giovedì 24 dicembre 2009

Gli auguri al tempo del B.








 


Questo blog resterà chiuso per alcuni giorni. Ma tornerò.


Lascio questa bellissima immagine che una cara amica mi ha inviato e due perle scovate in Rete. Si ride, per non piangere o non scandalizzarsi per le ultime oscene uscite del papi che blatera di “valori cristiani”. Santo subito, no? Magari martire!


 


L'Epapifania


Vincenzo Schinella


Il Presidente del Consiglio, convalescente ma sempre lucido, approfitta dell’imminente Natale per scalare gli indici di gradimento.


 


Giacché siamo in clima, il Presidente del Consiglio, convalescente nel fisico, sempre lucido e rapace nella mente, approfitta dell’imminente Natale per scalare gli indici di gradimento e i sondaggi affidandosi ad una inconsueta apparizione che, per molti aspetti propagandistici, sfiora il mistico: la telefonata dell’amore, della speranza e della carità.


La prima di queste Silvio-fanìe, durante una manifestazione di solidarietà organizzata a Verona; la seconda sul sito de ‘Il Giornale’ di Feltri. Abbandonati i toni da guerriglia verbale, dopo i fatti di piazza Duomo, il nuovo refrain risuona di tematiche cristiane, echeggia di parole morbide, parla d’amore e di carità: un mix in perfetta sintonia con quella strana, assurda e perlopiù ipocrita atmosfera che aleggia in Italia attorno al 25 dicembre di ogni anno. Il parallelismo col messaggio di Papa Giovanni XXIII non può che essere immediato: ‘la mia è una voce sola ma riassume la voce del mondo intero’. Ma oggi, dalle carezze ai nostri bambini, si è passati alle tessere per il popolo elettore. I toni della voce sono gli stessi: caldi, suadenti e, a tratti, commossi. Il gesto di Tartaglia aveva già di per sé risollevato i gradimenti del Cavaliere nei sondaggi: così, giusto per non perdere l’onda lunga da cavalcare a scopi propagandistici, ecco la trovata del messaggio telefonico che ha almeno due vantaggi rispetto a quello televisivo. Il primo, dati i vistosi medicamenti al volto del Presidente, è di rimandare l’immaginario collettivo alla sofferenza non ostentata, quasi gelosamente e pudicamente nascosta alla ridda delle telecamere e perciò stesso più autentica e toccante; il secondo è di affidare ad un messaggio solo vocale un significato quasi trascendentale usando come transfert emozionale le parole amore-dolore-Natale. Giusto per ricucire qualche strappo con l’elettorato cattolico consumatosi dopo le notizie delle frequentazioni di Villa Certosa e Palazzo Grazioli.


Questa è l’arte del nostro Presidente del Consiglio che, dopo le dichiarazioni dei suoi fedelissimi circa il non voler strumentalizzare l’aggressione di Tartaglia a fini politici, ora si ciba direttamente di quell’aggressione costruendo su di essa non solo l’immediata contromossa populista ma, addirittura, l’intera compagna pubblicitaria e politica futura: il Partito dell’Amore contro l’esercito del Male. Anche Cicciolina, a suo tempo, aveva fondato il Partito dell’Amore: il premio, in quel caso, era una palpata alle tette della Pornostar ad ognuno che si dichiarava suo votante. C’è da chiedersi quale sia il premio riservato oggi ad ogni votante di questa nuova propaggine politica emanante Bontà Infinita. Lasciateci la consapevole ignoranza di non volerlo mai sapere!


L’ultimo aspetto che val la pena sottolineare è il tentativo di derubricazione, anche questo ben celato dietro la dicotomia biblica Amore-Odio, di tutti gli aspetti negativi della figura del Presidente del Consiglio. E’ inutile dire che è malato perché frequenta minorenni; è inutile dire che è mafioso perché dei giudici stanno indagando sui suoi rapporti durante gli anni delle stragi; è inutile dargli del corruttore perché è stato condannato il suo diretto corrotto: tutto ciò porta solo odio. Amiamoci, invece. Viva la fig… cioè: viva l’Amore. Con buona pace della sig.ra Veronica Lario, delle Procure, dei Giudici, di Repubblica e Travaglio. Insomma: ancora una volta un attacco viscerale a tutto ciò che, democraticamente, si oppone alla sua figura totalizzante. Ma sarà difficile, adesso, spiegare che Boffo e Fini sono stati attaccati da un giornale estraneo alle volontà del Presidente Berlusconi dal momento che proprio al sito di quel giornale è stata affidata la consacrazione della nuova strategia di avanzamento.


Ancora una volta, il camaleonte ha cambiato il colore della pelle: come ogni volta, al mutare della stagione.


Perciò, questa sera, tornando a casa, troverete i bambini: date una carezza ai vostri bambini e dite che questa è la carezza di Democrazia e il Natale, se esiste, così come il domani di questo Paese, di sicuro non è quello di cui va raccontando in giro il Presidente del Consiglio d’Italia.


http://www.corriereweb.net/politica-e-societa/interni/1630-lepapifania.html


 


 





 


 



Che gelido trenino


           


Il freddo rende migliori. Penso a Mauro Moretti, amministratore delle Ferrovie dello Stato. La sua voce, che ancora l’altra settimana celebrava le magnifiche sorti e progressive dell’Alta Velocità, si è librata ieri attraverso i binari ghiacciati del Paese per invitare i passeggeri a munirsi di coperte, maglioni, acqua e panini. Era questa la dimensione epica che sognavamo. Il viaggio verso la casa dei padri trasformato in esperienza mistica: da Torino a Reggio Calabria come per un pellegrinaggio a Santiago di Compostela. Si parte in un modo e si arriva in un altro, se si arriva. E’ una prova iniziatica: quel che conta è sopravvivere alle insidie disseminate lungo il cammino.


Si comincia con la ricerca del treno. Irta di trabocchetti, perché sul binario per Aosta c’è scritto Ancona e per non passare le vacanze con i parenti sbagliati bisogna interrogare gli oracoli in divisa da capostazione. Poi scatta l’attesa: arriverà il treno, e una volta arrivato, ripartirà? Arriva e riparte, ma alla prima galleria un orco cattivo spalma ghiaccio sui binari e fa saltare l’elettricità nei vagoni. Così si rimane fermi e al buio sul gelido trenino di Moretti, che per fortuna ce lo lascia riscaldar. Coperte, maglioni: i più multistrato di noi sembrano un incrocio fra Totò a Milano e l’omino Michelin. Si riparte, ma è un’illusione, come quel rumore in sottofondo: biscotti, caffè… In realtà i candidati restano soli con le proprie paure e devono attingere alle risorse più segrete del loro zaino: acqua e panini. Dipende tutto dal ripieno: se è abbastanza calorico, usciranno a riveder le stelle, prima o poi.


