venerdì 27 gennaio 2006

Mi ricordo di non dimenticare


(...) "Chissà dove avranno portato quei venti!" borbottò il cuoco lavorando attorno ad una torta.


"Qualche nuova idea dei tedeschi certamente! Non c'è mai da star tranquilli con quelli!".


"Che li ammazzeranno?" interrogai.


"Tu sei sempre paurosa,- intervenne
la Vittorina.- Ma
non pensare al peggio! Se non ci fossi io, tu vivresti sempre d'angoscia. Perché poi dovrebbero ammazzarli? Sono andati via con le vanghe ed i badili. Li avranno condotti a lavorare".


"Accidenti alle patate! - interruppi. - Non finiscono mai. Però, - continuai, - non c'è da star tranquilli".


"Non si sa mai come prenderle quelle bestie", rincarò il cuoco.


Non mi riusciva di scacciare un penoso presentimento. Era il dieci di luglio, otto giorni erano già trascorsi dalla visita di Ettore e da allora ero stata sempre inquieta. Gli inglesi si avvicinavano, si parlava di evacuare il campo ed io temevo che ci ammazzassero o che ci portassero in Germania, sebbene circolasse la voce della nostra liberazione.


"Svelte, - disse il cuoco, - altrimenti faremo tardi per il pranzo".


Quel giorno lavorammo preoccupate. Neppure a mezzogiorno i venti ebrei erano rientrati. Nelle baracche regnava un gran nervosismo. Si facevano i commenti più disparati. Tutti eravamo inquieti.


Non tornarono neppure la sera, quando ci adunammo sullo spiazzo per il controllo. Pensammo li avessero ammazzati.


Eravamo tutti in fila, ma regnava un'atmosfera pesante e perfino il maresciallo Hans aveva il viso oscuro. Anche a mensa io avevo notato qualcosa di strano. Un parlottare serio e serrato fra i tedeschi e delle animate discussioni. Io non avevo compreso nulla di quello che si diceva, ma avevo collegato quelle discussioni con l'assenza dei venti ebrei. Avevo provato a chiedere di loro, ma avevano risposto solo con grida e con pugni sui tavoli. Non avevo insistito ed appena terminato il lavoro ero corsa subito al campo.


Scuro in viso Hans terminò il controllo, poi si portò in mezzo allo spiazzo e disse: "Quelli che ora chiamo, prenderanno la loro roba ed andranno a dormire in un'altra baracca. Domattina partiranno per
la Germania
ed andranno in un campo di lavoro dove staranno molto bene".


Cominciò l'appello. Erano settanta.


Accanto a me udii piangere una donna. Era un’internata politica e suo figlio era fra quei settanta.


"Vedi, - mi disse, - se deve andare a star meglio sono contenta, ma ero tanto felice di averlo qui con me, quel figliuolo! L'altro me lo hanno fucilato a S. Vittore. Ma se veramente deve andare a star meglio, - ripeté, - che vada. in Germania, lavorando, è più difficile che lo ammazzino, mentre qui, con queste rappresaglie, non c'è da star tranquilli".


I settanta si erano frattanto riuniti, con tutta la loro roba. Vidi Fritz, l'interprete, parlare animatamente con loro, mentre si avviavano verso la baracca.


I venti ebrei non erano ancora rientrati.


Uno ad uno quei settanta vennero poi a salutarci tutti, e quella notte al campo, si fu più preoccupati per i venti ebrei che per quei settanta politici. La mattina seguente, andando in cucina, vidi che gli ebrei erano rientrati al campo. Stavano in gruppo fra la cucina e la mensa. Erano tutti pallidi.


"Signor Vita, signor Vita, - chiamai, rivolgendomi ad uno di loro, - ma dove siete stati? Qui al campo eravamo tutti in pensiero".


Il Vita non rispose. Scosse solo la testa con aria desolata.


"Alba, Alba, venga qua", gridò il cuoco.


Un tedesco si avvicinava. Erano circa le otto.


Presi il bricco del caffelatte e mi avviai alla mensa.


Uno dei tedeschi aveva un braccio fasciato.


"Capùt, capùt", dissi indicandogli il braccio. Intendevo chiedere se si fosse fatto male; nella speranza di attaccare discorso e saper qualcosa.


Mi guardò meravigliato ed accennando di sì con la testa, rispose: "Molto, molto capùt".


Uscii impressionata dalla mensa. Vidi i muratori che venivano al campo per lavorare. Anche loro avevano delle facce strane.


"Che è accaduto?" chiesi ad uno di loro.


"Li hanno ammazzati tutti, ma stia zitta, per carità", mi sussurrò.


"Ma chi, hanno ammazzato?" insistetti.


