morandi (Alfredo Pizzoni era in missione al Sud), anche per sottolineare –come ebbe a dire il rappresentante del Partito d’Azione – che il CLNAI "intendeva contribuire alla costituzione di un nuovo Stato italiano, in cui le masse siano chiamate a risolvere i problemi di interesse nazionale".
Dopo la Liberazione, Pizzoni continuò fino al giugno 1945 la sua attività all’interno del CLNAI, presiedendone la Commissione finanziaria. Partecipò quindi alla Costituente e poi, tornato all’attività bancaria, assunse la presidenza del Credito Italiano. Nel 1946, Alfredo Pizzoni fu insignito della Medaglia della Libertà. Otto anni dopo ricevette la Medaglia d’oro dei benemeriti del Comune di Milano, quale presidente del Comitato lombardo della CRI. (http://www.anpi.it
Tina Anselmi (foto www.comune.narni.tr.it/)
Nata a Castelfranco Veneto nel 1927, insegnante
La notorietà di Tina Anselmi non deriva tanto dal contributo da lei personalmente dato alla Resistenza, quanto dall’attività politica da lei svolta nel dopoguerra. Eppure proprio la guerra partigiana ha determinato le sue scelte. Tina Anselmi, infatti, decise da che parte schierarsi quando, giovanissima, vide un gruppo di giovani partigiani portati al martirio dai fascisti. Divenne così staffetta (col nome di Gabriella) della brigata autonoma "G.Battisti" e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà. Nel 1944 si iscrisse alla DC e - non si era ancora laureata in lettere - partecipò attivamente alla vita del suo partito, non dimenticando mai le ragioni profonde della sua scelta antifascista.
Nel dopoguerra Tina Anselmi è stata via via dirigente sindacale, incaricata dei giovani nella DC, vice presidente dell’Unione europea femminile. Parlamentare dalla V alla X legislatura eletta nella Circoscrizione Venezia-Treviso, ha fatto parte delle Commissioni Lavoro e previdenza sociale, Igiene e sanità, Affari sociali, occupandosi molto dei problemi della famiglia e della donna. Ha inoltre presieduto per due volte la Commissione parlamentare d’inchiesta sulla Loggia P2. Tina Anselmi è stata tre volte sottosegretaria al Ministero del Lavoro e della Previdenza sociale, e ha retto una volta il ministero del Lavoro e due volte quello della Sanità. (http://www.anpi.it
La centralità della persona
Intervista a Tina Anselmi* (2005)
La domanda sarà una sola. Quella che muove dal suo impegno per la trasmissione ai giovani della storia e dei valori della Resistenza. In queste pagine presentiamo la recensione del suo libro “Bella ciao”, la resistenza raccontata ai ragazzi , centrato sull'importanza di compiere scelte responsabili. Lei scrive in quelle pagine "per cambiare il mondo bisognava esserci". Quali contenuti e valori ritiene sia essenziale trasmettere ai giovani per capire cosa è stata la Resistenza italiana e quale contributo ha dato nella lotta contro il nazismo e il fascismo?
"Ci vuol meno a morire per una idea, che vivere ogni giorno per quella idea". Con queste parole Giacomo Ulivi chiude la sua lettera ai compagni di scuola, prima di essere fucilato. È il suo testamento spirituale, che sintetizza il cammino da compiere, da ciascuno di noi, se vogliamo contribuire a costruire la democrazia, che non è un dono, ma la conquista di uno spazio affidato alla nostra responsabilità. La democrazia è infatti un regime politico esigente, che giorno dopo giorno ci viene affidato, ci rende responsabili della vita del nostro Paese. Ci sono le istituzioni della democrazia, ma queste non sono sufficienti, se non sentiamo la necessità di una partecipazione che arricchisce, in modi diversi, ma tutti essenziali, la nostra presenza nella vita della comunità. Il dovere quindi è insieme il diritto di esserci. La ricchezza del sistema democratico è nella capacità che esso offre, a ogni cittadino di portare un contributo; nessun cittadino è inutile, se la organizzazione della società recepisce ciò che è proprio di ogni persona.
Ritengo la partecipazione il valore a cui tutti gli altri sottengono, perché è da esso che derivano la partecipazione, la responsabilità, la solidarietà. Questo dovere primario di partecipare si scontra in ogni dittatura con la volontà dello stato, di cancellare l'individuo, la sua personalità, la sua dignità. E lo stato si arroga il diritto di essere un valore assoluto e tale vuole essere: famiglia, società, partiti sono subordinati, finanche la Chiesa. Così si è arrivati alla eliminazione delle minoranze politiche, religiose, razziali. E il dramma non si è ancora concluso, per quello che avviene in Africa, in Asia e in altre realtà.
Il nazismo e il fascismo sono state le due esperienze politiche più aberranti del nostro secolo. Resistere è stato anzitutto opporsi a queste ideologie, prima ancora che la guerra - che ne era la logica, inevitabile conclusione - demolisse nella società ogni riferimento valoriale.
La guerra è costata milioni di morti, la distruzione di un patrimonio culturale, artistico, ma ha concorso anche a una distruzione di quel valore che sinteticamente si riferisce alla tutela dei diritti umani.
La Resistenza è stata dunque la partecipazione a una guerra, che voleva recuperare la persona come riferimento essenziale di ogni impegno sociale, politico, culturale. L'Italia ha legittimato la sua presenza nella nuova epoca che si apriva, ricordando il suo contributo nella lotta contro il nazismo e il fascismo. De Gasperi alla Conferenza di Parigi per la pace poté dire ai paesi vincitori che gli italiani non erano stati tutti con il fascismo e che perciò dovevano essere chiamati per contribuire alla costruzione di una vita democratica. Perciò la Resistenza si è collegata con quanti, già al sorgere del fascismo, avevano capito la pericolosità di un regime che negava la libertà e avviava l'Italia a una politica estera di aggressione di altri paesi: vedi l'Africa, i paesi Balcanici e altre realtà. La guerra come strumento per risolvere i problemi economici e soprattutto come occasione per affermare la supremazia della razza ariana. Questa supremazia non rispettava, da parte dei nazisti, nemmeno l'alleato italiano. Possiamo dire che la Resistenza ha operato sul piano militare, accelerando la fine della guerra. Avevamo capito che bisognava vincere la guerra per costruire la pace. A cominciare da una scelta, che era appunto per la pace, concorrendo anche noi a vincere la cultura della guerra. Questo valore crediamo si sia sviluppato nella nostra società ed è comunque un valore che si riflette anche negli altri aspetti della nostra vita.
Occorre che la politica scolastica e culturale sia attenta a ciò che le nuove generazioni vanno esprimendo. Oggi è il valore della solidarietà che può aiutarci ad assumere i compiti che una società, come la nostra, ci indica: la globalizzazione apre nel mondo nuovi compiti, come è quello di riorganizzare l'economia, le risorse dei vari paesi, affinché possiamo vivere in un mondo più giusto.
La crescita, il cambiamento devono riferirsi alla persona umana, alla sua dignità. Mai come oggi nella storia l'uomo ha avuto tanta libertà di fare ciò che vuole, ma perché la caduta dei valori non faccia emergere solo gli interessi occorre che l'uomo sappia gestire la sua libertà.
*È stata staffetta della brigata autonoma G. Battisti e del Comando regionale del Corpo volontari della libertà. Insegnante, parlamentare dalla V alla X legislatura, già ministro del Lavoro e ministro della Sanità, ha presieduto la Commissione parlamentare d'inchiesta sulla Loggia P2.
(http://www.treccani.it)
Buon 25 aprile a tutte e tutti