   22/12/2009


 

martedì 22 dicembre 2009

L’amore al tempo del B.


Travolto da un’insostenibile melassa che dilaga ovunque da quel giorno fatale, ho stentato parecchio a venirne fuori raschiando l’appiccicosità ed anche la putrescenza ormai allo stato avanzato. Una melassa di ipocrisia che maschera il vero intento dell’autonominatosi Partito dell’Amore che, nella realtà storica, venne fondato dalla più meritevole Cicciolina, le cui (presunte) oscenità diventano capricci da collegiale se confrontate al delirio patologico in cui si sono sfrenati i più illustri pensatori del Pdp (Partito del papi).


La mente, si fa per dire, più lucida (altro eufemismo) è stata quella di Cicchitto il quale, indossato il cappuccio delle grandi occasioni, ha cosparso di liquame il Parlamento. Basta ascoltare qualche frammento.



 



Non ancora appagati segue un indicativo elenco della sobrietà di cui sono tracimanti i papisti.






“COGLIONI, KAPÒ E MENTECATTI” L’AMORE SECONDO B.


 


Dal ‘94 ad oggi l’infinita serie di insulti del premier e dei suoi

di Peter Gomez e Marco Travaglio




Il capogruppo dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ieri ha spiegato in Parlamento che dal 1994 è in corso in Italia “una campagna d’odio” contro Silvio Berlusconi. Fortunatamente il premier è intervenuto subito e dall’ospedale San Raffaele, dove è ricoverato dopo la vergognosa e ingiustificabile aggressione subita domenica sera, ha ricordato che "l’amore vince sull’odio”. Lo dimostrano, tra l’altro, le centinaia di interventi suoi e di esponenti del centrodestra che negli ultimi 15 anni sono sempre stati improntati al buon senso e alla moderazione. Ecco dunque una necessariamente breve antologia delle migliori frasi di quello che potrebbe essere chiamato il Partito dell’Amore.


Il bon ton con gli avversari


"Veltroni è un coglione" (Berlusconi, 3/9/95). "Veltroni è un miserabile" (Berlusconi, 4/4/2000). "Giuliano Amato, l'utile idiota che siede a Palazzo Chigi" (Berlusconi, 21/4/2000). "Prodi? Un leader d'accatto (Berlusconi, 22/2/95). "La Bindi e Prodi sono come i ladri di Pisa: litigano di giorno per rubare di notte" (Berlusconi, 29/9/96). "Prodi è la maschera dei comunisti" (Berlusconi, 22/5/2003). "Prodi è un gran bugiardo pericoloso per tutti noi" (Berlusconi, 21/10/2006). “Prima delle elezioni ho potuto incontrare due sole volte in tv il mio avversario, e con soli due minuti e mezzo per rispondere alle domande del giornalista e alle stronzate che diceva Prodi” (Berlusconi alla scuola di formazione politica di Forza Italia, 2 luglio 2007)."Con Prodi a Palazzo Chigi è giusto dire: piove governo ladro" (Berlusconi, 10/4/2008). “Il centrosinistra? Mentecatti, miserabili alla canna del gas” (Berlusconi, 4/4/2000)."Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò" (inaugurando la presidenza italiana dell’Unione europea e rispondendo a una domanda del capogruppo socialdemocratico, il tedesco Martin Schulz, sul conflitto d’interessi, 2 luglio 2003). "Sono in politica perché il Bene prevalga sul Male. Se la sinistra andasse al governo l’esito sarebbe questo: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo (Berlusconi, 17/1/2005).

Il rispetto per gli elettori


“Lei ha una bella faccia da stronza!” (alla signora riminese Anna Galli, che lo contestava, 24/7/ 2003).“Non credo che gli elettori siano così stupidi da affidarsi a gente come D’Alema e Fassino, a chi ha una complicità morale con chi ha fatto i più gravi crimini come il compagno Pol Pot” (Berlusconi, 14 dicembre 2005). "Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse" (discorso di Berlusconi davanti alla Confcommercio il 4/4/2006). “Le nostre tre “I”: inglese, Internet, imprese. Quelle dell’Ulivo: insulto, insulto e insulto” (27/5/2004).


L'armonia con gli alleati


Berlusconi: “Parliamo della par condicio: se non abbiamo vinto le elezioni, caro Follini, è colpa tua che non l’hai voluta abolire”. Follini: “Io trasecolo. Credevo che dovessimo parlare dei problemi della maggioranza e del governo”. Berlusconi: “Non far finta di non capire, la par condicio è fondamentale. Capisco che tu non te ne renda conto, visto che sei già molto presente sulle reti Rai e Mediaset”. Follini: “Sulle reti Mediaset ho avuto 42 secondi in un mese”. Berlusconi: “Non dire sciocchezze, la verità è che su Mediaset nessuno ti attacca mai”. Follini: “Ci mancherebbe pure che mi attacchino”. Berlusconi: “Se continui così, te ne accorgerai. Vedrai come ti tratteranno le mie tv”. Follini: “Voglio che sia chiaro a tutti che sono stato minacciato” (Discussione con l’Udc Marco Follini, secondo i quotidiani dell’11 luglio 2004).


La sacralità delle toghe


“I giudici sono matti, antropologicamente diversi dal resto della razza umana... Se fai quel mestiere, devi essere affetto da turbe psichiche” (Berlusconi, The Spectator, 10/9 2003). “In tutti i settori ci possono essere corpi deviati. Io ho una grandissima stima per la magistratura, ma ci sono toghe che operano per fini politici. Sono come la banda della Uno bianca” (Berlusconi, dopo l’arresto del giudice Renato Squillante, 14/5/96. Ma il riferimento è per quelli che l’hanno arrestato).

“I Ds sono i mandanti delle toghe rosse. Noi non attacchiamo la magistratura, ma pochi giudici che si sono fatti braccio armato della sinistra per spianare a questa la conquista del potere” (Berlusconi, 1/12/99). “I giudici di Mani Pulite vanno arrestati, sono un’associazione a delinquere con licenza di uccidere che mira al sovvertimento dell’ordine democratico” (Vittorio Sgarbi, “Sgarbi quotidiani”, Canale5, 16/9/94).