"Un gruppo di internati", rispose.


Compresi. Mi avviai in cucina. Vicino ad una baracca, a circa cento metri da me, vidi quella donna che la sera prima piangeva al mio fianco.


Non sapeva ancora.



Alba Valech Capozzi, deportata a Fossoli e poi a Birkenau, fu liberata dagli Alleati nel circondario di Dachau il 1° maggio 1945. Il brano è tratto dal rarissimo volume "A.24029" di Alba Valech Capozzi - Soc. An. Poligrafica, Siena, 1946, ristampato nel 1995 a cura dell'Istituto Storico della Resistenza Senese da Nuova Immagine Editrice – Siena.

giovedì 26 gennaio 2006

Come diventa ricco un italiano


Mario Draghi ha venduto il suo pacchetto di azioni Goldman Sachs. La sua posizione adesso è ineccepibile. Se il neogovernatore della Banca d’Italia fosse rimasto azionista Goldman, avrebbe avuto difficoltà a collocarsi in una posizione moralmente trasparente. Qualsiasi decisione che Draghi avesse preso riguardo ad un cliente Goldman l’avrebbe esposto ad una campagna di sussurri e maldicenze. Il suo favoritismo mirava forse a far lievitare il valore delle sue azioni? Ma i sussurri avrebbero potuto estendersi al di là dei clienti Goldman. Se avesse usato il pugno di ferro con qualche rivale della banca d’affari, sarebbe stato sospettato di svantaggiare la concorrenza per dare una «spinta» a Goldman.


In qualsiasi paese, questa situazione avrebbe macchiato la credibilità del governatore. Per Draghi era doppiamente importante mostrare la propria limpidezza. Non solo perché questo è il paese in cui fu detto per la prima volta che la stessa moglie di Cesare doveva essere al di sopra di ogni sospetto. Il predecessore di Draghi, Antonio Fazio, è stato estromesso a causa di una rete di percepiti favoritismi. Il nuovo numero uno di Palazzo Koch quindi doveva far capire con chiarezza cristallina di non essere della stessa pasta. La vendita delle azioni Goldman e l’astensione per un anno da qualsiasi decisione riguardante la banca d’affari o i suoi clienti va in questa direzione. Significa, ad esempio, che Draghi dovrà stare alla finestra sulla lotta per Bnl, in cui Goldman è advisor del Bbva. Draghi ha dato un bell’esempio di come si gestiscono i conflitti d’interesse. Magari Silvio Berlusconi avesse fatto altrettanto”.


Hugo Dixon
la Repubblica
” del 20 gennaio 2006



Il patrimonio di B.1816:


2003 5,9 miliardi di dollari


2004 10 miliardi di dollari


2005 12 miliardi di dollari (fonte: Forbes U.S.A. novembre 2005)


Amico elettore, amica elettrice,


grazie al tuo voto ho potuto raggiungere l’obiettivo concreto di raddoppiare il mio patrimonio in soli 2 anni.


Ecco come:


1) grazie alla legge Gasparri, nel solo anno 2004 la pubblicità per Mediaset è aumentata del 3,8% (circa 1 miliardo e 200 milioni di euro all'anno).


2) l'appalto concesso dal Governo alla Banca Mediolanum, senza asta, per potere utilizzare i 14.000 sportelli delle Poste Italiane, mi ha reso1 milardo di euro all'anno.


3) nel 2001
la Presidenza
del Consiglio (governo Prodi) aveva commissionato solo 1 milione e 750 mila euro di spot a Mediaset, nel 2002
la Presidenza Berlusconi
ha commissionato 9 milioni e 250 mila euro, ed ha aumentato ogni anno fino agli oltre 10 milioni di euro dell'anno scorso


(Economist-London).


4) come assicuratore avrò vantaggi per miliardi di euro dalla nuova legge sulla previdenza assicurativa, già con una serie di norme a mio favore ho incassato qualche centinaia di milioni di euro all'anno in più.


5) ho risparmiato dalla riduzione delle tasse diversi milioni di euro (e con me hanno risparmiato mia moglie, mio fratello e i miei figli, tutti titolari di qualche fetta della mia grande redditizia torta).


6) uno dei produttori italiani di apparecchi per ricevere il digitale terrestre è un'impresa controllata, attraverso la finanziaria Pbf srl, da mio fratello Paolo Berlusconi, e giustamente usufruisce dei contributi statali per il digitale terrestre. (Washington Post).


7) il decreto salva calcio mi ha fatto risparmiare 240 milioni di euro, e la riduzione delle plusvalenze (Tremonti 2002) ha fatto risparmiare a Mediaset 340 milioni di euro.


