La Costituzione della Repubblica Italiana
Art. 9
La Repubblica tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione.
Prefazione
di Marco Travaglio
Nei miei primi venticinque anni, la Liguria è stata sinonimo di mare, di vacanze, di estate, di focacce, di pesce fresco, di ragazze, di allegria. Poi, quando cambiai rotta per le ferie, rimase un bel ripostiglio di ricordi e di emozioni, che riemergevano a ogni canzone di De André, a ogni spettacolo di Grillo, a ogni poesia di Montale, a ogni film di Villaggio. Nel luglio del 2006 mi arrivò il numero 5 di «MicroMega». C'era una lunga inchiesta di Marco Preve e Ferruccio Sansa, due fra i migliori cronisti che conosca. S'intitolava «L'Unione fa il cemento». Da allora, la Liguria mi è diventata sinonimo di tristezza, di rabbia, di impotenza. Decisi di fare qualcosa, nel mio piccolo.
Ripresi l'inchiesta in una delle mie rubriche quotidiane su «l'Unità». La intitolai «Calce & Martello», nella speranza di provocare una qualche reazione dei politici citati. Invitai i turisti che stavano per mettersi in autostrada verso le spiagge liguri a munirsi di macchina fotografica per immortalarne i paesaggi marini, perché quello poteva essere l'ultimo anno utile per ammirarli, prima della grande colata di cemento, prima della «ra-pallizzazione-bis». Domandai che fine avesse fatto la sensibilità ambientalista del centrosinistra che governava la Regione quasi ininterrottamente da sessant'anni. Citai le cifre di Preve e Sansa a proposito dei quindici progetti per altrettanti porti turistici da 9.807 posti-barca che, oltre a occupare buona parte di quel che resta della costa, porteranno con sé 37.882 metri quadri di edilizia residenziale, 51.601 di uffici e negozi, 19.122 di alberghi, 33.918 di artigianale e 11.007 posti auto fra Ventimiglia, Bordighera, Diano Marina, Alassio, Loano, Savona, Finale, Albissola, Varazze, Arenzano, Santa Margherita, Portovenere. (Ma adesso si scopre che in tutta la Liguria, come ricordano gli autori in questo libro, sono in arrivo quasi tre milioni di metri cubi di cemento!)
Ricordai il patto d'acciaio siglato a Imperia dai due Claudii: il reuccio del luogo, il forzista Claudio Scajola detto «Sciaboletta», e il governatore diessino Claudio Burlando, che avevano da poco festosamente posato la prima pietra del nuovo porto: un'opera faraonica da 90 milioni di euro, con 1.392 posti barca, 1.887 posti auto, 40.000 metri cubi di edifici con 100 appartamenti, e poi garage, commercio, officine e si parla persino di un campo da golf con vista mare. Cerimonia nobilitata dalla presenza dei rappresentanti della società costruttrice: l'Acquamare di Gaetano, Francesco e Ignazio Bellavista Caltagirone, uno dei tanti nomi eccellenti, quest'ultimo, sfiorati dall'inchiesta Antonveneta, in cui era ed è coinvolto anche l'immobiliarista piemontese Luigi Zunino, uno dei furbetti al seguito di Ricucci nelle scalate illegali del 2005. Quello stesso Zunino che è pure impegnato nella costruzione di case extralusso sulla costa di Alassio. Così come Gianpiero Fiorani, quello del blitz su Antonveneta, era interessato alla mega-speculazione sull'ex Italcementi di Imperia, ed era in intimi rapporti con altri protagonisti delle speculazioni in Liguria: il trasversalissimo e dunque sempreverde costruttore pluri-indagato Marcellino Gavio; il senatore forzista ligure Luigi Grillo; la banca Carige, nel cui Cda siedono il fratello di Scajola e il figlio dell'eurodeputato Udc Vito Bonsignore, pure lui indagato come Grillo per il fallito assalto ad Antonveneta.