“Gian Carlo Caselli è una vergogna della magistratura italiana, siamo ormai in pieno fascismo: si comporta come un colonnello greco, in modo dittatoriale, arbitrario, intollerante. I suoi atti giudiziari hanno portato alla morte” (Vittorio Sgarbi, 8/12/94). “Nelle mie televisioni private non ci sono mai state trasmissioni con attacchi, perchè noi siamo liberali” (Berlusconi, 21/ 5/2006). "Silvio Berlusconi, durante l'ufficio di presidenza del Pdl ancora in corso, secondo quanto riferito da alcuni partecipanti, ha parlato di una vera e propria persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, che porta il paese sull'orlo della guerra civile" (Ansa, 29/11/09)


La fiducia nella democrazia


"Si è messo mano all’arma dei processi politici per eliminare l’opposizione democratica. Non siamo più una democrazia, ma un regime. Da oggi la nostra opposizione cessa di essere opposizione a un governo e diventa opposizione a un regime" (Berlusconi, dopo una condanna in primo grado tangenti, 8/8/98).


“La libertà non si può più conquistare in Parlamento, ma con uomini lanciati in una lotta di liberazione. Senza la devoluzione, da qui possono partire ordini di attacco dal Nord. Io sono certo di avere dieci milioni di lombardi e veneti pronti a lottare per la libertà” (Umberto Bossi al “parlamento padano”, presente Berlusconi, Ansa, 29/9/2007). "Boicotteremo il Parlamento, abbandoneremo l’aula, se necessario daremo vita a una resistenza per riconquistare la libertà e la democrazia” (Berlusconi, 3/3/95). "In Italia c’è uno Stato manifesto, costituito dal governo e dalla sua maggioranza in Parlamento, e c’è uno Stato parallelo: quello organizzato in forma di potere dalla sinistra nelle scuole e nelle università, nel giornalismo e nelle tv, nei sindacati e nella magistratura, nel Csm e nei Tar, fino alla Consulta. Se si consentirà a questo Stato occulto di unirsi allo Stato palese, avremo in Italia un regime vendicativo e giustizialista, mascherato di legalità e ostile a tutto ciò che è privato" (Berlusconi, 5/4/2005). "Adesso diranno che offendo il Parlamento ma questa é la pura realtà: le assemblee pletoriche sono assolutamente inutili e addirittura controproducenti".(Berlusconi, 21/5/2009)


Il galateo istituzionale


“Il presidente Scalfaro è un serpente, un traditore, un golpista” (Berlusconi, La Stampa, 16/1/95). "Altro che impeachment! Scalfaro andrebbe processato davanti all’Alta Corte per attentato alla Costituzione. E di noi due chi ha maneggiato fondi neri non sono certo io. D’altra parte, Scalfaro da magistrato ha fatto fucilare una persona invocandone contemporaneamente il perdono cristiano. Bè, l’uomo è questo! Ha instaurato un regime misto di monarchia e aristocrazia” (Berlusconi 18/1/95). "Io non sono in contrasto con il capo dello Stato, non ne ho nessun motivo, anzi sono un suo sostenitore convinto. Ho con lui un rapporto molto cordiale" (Berlusconi, 28/2/95). "Ma vaffanculo!" (Berlusconi, accompagnando l’insulto con un gesto della mano, mentre il presidente emerito Scalfaro denuncia in Senato il «servilismo» della politica estera del suo governo nei confronti degli Usa sull’Iraq, 27/9/2002).


"Italia vaffanculo" (Tre eurodeputati leghisti, commentando in aula a Strasburgo l'intevento del presidente Carlo Azeglio Ciampi, 5/7/05). "Questi signori, che hanno vinto delle elezioni taroccate, hanno arrogantemente messo le mani sulle istituzioni: il presidente della Repubblica è uno di loro" (Berlusconi, riferendosi al presidente, Giorgio Napolitano, 21/10/06).


(mercoledì 16 dicembre 2009)


 


Ed ecco in cosa ci si è potuti imbattere nei giorni dell’amore.


 


LUI ORDINA LORO ESEGUONO


Da Porta a Porta a Pomeriggio Cinque: le parole di Cicchitto hanno dato il via al processo mediatico

di Carlo Tecce




Chissà se Fabrizio Cicchitto cercava la sintesi di uno psichiatra.


Alessandro Meluzzi, ospite fisso di Pomeriggio Cinque, cade in un’amnesia a scanso di equivoci: “Come si chiama questo personaggio? Tartaglia o Travaglio. Sì, Tartaglia”.


Il salto di carriera da terrorista mediatico a terrorista materiale è automatico, introiettato nel palinsesto a senso unico: un salotto televisivo, un programma di cronaca rosa, un dibattito cosiddetto politico. Et voilà, i telespettatori di Barbara D’Urso possono confondere l’attentatore di piazza Duomo con il giornalista del Fatto.


Per la dietrologia più raffinata c’è Porta a Porta.


Il titolo della puntata: “Di chi è la colpa?”.


Bruno Vespa oscilla tra il primo grado e l’appello, nel giro di 15 minuti confeziona e trasmette la sentenza inoppugnabile di Cassazione: l’intervento di Travaglio sul sito di Beppe Grillo, spezzoni incollati con l’arte del pubblico ministero più scafato.


Chi guarda deve rielaborare il concetto: c’è un colpevole oltre Tartaglia – non più un mandante, roba vecchia superata dalle minacce di Cicchitto alla Camera – e Vespa mostra al pubblico Travaglio.


Domanda: chi è il colpevole, adesso ? Il pezzo di Daniela Di Marzo è incartato nelle premesse di Vespa e di Altero Matteoli.


Se Travaglio è un terrorista che sia di rosso vestito: “C’è un clima più surriscaldato del ‘48 – dice Vespa – L’onorevole Bellisario (Idv) non è d’accordo, aspetti. Ecco...”. E qui il ministro interrompe, svelto nell’argomentazione: “Con Togliatti, nel ‘48 avevano le pistole in tasca. Oggi non ci sono le pistole, ma la parola è più dannosa. La parola è la pistola”.


Ora l’italiano potrà ascoltare Travaglio.


Il conduttore ha l’impressione di avere sbagliato, allora chiama a sé il maggiordomo e gli consegna un bigliettino: “Urgente, telefonare Travaglio”.


La trasmissione è registrata nel pomeriggio, il giornalista non è collegato né in diretta né in bassa frequenza. Soltanto Silvio Berlusconi, la sera della bocciatura del lodo Alfano, è riuscito a telefonare per infilarsi (con i tempi giusti) nel dibattito. Il giorno del famoso “sei più bella che intelligente” a Rosy Bindi.