Caro elettore, cara elettrice,


tutti dicono che c’è crisi ma grazie a questo governo, ora io sono il 25esimo uomo più ricco del mondo. Pensa, nel 2001 ero solo il 48esimo! La crisi è chiaramente una menzogna dei comunisti.


Ti chiedo il voto per altri 5 anni e così anche il nostro Paese potrà dire che un italiano è tra i primi 10 uomini più ricchi del pianeta.


Forza Italia! La forza di un sogno!


Si tratta della paradossale lettera, fino ad un certo punto poi, speditami ieri da un fedele sodale, che avrebbe potuto realmente scrivere B.1816 agli italiani per spiegare loro le vere ragioni del suo ingresso in politica, addirittura poi a capo di un governo. I dati illustrati sono purtroppo veri, talché anche per effetto dell’impeccabile confronto fatto tra il comportamento del neo governatore della Banca d’Italia, Draghi e B.1816 in materia di conflitto d’interessi, non so quale tag attribuire al post:  se satira oppure usi e costumi. Per non dibattermi troppo a lungo nell’incertezza li userò entrambi, perché nessuno dei due apparirà fuori luogo.











 


martedì 24 gennaio 2006

Circonvenzione di incapaci


E il premier scrive ai bebè: vi do mille euro sulla parola



Anche se dovete compiere ancora un anno e a malapena vi tenete dritti sul passeggino, non vi spaventate. Quello zio Silvio che vi scrive su carta intestata del Governo italiano, è solo un presidente del consiglio a fine legislatura che tenta l’ennesimo exploit propagandistico proprio all’inizio della campagna elettorale. E ora si rivolge a voi, bebè d’Italia, per addolcire i genitori che si recheranno alle urne.


Proprio così: dopo aver blandito nonne e nonni, casalinghe e disoccupati, operai e imprenditori, ora è il momento dei bebè. Berlusconi scriverà una lettera direttamente a loro per invitarli a riscuotere il bonus di 1000 euro previsto dalla Finanziaria per i nati del 2005.


La lettera verrà inviata a circa 600 mila bambini e, a dire il vero, arriverà con un certo ritardo. Secondo la legge, infatti, il ministero dell’Economia avrebbe dovuto comunicare entro il 15 gennaio 2006 «la sede dell'ufficio postale di zona presso il quale gli assegni possono esser riscossi». Ma la disorganizzazione e la bulimia comunicativa del premier hanno favorito il ritardo.


Poi ci sarebbe anche un altro problema. E cioè che non tutti i 600mila destinatari della lettera potranno effettivamente riscuotere il bonus: per averne diritto, infatti, bisogna chiedere ai propri genitori di autocertificare un reddito annuale inferiore ai 50mila euro. Garantito sulla parola. Altrimenti, in attesa delle annunciate verifiche del Fisco, basta trasformarsi in baby-evasori.


http://www.articolo21.info/rassegna.php?id=3011




Ed ecco come ha immaginato la situazione Sergio Staino, in collaborazione con Elle Kappa, nelle strisce domenicali de l'Unità (22 gennaio). I bebè così rispondono.



Caro Silvio,


crederai mica che sono nato ieri?


Maurizio, 3 settimane


Signor Presidente,


per farmi dimenticare che sono nato sotto il Suo Governo, mille euro sono pochi.


Laura, 11 mesi


Caro Silvio,


grazie della bella letterina, ma sai che sei proprio un bel furbetto del pannolino?


Ricuccio, 10 mesi con la condizionale



Cao Tilvio,




gazzie pe la mezza banconota da mille euo che mi hai mandato. Appetto l'atta mezza dopo le elezioni.


Gennarino, 11 mesi, Napoli


Signor Berlusconi,


ringrazi il cielo che ancora non so digitare il numero per chiamare il Telefono Azzurro.


Giulia, 2 mesi


Caro Berlusconi,


dice mia mamma che mille euro glieli dà se se ne va via.


Luigi, 4 mesi


Sia ben chiaro, io sono un bambino per bene. Con questi mille euro di


Berlusconi non c'entro niente.


Pierino da Torino, mesi 3


Signor Premier,


perché non si tiene i mille euro e mi rende l'Asilo Nido?


Mirella, 8 mesi


Egregio Cavaliere,


le offro duemila euro se mi fa la cortesia di lasciare libero lo schermo


della tv. Voglio vedere i cartoni!!!


Luca, mesi sette


Caro Silvio,


ti ringrazio per le felicitazioni per il mio arrivo e mi felicito anch'io


per la tua partenza.


Elena, 2 mesi


Ok, capo.


Ricevuto i mille euro. In cambio, come d'accordo, ti farò avere bobina intercettazioni dentro il solito biberon piazzato nel solito cestino rifiuti angolo via dell'Umiltà.