Rammentai il caso di Savona, che sarà presto ingentilita da tre grattacieli: una torre e un crescent progettati dall'architetto catalano Ricardo Bofill e il «faro ricurvo» ideato da Massimiliano Fuksas, un bananone luminoso alto 120 metri a strapiombo sul mare. En passant, citai anche lo scandalo di Rapallo, che rischia di essere «ri-rapallizzata» con operazioni immobiliari nello splendido borgo di San Michele di Pagana, uno dei pochi scampati alla cementificazione selvaggia del dopoguerra: «la Repubblica» aveva appena svelato un'inchiesta della Procura di Chiavari, incuriosita dalla presenza dei figli del sindaco di destra Ezio Armando Capurro, detto «il Berlusconi del Tigullio», nell'immobiliare che aveva acquistato le aree su cui stava per sorgere un hotel a 4 stelle sebbene lo stesso Comune le considerasse inedificabili (trovai irresistibile, fra l'altro, che Capurro portasse lo stesso nome del simpatico truffatore interpretato da Totò ne I due marescialli con Vittorio De Sica).
La mia rubrica su «l'Unità» si concludeva con un espediente retorico, tra il beffardo e il provocatorio: «Ce n'è abbastanza per prevedere che, alla fine dei lavori, il paesaggio ligure ne uscirà, se non sfigurato, ampiamente modificato. E c'era da immaginare che l'inchiesta uscita su "MicroMega" suscitasse dibattiti, polemiche e soprattutto smentite dalla giunta regionale. Niente di tutto questo. Silenzio di tomba. Nessuna smentita nemmeno sulla presunta "pax burlandiana", cioè sul ruolo decisivo di molti esponenti della sinistra ligure e sugli strani trasversalismi fra comuni di destra e di sinistra interessati ai progetti. Forse gli amministratori regionali erano troppo impegnati in altre faccende, per leggere la lunga inchiesta di "MicroMega" e per rispondere. Per questo l'abbiamo riassunta su "l'Unità": nella speranza che qualcuno ci dica che è stato tutto un brutto sogno, e che non è vero niente».
L'articolo uscì il 30 agosto 2006. Sto ancora aspettando una risposta, un cenno, una parola. Niente. Nemmeno ai lettori de «l'Unità» il compagno Burlando ritenne di dovere delle spiegazioni. Non pervenuto. Lui, del resto, preferisce rivolgersi direttamente agli editori per lamentarsi dei giornalisti che lo criticano. Ama le scorciatoie. Come quando fu sorpreso in auto mentre imboccava in contromano una superstrada e, fermato dalla polizia, estrasse pure il tesserino di ex parlamentare, peraltro scaduto.
Nel frattempo Preve e Sansa hanno continuato a scavare in quella lingua di terra che rischia di diventare la nostra Striscia di Gaza, senza bombe ma tutta asfalto e cemento. Con meno abitanti (caleranno di centomila unità nei prossimi vent'anni), ma con più case, più auto, più barche, più turisti (ancora!) e più arresti per tangenti e gare truccate. Ne è nato questo bel libro, scritto con precisione e amore non solo per i dettagli, ma anche per la terra di Liguria devastata da orde di predatori indigeni e importati da fuori. Che non sono però i tamarri da spiaggia libera armati di stereo in spalla e tovaglia di spugna. Sono politici, amministratori, architetti, costruttori, speculatori, immobiliaristi, qualche mafioso, col contorno delle immancabili cooperative rosse che non mancano mai per garantire la mancanza di opposizione a sinistra. Non a caso, alle ultime elezioni politiche, per la prima volta dalla Liberazione il centrodestra ha scavalcato il centrosinistra, violando una delle ultime roccaforti «rosse» considerate inespugnabili e puntualmente espugnata.
Non ci sono soltanto storie di ordinario malaffare e straordinaria speculazione, in Il partito del cemento. Ma anche racconti ai confini della realtà, come quello dei medici che posano in gruppo con lo sgovernatore Burlando in un memorabile calendario e poi si ritrovano quasi tutti promossi a primari. E c'è soprattutto la nostalgia per una terra povera ma bella, che un tempo attirava uomini di cultura da tutto il mondo, da Marguerite Duras a Ernest Hemingway, e oggi calamita palazzinari e professionisti del brutto, sempre più rinomata per la malapolitica e per le retate di colletti bianchi. Anzi, sporchi.
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