Travaglio rifiuta l’ingresso nel buio, Vespa annuncia e prosegue.


Nell’agone di Porta a Porta, senza la zavorra del contraddittorio, Alessandro Sallusti (condirettore del Giornale) e i ministri Matteoli e Bondi disegnano il profilo del colpevole. Perché Vespa all’inizio aveva arringato da legale di Tartaglia: “Era molto informato, non solo uno squilibrato. È stato trascinato”. Bondi è preoccupato: “Ci sono dei fenomeni di radicalismo politico”. Quel che appare è rivelato dai sondaggi: per Renato Mannheimer c’è un clima di violenza. La paura – creata da chi? Non da Tartaglia – unisce elettori del Pdl e del Pd. Destra e sinistra. Contro? Dilemmi sospesi nel vuoto.

L’operazione Cicchitto è ripresa da Omnibus, su La7 schierano un terzetto di varia estrazione e comune indirizzo: Gianni De Michelis, ora consulente di Brunetta; Filippo Facci, editorialista di Libero; Francesco Storace, ultimo satellite del Pdl.


A più voci insistono che Travaglio, oltre l’eversione, è capace persino di condizionare l’Italia dei valori che, a sua volta contagia il Partito democratico e che, in ultima prognosi, diffonde la malattia all’intera sinistra.


De Michelis ha una strategia: “Isolare Di Pietro”, mal consigliato da Travaglio.


A Mattino Cinque inneggiano ai sentimenti puri di Berlusconi, rileggono odi et amo di Catullo: l’amore del presidente, l’odio di Travaglio.


Claudio Brachino è così emozionato che si zittisce, fa commentare a Paolo Liguori, direttore del Tgcom: “Nelle parole di Travaglio non c’è barlume di pietà né di amore. Queste parole possono istigare alla violenza”.


Tocca alla D’Urso, processo brevissimo a Pomeriggio Cinque.


Sallusti: “Gli alleati di Di Pietro debbono vergognarsi”.


Meluzzi: “Ci sono lanciatori di pietre. Grave il gesto di Milano. Come si chiama questo personaggio? Tartaglia, Travaglio. Sì, Tartaglia”.


Da Cicchitto a Meluzzi, giocando di sponda con Vespa, Omnibus e Mediaset, la televisione ribalta la cronaca e la realtà: forse Tartaglia non era solo, forse nemmeno era Tartaglia.


(17 dicembre 2009)


 


In certi casi, soprattutto in questi poi, meglio ripiegare sulla satira di Michele Serra, oppure su quanto ha scritto Maria Novella Oppo nella sua fortunatissima rubrica “Fronte del video”. Serve anche per capire come mai l’indignazione non sia più sufficiente e, per quale ragione, all’adorazione incondizionata e prona, si contrapponga l’esasperazione di coloro che ripudiano il berlusconismo come una malattia da cui tenersi lontani per non essere infettati.





Tutto cominciò con la banca Popeye


di Michele Serra


Basta calunnie. I soldi di Berlusconi hanno un'origine chiara e senza misteri: la pentola di monete d'oro trovata alla fine del magico arcobaleno


 


Allo scopo di porre fine alle calunnie sull'origine dei suoi capitali, Berlusconi ha deciso di rendere pubblica la sua vera storia, ricostruita su elementi oggettivi e testimonianze certe. La pubblichiamo volentieri.


Marzo 1968 Berlusconi, seguendo l'arcobaleno, trova alla fine del magico arco una pentola piena di monete d'oro. Deposita le monete nella Banca Popeye, il cui nome oggi non dice niente a nessuno, ma all'epoca era molto conosciuta perché la sua sede era a forma di pipa e pagava i dividendi in spinaci. Berlusconi guida personalmente il suo camion di spinaci fino a Samarcanda, dove fonda la 'Cavallo Oh Oh' in società con il finanziere Cavallo e il commercialista Oh Oh, oggi entrambi deceduti. Il prezzo degli spinaci centuplica in una notte, e Berlusconi due giorni dopo torna da Samarcanda con dieci miliardi in contanti. Sulla vicenda, i giudici Grimm del Foro di Francoforte hanno consegnato una memoria ai giudici milanesi.


Giugno 1971 Berlusconi costruisce il suo primo quartiere modello, Parigi Due, un moderno complesso con videocitofoni, laghetti con le ochette e ponticelli di legno che avrebbe dovuto sorgere proprio accanto a Parigi ma a causa del rifiuto delle autorità francesi viene edificato vicino a Tradate. Gli appartamenti rimangono invenduti nonostante il loro charme parigino (in ogni androne c'è una stampa della Tour Eiffel). È qui che Berlusconi rivela il suo prodigioso talento commerciale: li compra tutti lui, ottenendo dalla Banca Alzheimer, di proprietà di un vecchissimo miliardario americano, un mutuo di cento miliardi a fondo perduto. Altri cento miliardi li ottiene dallo Stato come risarcimento per la demolizione di Parigi Due.


Gennaio 1976 Berlusconi vince cento miliardi giocando alla morra nel porto di Shanghai, dove si era recato per ritirare altri cento miliardi da un ammiratore cinese. Visita il Museo Lego di Copenhagen, trovando ispirazione per costruire Milano Due e Milano Tre. Vince alla Lotteria del Borneo cento miliardi trovando per terra il biglietto, caduto da un dirigibile che trasportava biglietti della lotteria del Borneo: una circostanza che potrebbe sembrare incredibile, se non fosse avvalorata da una perizia che dimostra la scarsa affidabilità dei dirigibili del Borneo.


 Settembre 1980 Berlusconi si reca presso la Banca Rebus chiedendo il rimborso della rescissione di una fidejussione sugli anticipi della transazione per l'acquisto di un bonus off-shore. Il cassiere, confuso dalla parlantina, gli consegna cento miliardi. Berlusconi costruisce anche Milano Quattro e Milano Cinque, senza farlo sapere a nessuno: la gente crede che siano normali quartieri di Milano e compra tutti gli appartamenti. Inaugura la sua prima tivù commerciale mettendo in rete i videocitofoni di Milano Due. Le prime trasmissioni si chiamano 'Scusi, a che piano abita?' e 'Scendi che siamo in ritardo'.