Miceli Vito jr., mesi 9


Caro Presidente,


sono nata prematuramente (di sette mesi) nel dicembre 2005. Posso


considerarmi del febbraio 2006 e fare a meno della sua letterina?


Elisa, 45 giorni


Signor B.


Dice il mio pediatra che
la Sua
lettera mi ha fatto crescere e girare i


testicolini con 11 anni di anticipo.


Antonio, 9 mesi


Caro Berlusconi,


grazie, sei bravissimo e buonissimo e spero che tutti daranno il voto a te.


Ma perché mio papà si è arrabbiato tanto e si è messo a urlare che l'idea


dei mille euro era sua? Bacini


Matteo Follini, mesi 5


Ma davvero?


Mille euro?


Anche per me?


Ma sei sicuro?


Piersilvio, anni 37


Questi mille euro mi cambieranno la vita.


Ma ti rendi conto? Ora posso lanciare un'opa pper dare la scalata alla


pappa della prossima settimana!Grazie.


Lorenzo, mesi 6, Milano


Semplicemente strepitose!!!






 



 

sabato 21 gennaio 2006

Vita da donne


Que viva Chile  che esulta per Michelle Bachelet, la prima presidente donna eletta a questa carica dal voto popolare in Cile e in Sudamerica. Un data storica per il paese, simbolo negli oscuri anni 70, della feroce dittatura dei generali fascisti in quella parte del mondo e che, in Italia, ebbe le sembianze degli Inti Illimani e del loro “Pueblo unido”. ''Come cilena mi sentirei profondamente a disagio nel dover scegliere funerali di Stato per il generale Pinochet''. E già questa prima dichiarazione dice molto della 54enne Michelle Bachelet,socialista, madre di due figli, single con due divorzi alle spalle che guiderà un paese dove restano ancora brucianti segni del regime. Figlia di un generale, amico di Salvador Allende, che morì sotto tortura, lei stessa venne sequestrata e torturata, assieme alla madre, nella tristemente famosa Villa Grimaldi, a Santiago. Dopo una fortunata liberazione andò in esilio e tornò in Cile nel 1979, laureandosi in chirurgia, senza poter esercitare per motivi politici. Perciò si specializzò in pediatria e salute pubblica. Michelle Bachelet si propone ora, salita al massimo livello, di combattere le differenze sociali ed economiche, ma anche ''la disuguaglianza tra uomo e donna, che, come le altre, va combattuta con forza''. Un collega, che ha vissuto nel paese sudamericano per alcuni anni e ha sposato una donna di Santiago, sostiene che la neopresidentessa avrà un compito arduo in una società prettamente maschilista e patriarcale. Vita da presidente.


 



Mi scrive Silvia Ferreri, che avevo citato nel post del 3 gennaio, intitolato “La culla sulla scrivania: uno punto due”. Lascio senz’altro a lei la parola.


13:03, 15 gennaio, 2006


carissime, ho letto l'articolo su uno virgola due, di cui sono regista e autrice. vi scrivo per incitarvi a continuare il dibattito e le denunce. il lavoro di ricerca su maternità e lavoro non è finito con il documentario. noi continuiamo a raccogliere materiale. se avete storie e volete scrivermele fatelo. è attraverso le testimonianze che si arriva a un numero e forse a un cambiamento. l'indirizzo a cui mi trovate è silviaferreri@unovirgoladue.com


grazie a tutte. silvia ferreri.


Vita da regista






"Liberate le detenute irachene entro settantadue ore, oppure sarò giustiziata". Questo il tragico appello che la giornalista americana Jill Carrol, rapita a Bagdad lo scorso 7 gennaio, ha lanciato da un video diffuso dall'emittente satellitare araba Al Jazeera. La giornalista, 28 anni, lavora come freelance per il Christian Science Monitor e ha collaborato con altri mezzi di informazione internazionali, tra cui l'Ansa. Carrol era stata vittima di un agguato, in cui era stato ucciso il suo interprete, alcuni giorni fa, mentre si recava a un appuntamento con un leader arabo sunnita. Nel video, la donna si rivolge alle telecamere dicendo che i suoi rapitori chiedono agli Stati Uniti la liberazione di alcune donne irachene detenute entro le prossime settantadue ore. Altrimenti, l'ostaggio sarà ucciso. L'ultima corrispondenza di Jim Carrol era stata pubblicata dal Christian Science Monitor il giorno prima del rapimento. L’ultimatum sta ormai per scadere e questa giovane donna è prossima alla morte. Vita (spero lunga) da giornalista.



