domenica 19 febbraio 2006

Usata vale meno


Avvertenza per la lettura: si tratta di un post lungo.


Definire “demenziale” la sentenza della terza sezione penale Cassazione che ha ritenuto meno grave la violenza sessuale subita da una giovanissima se questa non è più vergine, è quasi un complimento. Si potrebbe dire di molto peggio, ma ci hanno già pensato gli alti vertici della Suprema Corte ad affermare che provvederanno a seppellire la sentenza che farà sì giurisprudenza, ma solo in negativo. La vicenda squarcia tuttavia il velo anche su una storia di massima desolazione morale con la vittima, adesso maggiorenne, che è tornata ad abitare con la madre (alcolizzata) e il patrigno (tossicodipendente) che l’aveva violentata (dal Tg La7 del 18 febbraio 2006).


Di sentenze shock, sull’argomento,
la Suprema Corte
è stata molto prodiga negli ultimi anni, visto che lo stupro è rientrato tra i crimini su cui spesso è stata chiamata a esprimere un giudizio. Sovente le sentenze sono state a favore delle donne. Ma non mancano i casi clamorosi e controversi. Uno degli ultimi e più discussi pronunciamenti risale al febbraio del 1999, quando
la Cassazione
stabilì che non è possibile parlare di stupro se la vittima indossa i blue-jeans. Questa tesi sosteneva, infatti, che non è possibile sfilare questo tipo di pantaloni "nemmeno in parte, senza la fattiva collaborazione di chi li porta". Pochi mesi dopo questa stessa tesi venne smentita da un'altra sentenza della Corte.


L’articolo è di Annalisa Usai (“
la Repubblica
” del 10 febbraio 1999).


“Si era opposta o no con tutte le sue forze al violentatore? Evidentemente no, visto che lo stupratore era riuscito a sfilarle i jeans - indumento che, come tutti sanno, non è sfilabile "senza la fattiva collaborazione di chi lo porta". Dunque la ragazza "ci stava", era "consenziente". Dunque non è stata stuprata. Erano decenni che un concetto come questo non circolava più nelle aule di giustizia. Ci ha pensato
la Cassazione
a rinverdire il vecchio concetto del "ci stava" in una sentenza con cui ha annullato la condanna a due anni e dieci mesi decisa dalla corte d'Appello di Potenza contro Carmine C., 45 anni, istruttore di guida, portato in tribunale da una ragazza di 18 anni, Rosa.


Rosa, quando il suo istruttore di guida la portò in una stradina di campagna e la violentò, indossava i jeans. Un indumento che, come scrivono i giudici della Suprema Corte, "non si può sfilare nemmeno in parte senza la fattiva collaborazione di chi lo porta". Lo sanno tutti, scrivono ancora i giudici, è un "dato di comune esperienza": è impossibile sfilare i jeans se la vittime si oppone "con tutte le sue forze". Per cui, evidentemente, Rosa non si è opposta con tutte le sue forze. E infatti, scrivono i giudici della Cassazione, "è illogico affermare che una ragazza possa subire uno stupro, che è una grave offesa alla persona, nel timore di patire altre ipotetiche e non certo più gravi offese alla propria incolumità fisica".


Ah, Rosa. Ma perché non hai pensato a opporti con tutte le tue forze all'istruttore di guida? Perché non ti sei fermata a riflettere che se ti lasciavi sfilare i jeans i giudici della Cassazione non avrebbero creduto alle tue parole? Eppure la legge, la numero 66 del 15 febbraio 1996, parla chiaro: "Chiunque, con violenza o minaccia o mediante abuso di autorità, costringe taluno a compiere o subire atti sessuali è punito con la reclusione da cinque a dieci anni". Nessun articolo della nuova legge sulla violenza sessuale fa alcun cenno all'obbligo, per la donna violentata, di "difendersi con tutte le forze"; nessun comma ritiene che, in un processo per stupro, si possano usare termini come "logico" o "illogico" per giudicare l'eventuale atteggiamento passivo di una vittima di violenza sessuale.


E' immaginabile, e anche augurabile, che questa sentenza numero 1636 della Cassazione provochi qualche reazione non del tutto benevola. Il passo indietro, dal punto di vista della giurisprudenza, è evidente. E stupisce che una passo indietro così clamoroso sia stato fatto proprio dai giudici della Suprema Corte, quegli stessi che in questi anni si sono distinti - e hanno guadagnato titoli da prima pagina - per sentenze di volta in volta giudicate "rivoluzionarie" e "innovative per il costume": su famiglia, adozione, educazione dei figli, adulterio, droga... su tutto, ma non ancora sullo stupro”.