Novembre 1992 La mafia alza il tiro: pretende di entrare nel traffico mondiale dei laghetti con le ochette e dei ponticelli di legno. Provenzano visita Milano Due, passa un intero pomeriggio tirando briciole di pane alle ochette dai ponticelli di legno, si rende conto che il gioco è troppo grosso e torna al tradizionale traffico di droga.


Aprile 1995 Berlusconi festeggia il millesimo miliardo ed estende a Palazzo Chigi la sua inarrestabile ascesa immobiliare. Il suo capitale è ormai così ingente che nemmeno lui riesce a credere di avere cominciato con una banale pentola di monete d'oro trovata in fondo all'arcobaleno.


Novembre 2009 Ecco la prova definitiva di questa accurata ricostruzione. L'avvocato Ghedini consegna ai giudici di Milano la pentola, ritrovata in una soffitta. Sembrerebbe una normale vecchia pentola, appena comperata da un rigattiere allo scopo di infinocchiare i giudici. Chi potrebbe mai credere, invece, che proprio da quella pentola nasce il più grande patrimonio italiano?


(10 dicembre 2009)


 


 











FRONTE DEL VIDEO








Maria Novella Oppo


 


SUPER-PAPI E IL NOME DELLE COSE





Quello di papi è un governo nominalistico. Basta cambiare nome alle cose e tutto va bene. Certo, perché il sistema funzioni, ci vuole il dominio quasi totaled elle comunicazioni, ma, per il resto,non serve neppure avere a disposizione i massimi cervelli della pubblicità. Anzi, va bene perfino Gasparri. Se il boss è un frequentatore abituale di veline pagate e non si riesce a oscurare del tutto i fatti tramite i velinari direttori dei tg, basta dire sorridendo che Berlusconi non è un santo. Se i suoi alleati fanno propaganda razzista e gli episodi di violenza xenofoba dilagano, basta dire che si tratta solo di pacifico volontariato a difesa del territorio. Se si tagliano le risorse scolastiche soprattutto al sud, dove ce n’è più bisogno, basta sostenere che va premiato il merito, notoriamente concentrato al nord per grazia divina. E se poi qualcuno nota che tra i più stretti collaboratori del premier ci sono parecchi avanzi di galera, è chiaro che i giudici sono tutti comunisti.



(28 luglio 2009)





 


E poi certe foto, come quelle tratte dal blog http://www.blogorrea.splinder.com/
(che non è un blog amico del papi)




 


 



 


confermano che la pietà suscitata dalle immagini dell’aggressione è bene che sia stata circoscritta, già prefigurandone l’uso volgare che ne sarebbe stato fatto. Non a caso il settimanale di famiglia, ancora in edicola, pubblica in copertina la foto non del faccione incerottato, ma del volto sanguinante, alla stregua delle tante madonne lacrimanti che spuntano come funghi in varie parti della penisola. E la foto del leader maximo parla alla pancia del paese, quello più arretrato culturalmente, che ignora Internet e crede ai miracoli con un fideismo a volte raccapricciante. Altro che digital divide: quello tra modernità e medioevo è un baratro.


Un’ultima considerazione, assieme ad un ultimo supporto. Quella domenica sera l’atmosfera era molto surriscaldata attorno al Duomo, quello reale. A testimoniarlo questo video che, stranamente, la trasmissione di Michele Santoro non ha mandato in onda, anche se riguardava direttamente “Annozero"



L’amore al tempo del B.






Travolto da un’insostenibile melassa che dilaga ovunque da quel giorno fatale, ho stentato parecchio a venirne fuori raschiando l’appiccicosità ed anche la putrescenza ormai allo stato avanzato. Una melassa di ipocrisia che maschera il vero intento dell’autonominatosi Partito dell’Amore che, nella realtà storica, venne fondatao dalla più meritevole Cicciolina, le cui (presunte) oscenità diventano capricci da collegiale se confrontate al delirio patologico in cui si sono sfrenati i più illustri pensatori del Pdp (Partito del papi).


La mente, si fa per dire, più lucida (altro eufemismo) è stata quella di Cicchitto il quale, indossato il cappuccio delle grandi occasioni, ha cosparso di liquame il Parlamento. Basta ascoltare qualche frammento.


 



Non ancora appagati segue un indicativo elenco della sobrietà di cui sono tracimanti i papisti.










“COGLIONI, KAPÒ E MENTECATTI” L’AMORE SECONDO B.


 






Dal ‘94 ad oggi l’infinita serie di insulti del premier e dei suoi

di Peter Gomez e Marco Travaglio




Il capogruppo dei deputati del Pdl, Fabrizio Cicchitto, ieri ha spiegato in Parlamento che dal 1994 è in corso in Italia “una campagna d’odio” contro Silvio Berlusconi. Fortunatamente il premier è intervenuto subito e dall’ospedale San Raffaele, dove è ricoverato dopo la vergognosa e ingiustificabile aggressione subita domenica sera, ha ricordato che "l’amore vince sull’odio”. Lo dimostrano, tra l’altro, le centinaia di interventi suoi e di esponenti del centrodestra che negli ultimi 15 anni sono sempre stati improntati al buon senso e alla moderazione. Ecco dunque una necessariamente breve antologia delle migliori frasi di quello che potrebbe essere chiamato il Partito dell’Amore.


Il bon ton con gli avversari


"Veltroni è un coglione" (Berlusconi, 3/9/95). "Veltroni è un miserabile" (Berlusconi, 4/4/2000). "Giuliano Amato, l'utile idiota che siede a Palazzo Chigi" (Berlusconi, 21/4/2000). "Prodi? Un leader d'accatto (Berlusconi, 22/2/95). "La Bindi e Prodi sono come i ladri di Pisa: litigano di giorno per rubare di notte" (Berlusconi, 29/9/96). "Prodi è la maschera dei comunisti" (Berlusconi, 22/5/2003). "Prodi è un gran bugiardo pericoloso per tutti noi" (Berlusconi, 21/10/2006). “Prima delle elezioni ho potuto incontrare due sole volte in tv il mio avversario, e con soli due minuti e mezzo per rispondere alle domande del giornalista e alle stronzate che diceva Prodi” (Berlusconi alla scuola di formazione politica di Forza Italia, 2 luglio 2007)."Con Prodi a Palazzo Chigi è giusto dire: piove governo ladro" (Berlusconi, 10/4/2008). “Il centrosinistra? Mentecatti, miserabili alla canna del gas” (Berlusconi, 4/4/2000)."Signor Schulz, so che in Italia c’è un produttore che sta montando un film sui campi di concentramento nazisti. La suggerirò per il ruolo di kapò" (inaugurando la presidenza italiana dell’Unione europea e rispondendo a una domanda del capogruppo socialdemocratico, il tedesco Martin Schulz, sul conflitto d’interessi, 2 luglio 2003). "Sono in politica perché il Bene prevalga sul Male. Se la sinistra andasse al governo l’esito sarebbe questo: miseria, terrore, morte. Così come avviene ovunque governi il comunismo (Berlusconi, 17/1/2005).