 






“Orrore a Napoli, dove un 15enne ha stuprato una donna di 30 anni e poi l'ha derubata della borsetta e minacciata con una pistola. Dopo lo stupro è fuggito a bordo di uno scooter, ma è stato identificato e fermato dalla polizia grazie all'identikit fornito dalla vittima, che ha potuto vederlo in faccia quando, durante la violenza, si è tolto il casco. Il ragazzino è ora in un centro di prima accoglienza”.


Non ha volto e non ha nome, invece, questa giovane donna. Violenza si aggiunge a violenza in una città che rischia di essere maledetta e sprofondare, nell’indifferenza degli italiani, come denuncia Giorgio Bocca in un libro molto duro. Ricevo, al proposito, un messaggio da un’amica che abita in quella città. “Oggi pomeriggio – mi scrive – ho letto mezzo libro di Giorgio Bocca: “Napoli siamo noi”e poi... mia figlia mi ha detto: “mamma, andiamo in giro senza avere nessuna paura, dai!” E sono uscite.


Annotava, dolorosamente, Sandro Ruotolo, nel bel blog omonimo(www.sandroruotolo.splinder.com). “Napoli, la mia città, è ferita, in modo grave. E' la città più violenta d'Italia. Si muore di camorra, si uccide per la camorra e si è violentati quotidianamente come nelle altre città del nostro Paese. Per una rapina, per uno scippo. Ma quello che è appena successo è ancora più grave. E' la notte tra sabato e domenica, nel centro della città, lungo la strada che taglia a metà Napoli, il corso Vittorio Emanuele. A mezz'altezza tra i quartieri alti e la parte mare. E' quasi l'alba quando un branco di ragazzini, il capo ha appena 14 anni, rapina e violenta una donna. Una ragazza di trent'anni. Anche nel nord del Paese la cronaca, in questi anni, ha raccontato di stupri e violenze, con carnefici minorenni. Ma questo quattordicenne napoletano è figlio di un contrabbandiere legato alla camorra dei Quartieri Spagnoli e quando i poliziotti sono andati a prenderlo a casa sua alle sette del mattino e lui non c'era, la madre ha risposto ai poliziotti che lui non torna mai a casa per dormire. C'è, a Napoli, una emergenza giovanile. Nella guerra che ha insaguinato un anno fa le strade di Scampìa, erano loro a uccidere e ad essere uccisi”. Vite distrutte.


 


mercoledì 18 gennaio 2006

Giochi in Rete


Ha iniziato la cara Sil (in tempi lontani, quando il “tormentone” era appena cominciato, credo) ha proseguito l’altrettanto cara e simpatica Paola, così stretto d’assedio (un dolce assedio quale quello che due donne possono procurare) mi arrendo, in ritardo solo per motivi tecnici noti anche a voi frequentatori di Splinder e vado a soddisfare le vostre curiosità, legittime, assecondando il verbo della blogosfera.


Ma prima il regolamento, seguendo la prassi.


5 Strane abitudini [Regolamento: Il primo giocatore di questo gioco inizia il suo messaggio con il titolo “Cinque tue strane abitudini”, e le persone che vengono invitate a scrivere un messaggio sul loro blog a proposito delle loro strane abitudini devono anche indicare chiaramente questo regolamento. Alla fine dovrete scegliere 5 nuove persone da indicare e linkare il loro blog. Non dimenticate di lasciare un commento nel loro blog che li avverte di essere stati scelti.


Cinque mie strane abitudini.


Indugiare nudo (o quasi, solo con i boxer) scoperto prima di infilarmi sotto il piumone. Per un freddoloso come me costituisce uno dei massimi piaceri godere poi del calore crescente. E poi immobili attendere che il caldo prenda possesso. Questo se dormo da solo...


Prendere sempre il quotidiano oppure il libro che si trova dietro il primo, mai neppure l’ultimo. La sola idea che possano essere stati sfogliati da un estraneo mi infastidisce. Capacissimo di rinunciare e passare ad un’altra edicola o cambiare libreria.


Cercare di sbirciare il titolo di un libro letto da altri, specialmente in autobus o in treno. Il quotidiano già una certa idea della persona me la fornisce, mentre il libro, secondo me, può aggiungere ulteriori dettagli. E poi si tratta sempre di un buon pretesto per chiacchierare.


Osservare le finestre illuminate delle case, quando è sera e chiedermi cosa staranno facendo, quale programma in tv guarderanno gli abitanti. Cosa succede lì dentro, insomma. Comunque non è indispensabile che sia sera e neppure che stiano guardando la tv.