Ecco una scheda sulle sentenze della Cassazione che hanno affrontato il tema dello stupro o delle molestie sessuali. (www.repubblica.it 17 febbraio 2006)


Aprile 1994. E' "arduo ipotizzare" una violenza sessuale fra coniugi in caso di coito orale in quanto la donna "avrebbe potuto in ogni caso facilmente reagire e sottrarsi al compimento dell'atto da lei non voluto".


Agosto 1997. Se il capoufficio dimostra un "sentimento profondo e sincero" nei confronti della segretaria, non può essere accusato di molestie sessuali sul lavoro, anche se la invita a cena e tenta di baciarla.


Gennaio 1998. Le lacrime di una donna violentata possono diventare un elemento che "inchioda" l'uomo che ha abusato di lei e valere come elemento probatorio "idoneo a garantire la sincerità delle dichiarazioni della parte offesa".
Giugno 1998. La guancia di una donna non è una "zona erogena" ma baciarla senza il consenso dell'interessata ha "tutte le caratteristiche dell'atto sessuale".
Aprile 1999.
La Corte
afferma che violentare una donna incinta al settimo mese non configura una circostanza aggravante del reato di violenza sessuale. E in più si afferma che è anche possibile applicare al violentatore la diminuzione della pena minima per attenuanti generiche perché il caso può anche essere ritenuto tra quelli di "minore gravità".


Ottobre 1999. Sono sufficienti due violentatori per far scattare l'aggravante della violenza sessuale compiuta dal branco.


Dicembre 1999. Non ha diritto a sconti di pena il violentatore che non riesce a congiungersi carnalmente con la vittima per la resistenza che questa gli oppone.
Febbraio 2001.
La Cassazione
stabilisce che la "palpata" ai seni è violenza sessuale al pari di tutti gli atti connotati da "repentinità" e imprevedibilità posti in essere da chi intende, agendo all'improvviso, "vincere la resistenza delle vittime". La condanna riguarda un impiegato di un istituto tecnico che toccava le allieve.
Novembre 2001. I giudici ribadiscono che la circostanza che una donna indossi i jeans non è da sola sufficiente a escludere il reato di violenza sessuale, specie se la paura della vittima di subire altre violenze da parte dell'assalitore determina la possibilità di sfilare più facilmente i pantaloni.


Dicembre 2002. Il fatto che una donna sia "disinvolta" e "disponibile all' approccio amicale non può costituire motivo per concedere all'uomo che l'ha violentata l'attenuante e la riduzione di pena prevista per i fatti di minore gravità".
Novembre 2005. Nel caso riguardante due uomini
la Cassazione
sentenziò che la "palpatina" sui pantaloni di una persona configura il reato di violenza sessuale se chi la riceve non è consenziente.


Ma una nota di misoginia sembra talora pervadere questi magistrati. Non si tratta ancora una volta di violenza sessuale, ma il seguente pronunciamento - reso noto nei primi giorni di marzo dello scorso anno - è fonte ugualmente di parecchie perplessità.


“A tradire il marito con una donna si paga doppio, stando alla Cassazione, che ha addebitato alla signora adultera e lesbica la separazione, affidando al marito sia le figlie che la casa. Il tradimento saffico della moglie è stato infatti giudicato motivo di addebito nella separazione in quanto fattore «dissolutivo della convivenza» ed elemento «lesivo dei sentimenti» dei figli. Il tutto nella sentenza che ha affrontato il primo caso di separazione dovuta alla scoperta - da parte del marito, un professionista palermitano - del legame omosessuale della consorte, dopo 21 anni di matrimonio e tre figlie.


Era stata la signora a chiedere la separazione (per infedeltà, ma il pezzo, in questo caso de “
la Repubblica
”, non ne parla, a differenza de “l’Unità” del 4 marzo
), nel 1997, dal marito, sposato nel 1976. Ma nel corso della causa era invece emerso che Anna aveva perso la testa per un’ex compagna di scuola di una delle sue figliole e aveva una “liason” amorosa proprio con questa studentessa. Alla fine dell’istruttoria la colpa fu addossata interamente alla donna: le figlie vennero affidate al marito che ottenne anche il diritto a vivere nell’appartamento coniugale. Invano la donna ha cercato di ribaltare il verdetto sfavorevole che le ha tolto casa e figlie.
La Cassazione
ha infatti confermato la responsabilità della signora e rigettando il ricorso l’ha condannata pure a pagare 3.100 euro di spese processuali”. (“
la Repubblica
del 3 marzo 2005)


Mi chiedo: ma cosa avranno mai contro le donne?

9 commenti:

  1. E' un argomento che mi sta prendendo molto in questi giorni, ne discuto spesso anche con le mie colleghe.

    Mi chiedo anche io cosa avranno contro le donne e, soprattutto, di questo passo dove arriveremo? A non riconoscere più cosa vuol dire "violare"?

    Come donna sono più che preoccupata.

    Grazie per aver postato questo articolo.

    Buonanotte, carissimo.

    Anna :)

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  2. ANNA, anch'io sono molto sensibile all'argomento e lo testimoniano vari post dedicati alle donne, alla violenza nei loro confronti e allo sfruttamento. E' molto importante (e confortante) che ne parliate tra voi, affinché crescano la consapevolezza e la determinazione per un'identità femminile violata.

    In una società impaurita si mettono a repentaglio i diritti acquisiti (e con che fatica) dalla parte che resta ancora debole.

    Buona settimana, carissima amica.

    :-)))))))))))))))

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  3. La cosa che a me spaventa e preoccupa di più sta a monte dell'atto finale di quella sentenza orrida: mi spaventano le madri che "non sapevano", che cadono dalle nuvole, che permettono a ragazzine di condurre una vita da trentenni per menefreghismo, ignoranza, comodo. Mi spaventa per prima L'INCAPACITA', l'inattitudine al ruolo di madre.





    Ciao Frank.



    -S-

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  4. siamo su una china molto pericolosa e noi donne scontiamo tutto questo diffuso sentimento "reazionario" .

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  5. Vorrei commentare, i pensieri fanno calca dietro la lingua, intorpidendola.

    E per fortuna. Sia mai che nell'impeto, nell'urgenza, mi vengano parole superficiali, vero Dovesei?

    Ciao Frank, buona serata

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  6. Non ce la faccio Frank. Volevo scrivere un post anche io ma non posso, non ci riesco, fa ancora troppo male.

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  7. DOVESEI, sono completamente d'accordo con te, anche perché in queste vicende così squallide il ruolo non adeguato dei genitori, della madre nella fattispecie, è all'origine di un grande equivoco. L'immagine delle ragazzine che conducono una vita da trentenni è assai efficace e, purtroppo, anche diffusa. Forse è un miracolo che non tutte (si spera) subiscono identica sorte.

    Il ruolo genitoriale è più che mai delicato e so che tu ne sei interprete ineccepibile, da prendere come punto di riferimento.

    Un caro abbraccio



    MAFALDABLUE, si tratta di una china pericolosissima, proiettata verso una deriva reazionaria e mettere in inferiorità le donne vessandole è una spia allarmante di tutto ciò. Già, ma chi lo raccoglie questo allarme? Spero non sia troppo tardi.

    Un caro saluto



    ASTIME, rilevo una punta velenosetta nel tuo commento rivolta ad un'altra blogger: spero di aver equivocato.

    Buona serata anche a te.

    Ciao, Astime



    VITAROSA, comprendo bene, perciò un caro abbraccio penso sia efficace.

    Ciao, cara amica.

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  8. Non hai equivocato Frank. Per approfondire chiedo a te e a dovesei: crescere in un basso, magari prostituendosi, è una colpa? E se poi arriva un figlio, quale modello genitoriale viene agito? E ancora: quante sono le vittime, solo la figlia o anche la mamma, la mamma della mamma...? Giudicare con il nostro bel registro quanto è adeguata e capace una mamma senza rilevarne il contesto e umanamente comprendere, non mi basta.

    Mi interessa capire e non giudicare.

    Scusa se ho offeso la tua ospite e te.

    Ciao

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  9. ASTIME, scuse accettate. Ci tengo troppo a tutti gli ospiti sempre molto graditi e mi dispiacerebbe se si sviluppassero dei conflitti di cui non avverto, davvero, la necessità.

    Anche perché, così frammentato, un dialogo si presta suo malgrado ad essere fonte di scontri.

    Buona giornata, ciao

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