Il rispetto per gli elettori


“Lei ha una bella faccia da stronza!” (alla signora riminese Anna Galli, che lo contestava, 24/7/ 2003).“Non credo che gli elettori siano così stupidi da affidarsi a gente come D’Alema e Fassino, a chi ha una complicità morale con chi ha fatto i più gravi crimini come il compagno Pol Pot” (Berlusconi, 14 dicembre 2005). "Ho troppa stima dell'intelligenza degli italiani per pensare che ci siano in giro così tanti coglioni che possano votare facendo il proprio disinteresse" (discorso di Berlusconi davanti alla Confcommercio il 4/4/2006). “Le nostre tre “I”: inglese, Internet, imprese. Quelle dell’Ulivo: insulto, insulto e insulto” (27/5/2004).


L'armonia con gli alleati


Berlusconi: “Parliamo della par condicio: se non abbiamo vinto le elezioni, caro Follini, è colpa tua che non l’hai voluta abolire”. Follini: “Io trasecolo. Credevo che dovessimo parlare dei problemi della maggioranza e del governo”. Berlusconi: “Non far finta di non capire, la par condicio è fondamentale. Capisco che tu non te ne renda conto, visto che sei già molto presente sulle reti Rai e Mediaset”. Follini: “Sulle reti Mediaset ho avuto 42 secondi in un mese”. Berlusconi: “Non dire sciocchezze, la verità è che su Mediaset nessuno ti attacca mai”. Follini: “Ci mancherebbe pure che mi attacchino”. Berlusconi: “Se continui così, te ne accorgerai. Vedrai come ti tratteranno le mie tv”. Follini: “Voglio che sia chiaro a tutti che sono stato minacciato” (Discussione con l’Udc Marco Follini, secondo i quotidiani dell’11 luglio 2004).


La sacralità delle toghe


“I giudici sono matti, antropologicamente diversi dal resto della razza umana... Se fai quel mestiere, devi essere affetto da turbe psichiche” (Berlusconi, The Spectator, 10/9 2003). “In tutti i settori ci possono essere corpi deviati. Io ho una grandissima stima per la magistratura, ma ci sono toghe che operano per fini politici. Sono come la banda della Uno bianca” (Berlusconi, dopo l’arresto del giudice Renato Squillante, 14/5/96. Ma il riferimento è per quelli che l’hanno arrestato).

“I Ds sono i mandanti delle toghe rosse. Noi non attacchiamo la magistratura, ma pochi giudici che si sono fatti braccio armato della sinistra per spianare a questa la conquista del potere” (Berlusconi, 1/12/99). “I giudici di Mani Pulite vanno arrestati, sono un’associazione a delinquere con licenza di uccidere che mira al sovvertimento dell’ordine democratico” (Vittorio Sgarbi, “Sgarbi quotidiani”, Canale5, 16/9/94).


“Gian Carlo Caselli è una vergogna della magistratura italiana, siamo ormai in pieno fascismo: si comporta come un colonnello greco, in modo dittatoriale, arbitrario, intollerante. I suoi atti giudiziari hanno portato alla morte” (Vittorio Sgarbi, 8/12/94). “Nelle mie televisioni private non ci sono mai state trasmissioni con attacchi, perchè noi siamo liberali” (Berlusconi, 21/ 5/2006). "Silvio Berlusconi, durante l'ufficio di presidenza del Pdl ancora in corso, secondo quanto riferito da alcuni partecipanti, ha parlato di una vera e propria persecuzione giudiziaria nei suoi confronti, che porta il paese sull'orlo della guerra civile" (Ansa, 29/11/09)


La fiducia nella democrazia


"Si è messo mano all’arma dei processi politici per eliminare l’opposizione democratica. Non siamo più una democrazia, ma un regime. Da oggi la nostra opposizione cessa di essere opposizione a un governo e diventa opposizione a un regime" (Berlusconi, dopo una condanna in primo grado tangenti, 8/8/98).


“La libertà non si può più conquistare in Parlamento, ma con uomini lanciati in una lotta di liberazione. Senza la devoluzione, da qui possono partire ordini di attacco dal Nord. Io sono certo di avere dieci milioni di lombardi e veneti pronti a lottare per la libertà” (Umberto Bossi al “parlamento padano”, presente Berlusconi, Ansa, 29/9/2007). "Boicotteremo il Parlamento, abbandoneremo l’aula, se necessario daremo vita a una resistenza per riconquistare la libertà e la democrazia” (Berlusconi, 3/3/95). "In Italia c’è uno Stato manifesto, costituito dal governo e dalla sua maggioranza in Parlamento, e c’è uno Stato parallelo: quello organizzato in forma di potere dalla sinistra nelle scuole e nelle università, nel giornalismo e nelle tv, nei sindacati e nella magistratura, nel Csm e nei Tar, fino alla Consulta. Se si consentirà a questo Stato occulto di unirsi allo Stato palese, avremo in Italia un regime vendicativo e giustizialista, mascherato di legalità e ostile a tutto ciò che è privato" (Berlusconi, 5/4/2005). "Adesso diranno che offendo il Parlamento ma questa é la pura realtà: le assemblee pletoriche sono assolutamente inutili e addirittura controproducenti".(Berlusconi, 21/5/2009)


Il galateo istituzionale


“Il presidente Scalfaro è un serpente, un traditore, un golpista” (Berlusconi, La Stampa, 16/1/95). "Altro che impeachment! Scalfaro andrebbe processato davanti all’Alta Corte per attentato alla Costituzione. E di noi due chi ha maneggiato fondi neri non sono certo io. D’altra parte, Scalfaro da magistrato ha fatto fucilare una persona invocandone contemporaneamente il perdono cristiano. Bè, l’uomo è questo! Ha instaurato un regime misto di monarchia e aristocrazia” (Berlusconi 18/1/95). "Io non sono in contrasto con il capo dello Stato, non ne ho nessun motivo, anzi sono un suo sostenitore convinto. Ho con lui un rapporto molto cordiale" (Berlusconi, 28/2/95). "Ma vaffanculo!" (Berlusconi, accompagnando l’insulto con un gesto della mano, mentre il presidente emerito Scalfaro denuncia in Senato il «servilismo» della politica estera del suo governo nei confronti degli Usa sull’Iraq, 27/9/2002).