Vedere un film indispensabilmente dal primo titolo di testa fino all’ultimo di coda, altrimenti non me lo gusto appieno. Inutile dire che se il film è già iniziato, fosse anche da pochi secondi rinuncio. Per fortuna con i vhs prima e i dvd ora il problema è risolto. In sala no, anche perché io amerei restare sprofondato in poltrona, invece tutti si alzano e sono costretto ad imitarli, ma a quel punto tanto vale seguire il gregge.


Aggiungerei, poi, una sesta voce, perché di certo d’ora in poi ad ogni ulteriore strana abitudine che si manifesterà non potrò che pensare (sorridendo) a chi mi ha proposto questo giochino.


A questo punto dovrei passare la palla ad altri cinque bloggers, ma non mi riesce proprio di compiere una scelta, perché avrei sempre il timore di creare un pizzico di delusione in coloro che verrebbero esclusi e così me la cavo (spero almeno), affermando che ormai il “tormentone” si è così esteso in modo tale da coinvolgere più o meno tutti. Ecco perciò che passo il testimone a coloro i quali non hanno ricevuto questa “proposta”. Per "par condicio".

sabato 14 gennaio 2006

Bellissime



Milano, 14 gennaio 2006. In duecentomila hanno sfilato per la difesa della legge 194. La nuova primavera delle donne: benvenuta.

giovedì 12 gennaio 2006

Le relazioni pericolose


Vauro su "il manifesto" del 23 dicembre 2005



Nel ventilatore che ormai da giorni sta triturando ogni genere di informazione, come un gigantesco blob dove si ammassano intercettazioni telefoniche, annotazioni prive di rilevanza penale, però utili per creare confusione e disorientamento, la politica divora se stessa, la pessima politica, quella che è una caricatura alimentata da comparsate televisive e paginate su quotidiani. Irrilevante per il cittadino, se non fosse che la spartizione delle spoglie di questo paese passa attraverso un ciclopico regolamento di conti che, peraltro, è solamente alle fasi iniziali e aumenterà, insopportabilmente, da qui alle prossime settimane.


E la disinformazione, la menzogna procedono di pari passo con le pale di questo ventilatore che maciulla anche la ragione, il buon senso e, per dirla fino in fondo, la verità. Tutto molto funzionale alla disperata rincorsa della destra, ormai senza più speranze di recuperare e che, adesso, si trova con l’unica carta possibile da giocare. Il polverone da sollevare per distogliere l’attenzione dalle cose reali. E mentre ascoltavo l’altra sera il cosiddetto presidente del Consiglio liquidare l’esperienza cooperativa che, a sentir lui, sembrerebbe il cancro che si è metastatizzato in Italia, in ciò confondendosi evidentemente con se stesso,  crescevano anche la rabbia e l’indignazione, assieme alla nausea che si prova guardando le prime pagine dei fogli destrorsi e, segnatamente, quella del bollettino di famiglia.


Si stanno adoperando, con ogni risorsa possibile, ad assimilare ogni cosa nell’assioma del “siamo tutti uguali, ovvero “tutti sporchi” ma fallirà, perché destra e sinistra sono geneticamente diverse, anche se l’atteggiamento di alcuni dirigenti è condannabile eticamente, alla luce di quanto sta emergendo. L’ultima, poi, è che B.1816  possiede le prove delle relazioni pericolose tra Unipol e Ds. Immagino, perciò, che dovrebbe presentarsi spontaneamente al Tribunale di Milano per raccontare ciò che afferma di conoscere, anche se è refrattario alle aule giudiziarie, visto che l’unico processo gradito è stato quello di Biscardi. Così sono curioso di assistere all’ennesima metamorfosi (una burletta, chiaro) del presidente che, da operaio, diventa carabiniere e infine investigatore. Sempre badando bene, però, di essere in primo piano.


Il pezzo di Michele Serra è apparso nella rubrica “L’amaca” su “
la Repubblica
” del 29 dicembre 2005 e mi trova concorde, in particolare nei passaggi evidenziati.



Non so più dove ho letto che alla sinistra, orfana dell’ideologia di classe, rimarrebbe solamente il “moralismo pauperista”. E’ una notazione mezzo comica e mezzo stupida, alla luce delle “consulenze”da decine di milioni di euro (non fatturate) che i giudici imputano a Giovanni Consorte, e alla luce dell’evidente caduta di misura e di stile di un ambiente, quello della cooperazione, che era stato in grado fin qui, di conciliare egregiamente la massima competitività sul mercato con le sue radici sociali, solidali e mutualistiche. Moralismo! Sarebbe moralismo pretendere che una storia secolare, e nobile, e giusta evitasse di morire asfissiata nell’imbuto della speculazione e dell’arricchimento personale? Ma tutta questa gente che fa miliardi con le famose”plusvalenze”, tutta roba esentasse, tutta roba garantita dagli amici degli amici, possiamo giudicarla male solo in virtù dell’etica corrente, del rispetto per chi lavora, oppure cadiamo nel “moralismo pauperista”? Io la penso così: il denaro è benedetto, l’agio pure, il valore personale va premiato: ma le montagne di miliardi, quelle sono sempre  e comunque sconsigliate a chi voglia vivere in una società non troppo sperequata, non troppo offensiva, non troppo feroce con i deboli. Il denaro è come il potere: troppo e in poche mani è il contrario della democrazia. Non del comunismo: della democrazia.

 



 


lunedì 9 gennaio 2006

La Carta vincente


La Liberazione


Negli ultimi giorni dell'anno da poco passato un bel post, edito sull'eccellente blog www.blueriver.splinder.com gestito dall'ottimo Masso57, era dedicato ad un' ancor bella signora, nonostante tutte le brutalità a cui è sottoposta: la Costituzione. Mi sembra perciò opportuno, all'alba del nuovo anno che potrebbe anche dare l'avvio ad una Primavera italiana (condizionale più che mai obbligatorio) riportare - per ideale congiunzione - un nobile discorso sulla Costituzione tenuto da Piero Calamandrei agli studenti milanesi nel 1955. Mezzo secolo dopo esiste un altro Calamandrei che possa lanciarsi in un inno civile così elevato? La domanda retorica offre una sconsolante risposta negativa: il segno del declino civico e morale di una Nazione, saccheggiata da bande di banchieri, furbetti del quartierino e avvinazzati pseudo padri costituenti, guidati da un autocrate visionario e delirante.


"La Costituzione non è una macchina che una volta messa in moto va avanti da sé. La Costituzione è un pezzo di carta, la lascio cadere e non si muove: perché si muova bisogna ogni giorno rimetterci dentro il combustibile; bisogna metterci dentro l’impegno, lo spirito, la volontà di mantenere queste promesse, la propria responsabilità. Per questo una delle offese che si fanno alla Costituzione è l’indifferenza alla politica. È un po’ una malattia dei giovani l’indifferentismo. «La politica è una brutta cosa. Che me n’importa della politica?». Quando sento fare questo discorso, mi viene sempre in mente quella vecchia storiellina che qualcheduno di voi conoscerà: di quei due emigranti, due contadini che traversano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una gran burrasca con delle onde altissime, che il piroscafo oscillava. E allora questo contadino impaurito domanda ad un marinaio: «Ma siamo in pericolo?» E questo dice: «Se continua questo mare tra mezz’ora il bastimento affonda». Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno. Dice: «Beppe, Beppe, Beppe, se continua questo mare il bastimento affonda». Quello dice: «Che me ne importa? Unn’è mica mio!». Questo è l’indifferentismo alla politica.
È così bello, è così comodo! è vero? è così comodo! La libertà c’è, si vive in regime di libertà. Ci sono altre cose da fare che interessarsi alla politica! Eh, lo so anche io, ci sono... Il mondo è così bello vero? Ci sono tante belle cose da vedere, da godere, oltre che occuparsi della politica! E la politica non è una piacevole cosa. Però la libertà è come l’aria. Ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di asfissia che gli uomini della mia generazione hanno sentito per vent’anni e che io auguro a voi giovani di non sentire mai. E vi auguro di non trovarvi mai a sentire questo senso di angoscia, in quanto vi auguro di riuscire a creare voi le condizioni, perchè questo senso di angoscia non lo dobbiate provare mai, ricordandovi ogni giorno che sulla libertà bisogna vigilare, vigilare dando il proprio contributo alla vita politica...
Quindi voi giovani alla Costituzione dovete dare il vostro spirito, la vostra gioventù, farla vivere, sentirla come vostra; metterci dentro il vostro senso civico, la coscienza civica; rendersi conto (questa è una delle gioie della vita), rendersi conto che nessuno di noi nel mondo non è solo, non è solo che siamo in più, che siamo parte, parte di un tutto, un tutto nei limiti dell’Italia e del mondo. Ora io ho poco altro da dirvi. In questa Costituzione c’è dentro tutta la nostra storia, tutto il nostro passato, tutti i nostri dolori, le nostre sciagure, le nostre gioie. Sono tutti sfociati qui in questi articoli; e, a sapere intendere, dietro questi articoli ci si sentono delle voci lontane...
E quando io leggo nell’art. 2: «l’adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica, sociale»; o quando leggo nell’art. 11: «L’Italia ripudia le guerre come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli», la patria italiana in mezzo alle altre patrie... ma questo è Mazzini! questa è la voce di Mazzini!
O quando io leggo nell’art. 8: «Tutte le confessioni religiose sono egualmente libere davanti alla legge», ma questo è Cavour! O quando io leggo nell’art. 5: «La Repubblica una e indivisibile, riconosce e promuove le autonomie locali», ma questo è Cattaneo!
O quando nell’art. 52 io leggo, a proposito delle forze armate: «l’ordinamento delle forze armate si informa allo spirito democratico della Repubblica», esercito di popoli, ma questo è Garibaldi!
E quando leggo nell’art. 27: «Non è ammessa la pena di morte», ma questo è Beccaria! Grandi voci lontane, grandi nomi lontani...
Ma ci sono anche umili nomi, voci recenti! Quanto sangue, quanto dolore per arrivare a questa costituzione! Dietro ogni articolo di questa Costituzione, o giovani, voi dovete vedere giovani come voi caduti combattendo, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti in Russia, morti in Africa, morti per le strade di Milano, per le strade di Firenze, cha hanno dato la vita perché libertà e la giustizia potessero essere scritte su questa carta. Quindi, quando vi ho detto che questa è una carta morta, no, non è una carta morta, è un testamento, è un testamento di centomila morti. Se voi volete andare in pellegrinaggio nel luogo dove è nata la nostra Costituzione, andate nelle montagne dove caddero i partigiani, nelle carceri dove furono imprigionati, nei campi dove furono impiccati. Dovunque è morto un italiano per riscattare la libertà e la dignità, andate lì o giovani, col pensiero, perché li è nata la nostra Costituzione".



Per la biografia di Calamandrei:
http://www.romacivica.net/anpiroma/antifascismo/biografie%20antifascisti47.html


 

venerdì 6 gennaio 2006

Lingue biforcute


Gli indiani di texana memoria erano soliti definire l’uomo bianco poco affidabile una “lingua biforcuta”, perciò non appare incongruo se anche George Dabiu Bush merita il medesimo appellativo. Come potrebbe definirsi, infatti, chi intende la difesa della libertà come l’imposizione dei suoi interessi in Medio Oriente e patriottismo la violazione dei diritti umani?


Il periodico statunitense “The Nation”, rivista della sinistra storica, ha pubblicato di recente un “dizionario dei repubblicanismi” che spiega cosa intendono veramente dire Bush e i suoi compari quando adoperano frasi ridondanti, adoperate come slogan, che fanno a pezzi la verità dei fatti.


Come quando è stata varata una legge che affonda la scuola pubblica per dare più soldi a quella privata,  definita «No child left behind», nessun bambino deve essere lasciato indietro. Oppure il piano per rischiare in Borsa i fondi delle pensioni chiamato: salvataggio della previdenza sociale. Mentre cercare a tentoni una via di scampo per uscire dal disastro iracheno si traduce elegantemente: strategia per la vittoria.


La raccolta di queste espressioni è stata curata da Katrina Vanden Heuvel, direttrice della rivista.
«Per vincere la battaglia delle idee - spiega la giornalista - dobbiamo decifrare il linguaggio politico della destra, un vero codice criptico che distorce espressioni di uso comune per ingannare il pubblico sugli obiettivi del partito repubblicano. La chiave di questa strategia linguistica è l’impiego di parole che suonano moderate, ma assumono un significato completamente diverso da quello originale. Le tattiche variano dall’uso infantile di antonimi (sporco vuol dire pulito) a quello pseudo accademico di prefissi (il favorito è «neo», come in neoconservatori) fino al riciclaggio pernicioso di etichette tradizionali (liberal, progressista, usato come insulto)». Fenomenale questa donna, deve senza dubbio conoscere bene anche B.1816.


Per sei mesi «The Nation» ha registrato i suggerimenti dei lettori, ha ricevuto risposte da 44 Stati americani, dalla Gran Bretagna e dal Canada. Altri siti internet hanno rilanciato l’idea. Il risultato è una serie di definizioni sarcastiche, sferzanti, che riflettono gli umori di una nazione sempre meno propensa a lasciarsi abbindolare. Sembra che anche gli americani abbiano problemi analoghi ai nostri, Grande Smentitore compreso.


Ecco altri esempi. Cambiamento di clima: il giorno benedetto in cui gli Stati che votano a sinistra saranno inghiottiti dall’oceano. Crescita: 1) giustificazione per tagliare le tasse ai ricchi; 2) Quello che accade al debito pubblico quando i repubblicani tagliano le tasse ai ricchi. Democrazia: un prodotto americano esportato in tale abbondanza da esaurire le scorte interne. Dio: il più alto in grado tra i consiglieri del presidente Bush. Effeminato: un dirigente che non dà pizzicotti alle segretarie. Fede: la convinzione ostinata che Dio approvi i valori morali dei repubblicani, nonostante ogni prova contraria. