Tre persone. Due uomini e una donna che offrono, consapevolmente o meno, la loro sofferenza al mondo. Karol Wojtyla, Ranieri di Monaco, Terri Schiavo.
Il primo, Giovanni Paolo II, vanta già un lunghissimo pontificato (26 anni). Ha contrassegnato gli ultimi due decenni del secondo millennio, percorrendo il mondo, incontrando i potenti della Terra, ma anche gli ultimi, quelli che dovrebbero essere i più affini ideologicamente. Adesso, pur stremato e stanco, non intende rinunciare alle sue prerogative. E insiste. E si dispera, come eloquentemente aveva mostrato due domeniche fa, battendo con forza la mano sul leggio, davanti ai fedeli in piazza S. Pietro. Quel gesto mi aveva scosso. Poi, ancora ieri, l’afasia e il tentativo di parola, un rantolo che il microfono, improvvidamente aperto, aveva amplificato in tutto il mondo. Un abbozzo di benedizione. I miei occhi lucidi.
Il secondo, un principe della terra, regnante su un minuscolo, ma ricchissimo stato, versa in condizioni gravissime nell’ospedale di Monaco, mentre i sudditi sono in attesa del fatale annuncio e la diplomazie, i cerimonieri si adoperano affinché la morte non coincida con le nozze di un altro principe. Il protocollo non lo permetterebbe. E’ molto amato, il principe Ranieri, da tutta la popolazione. Il suo matrimonio con Gene Kelly fece sognare e venne vissuto come una bella favola, interrottasi poi tragicamente. Il lutto sarà di tre giorni e coinvolgerà anche la nota, grazie a lui, squadra calcistica del Monaco.
La terza, è diventata un oggetto mediatico, scaraventato nelle nostre case dal tam tam delle televisioni d’oltreoceano. Terri Schiavo, che vegeta in un letto d’ospedale (e non in casa dei genitori) da 15 anni, avrebbe diritto ad una morte dignitosa, mentre siamo costretti ad assistere ad una crociata che la destra religiosa e politici a caccia di voti, stanno cavalcando senza pudore e rispetto, con un clamore rivelatore anche delle profonde contraddizioni degli ambienti neoconservatori statunitensi, che si battono violentemente contro l’aborto, manifestano per l’embrione, ma rieleggono un presidente che due anni fa ha aggredito, con falsi pretesti, un paese straniero, iniziando una guerra che ha provocato almeno 100mila morti tra i civili iracheni, oltre 1500 tra i militari Usa (e per carità di patria lascio stare quelli italiani, soldati e non) e che, da governatore del Texas, fu un boia spietato. Tutto ciò accade in una nazione, dove la pena di morte è applicata in molti stati.
Tre persone, due uomini e una donna, diversissime tra loro, simbolo di questa nostra epoca, dove anche la macabra danza della morte è essa stessa occasione di spettacolo, mentre il silenzio si presterebbe meglio ad accompagnare queste parabole discendenti. Nel massimo rispetto per tutti.