"Italia vaffanculo" (Tre eurodeputati leghisti, commentando in aula a Strasburgo l'intevento del presidente Carlo Azeglio Ciampi, 5/7/05). "Questi signori, che hanno vinto delle elezioni taroccate, hanno arrogantemente messo le mani sulle istituzioni: il presidente della Repubblica è uno di loro" (Berlusconi, riferendosi al presidente, Giorgio Napolitano, 21/10/06).


(mercoledì 16 dicembre 2009)


 


Ed ecco in cosa ci si è potuti imbattere nei giorni dell’amore.


 


LUI ORDINA LORO ESEGUONO


Da Porta a Porta a Pomeriggio Cinque: le parole di Cicchitto hanno dato il via al processo mediatico

di Carlo Tecce




Chissà se Fabrizio Cicchitto cercava la sintesi di uno psichiatra.


Alessandro Meluzzi, ospite fisso di Pomeriggio Cinque, cade in un’amnesia a scanso di equivoci: “Come si chiama questo personaggio? Tartaglia o Travaglio. Sì, Tartaglia”.


Il salto di carriera da terrorista mediatico a terrorista materiale è automatico, introiettato nel palinsesto a senso unico: un salotto televisivo, un programma di cronaca rosa, un dibattito cosiddetto politico. Et voilà, i telespettatori di Barbara D’Urso possono confondere l’attentatore di piazza Duomo con il giornalista del Fatto.


Per la dietrologia più raffinata c’è Porta a Porta.


Il titolo della puntata: “Di chi è la colpa?”.


Bruno Vespa oscilla tra il primo grado e l’appello, nel giro di 15 minuti confeziona e trasmette la sentenza inoppugnabile di Cassazione: l’intervento di Travaglio sul sito di Beppe Grillo, spezzoni incollati con l’arte del pubblico ministero più scafato.


Chi guarda deve rielaborare il concetto: c’è un colpevole oltre Tartaglia – non più un mandante, roba vecchia superata dalle minacce di Cicchitto alla Camera – e Vespa mostra al pubblico Travaglio.


Domanda: chi è il colpevole, adesso ? Il pezzo di Daniela Di Marzo è incartato nelle premesse di Vespa e di Altero Matteoli.


Se Travaglio è un terrorista che sia di rosso vestito: “C’è un clima più surriscaldato del ‘48 – dice Vespa – L’onorevole Bellisario (Idv) non è d’accordo, aspetti. Ecco...”. E qui il ministro interrompe, svelto nell’argomentazione: “Con Togliatti, nel ‘48 avevano le pistole in tasca. Oggi non ci sono le pistole, ma la parola è più dannosa. La parola è la pistola”.


Ora l’italiano potrà ascoltare Travaglio.


Il conduttore ha l’impressione di avere sbagliato, allora chiama a sé il maggiordomo e gli consegna un bigliettino: “Urgente, telefonare Travaglio”.


La trasmissione è registrata nel pomeriggio, il giornalista non è collegato né in diretta né in bassa frequenza. Soltanto Silvio Berlusconi, la sera della bocciatura del lodo Alfano, è riuscito a telefonare per infilarsi (con i tempi giusti) nel dibattito. Il giorno del famoso “sei più bella che intelligente” a Rosy Bindi.


Travaglio rifiuta l’ingresso nel buio, Vespa annuncia e prosegue.


Nell’agone di Porta a Porta, senza la zavorra del contraddittorio, Alessandro Sallusti (condirettore del Giornale) e i ministri Matteoli e Bondi disegnano il profilo del colpevole. Perché Vespa all’inizio aveva arringato da legale di Tartaglia: “Era molto informato, non solo uno squilibrato. È stato trascinato”. Bondi è preoccupato: “Ci sono dei fenomeni di radicalismo politico”. Quel che appare è rivelato dai sondaggi: per Renato Mannheimer c’è un clima di violenza. La paura – creata da chi? Non da Tartaglia – unisce elettori del Pdl e del Pd. Destra e sinistra. Contro? Dilemmi sospesi nel vuoto.

L’operazione Cicchitto è ripresa da Omnibus, su La7 schierano un terzetto di varia estrazione e comune indirizzo: Gianni De Michelis, ora consulente di Brunetta; Filippo Facci, editorialista di Libero; Francesco Storace, ultimo satellite del Pdl.


A più voci insistono che Travaglio, oltre l’eversione, è capace persino di condizionare l’Italia dei valori che, a sua volta contagia il Partito democratico e che, in ultima prognosi, diffonde la malattia all’intera sinistra.


De Michelis ha una strategia: “Isolare Di Pietro”, mal consigliato da Travaglio.


A Mattino Cinque inneggiano ai sentimenti puri di Berlusconi, rileggono odi et amo di Catullo: l’amore del presidente, l’odio di Travaglio.


Claudio Brachino è così emozionato che si zittisce, fa commentare a Paolo Liguori, direttore del Tgcom: “Nelle parole di Travaglio non c’è barlume di pietà né di amore. Queste parole possono istigare alla violenza”.


Tocca alla D’Urso, processo brevissimo a Pomeriggio Cinque.


Sallusti: “Gli alleati di Di Pietro debbono vergognarsi”.


Meluzzi: “Ci sono lanciatori di pietre. Grave il gesto di Milano. Come si chiama questo personaggio? Tartaglia, Travaglio. Sì, Tartaglia”.


Da Cicchitto a Meluzzi, giocando di sponda con Vespa, Omnibus e Mediaset, la televisione ribalta la cronaca e la realtà: forse Tartaglia non era solo, forse nemmeno era Tartaglia.


(17 dicembre 2009)


 


In certi casi, soprattutto in questi poi, meglio ripiegare sulla satira di Michele Serra, oppure su quanto ha scritto Maria Novella Oppo nella sua fortunatissima rubrica “Fronte del video”. Serve anche per capire come mai l’indignazione non sia più sufficiente e, per quale ragione, all’adorazione incondizionata e prona, si contrapponga l’esasperazione di coloro che ripudiano il berlusconismo come una malattia da cui tenersi lontani per non essere infettati.









Tutto cominciò con la banca Popeye


di Michele Serra


Basta calunnie. I soldi di Berlusconi hanno un'origine chiara e senza misteri: la pentola di monete d'oro trovata alla fine del magico arcobaleno


 


Allo scopo di porre fine alle calunnie sull'origine dei suoi capitali, Berlusconi ha deciso di rendere pubblica la sua vera storia, ricostruita su elementi oggettivi e testimonianze certe. La pubblichiamo volentieri.


Marzo 1968 Berlusconi, seguendo l'arcobaleno, trova alla fine del magico arco una pentola piena di monete d'oro. Deposita le monete nella Banca Popeye, il cui nome oggi non dice niente a nessuno, ma all'epoca era molto conosciuta perché la sua sede era a forma di pipa e pagava i dividendi in spinaci. Berlusconi guida personalmente il suo camion di spinaci fino a Samarcanda, dove fonda la 'Cavallo Oh Oh' in società con il finanziere Cavallo e il commercialista Oh Oh, oggi entrambi deceduti. Il prezzo degli spinaci centuplica in una notte, e Berlusconi due giorni dopo torna da Samarcanda con dieci miliardi in contanti. Sulla vicenda, i giudici Grimm del Foro di Francoforte hanno consegnato una memoria ai giudici milanesi.


Giugno 1971 Berlusconi costruisce il suo primo quartiere modello, Parigi Due, un moderno complesso con videocitofoni, laghetti con le ochette e ponticelli di legno che avrebbe dovuto sorgere proprio accanto a Parigi ma a causa del rifiuto delle autorità francesi viene edificato vicino a Tradate. Gli appartamenti rimangono invenduti nonostante il loro charme parigino (in ogni androne c'è una stampa della Tour Eiffel). È qui che Berlusconi rivela il suo prodigioso talento commerciale: li compra tutti lui, ottenendo dalla Banca Alzheimer, di proprietà di un vecchissimo miliardario americano, un mutuo di cento miliardi a fondo perduto. Altri cento miliardi li ottiene dallo Stato come risarcimento per la demolizione di Parigi Due.


Gennaio 1976 Berlusconi vince cento miliardi giocando alla morra nel porto di Shanghai, dove si era recato per ritirare altri cento miliardi da un ammiratore cinese. Visita il Museo Lego di Copenhagen, trovando ispirazione per costruire Milano Due e Milano Tre. Vince alla Lotteria del Borneo cento miliardi trovando per terra il biglietto, caduto da un dirigibile che trasportava biglietti della lotteria del Borneo: una circostanza che potrebbe sembrare incredibile, se non fosse avvalorata da una perizia che dimostra la scarsa affidabilità dei dirigibili del Borneo.


 Settembre 1980 Berlusconi si reca presso la Banca Rebus chiedendo il rimborso della rescissione di una fidejussione sugli anticipi della transazione per l'acquisto di un bonus off-shore. Il cassiere, confuso dalla parlantina, gli consegna cento miliardi. Berlusconi costruisce anche Milano Quattro e Milano Cinque, senza farlo sapere a nessuno: la gente crede che siano normali quartieri di Milano e compra tutti gli appartamenti. Inaugura la sua prima tivù commerciale mettendo in rete i videocitofoni di Milano Due. Le prime trasmissioni si chiamano 'Scusi, a che piano abita?' e 'Scendi che siamo in ritardo'.


Novembre 1992 La mafia alza il tiro: pretende di entrare nel traffico mondiale dei laghetti con le ochette e dei ponticelli di legno. Provenzano visita Milano Due, passa un intero pomeriggio tirando briciole di pane alle ochette dai ponticelli di legno, si rende conto che il gioco è troppo grosso e torna al tradizionale traffico di droga.


Aprile 1995 Berlusconi festeggia il millesimo miliardo ed estende a Palazzo Chigi la sua inarrestabile ascesa immobiliare. Il suo capitale è ormai così ingente che nemmeno lui riesce a credere di avere cominciato con una banale pentola di monete d'oro trovata in fondo all'arcobaleno.


Novembre 2009 Ecco la prova definitiva di questa accurata ricostruzione. L'avvocato Ghedini consegna ai giudici di Milano la pentola, ritrovata in una soffitta. Sembrerebbe una normale vecchia pentola, appena comperata da un rigattiere allo scopo di infinocchiare i giudici. Chi potrebbe mai credere, invece, che proprio da quella pentola nasce il più grande patrimonio italiano?


(10 dicembre 2009)



 















FRONTE DEL VIDEO
















Maria Novella Oppo



SUPER-PAPI E IL NOME DELLE COSE





Quello di papi è un governo nominalistico. Basta cambiare nome alle cose e tutto va bene. Certo, perché il sistema funzioni, ci vuole il dominio quasi totaled elle comunicazioni, ma, per il resto,non serve neppure avere a disposizione i massimi cervelli della pubblicità. Anzi, va bene perfino Gasparri. Se il boss è un frequentatore abituale di veline pagate e non si riesce a oscurare del tutto i fatti tramite i velinari direttori dei tg, basta dire sorridendo che Berlusconi non è un santo. Se i suoi alleati fanno propaganda razzista e gli episodi di violenza xenofoba dilagano, basta dire che si tratta solo di pacifico volontariato a difesa del territorio. Se si tagliano le risorse scolastiche soprattutto al sud, dove ce n’è più bisogno, basta sostenere che va premiato il merito, notoriamente concentrato al nord per grazia divina. E se poi qualcuno nota che tra i più stretti collaboratori del premier ci sono parecchi avanzi di galera, è chiaro che i giudici sono tutti comunisti.



(28 luglio 2009)





E poi certe foto, come quelle tratte dal blog http://www.blogorrea.splinder.com/




(che non è un blog amico del papi)



 



 


confermano che la pietà suscitata dalle immagini dell’aggressione è bene che sia stata circoscritta, già prefigurandone l’uso volgare che ne sarebbe stato fatto. Non a caso il settimanale di famiglia, ancora in edicola, pubblica in copertina la foto non del faccione incerottato, ma del volto sanguinante, alla stregua delle tante madonne lacrimanti che spuntano come funghi in varie parti della penisola. E la foto del leader maximo parla alla pancia del paese, quello più arretrato culturalmente, che ignora Internet e crede ai miracoli con un fideismo a volte raccapricciante. Altro che digital divide: quello tra modernità e medioevo è un baratro.


Un’ultima considerazione, assieme ad un ultimo supporto. Quella domenica sera l’atmosfera era molto surriscaldata attorno al Duomo, quello reale. A testimoniarlo questo video che, stranamente, la trasmissione di Michele Santoro non ha mandato in onda, anche se riguardava direttamente “Annozero”.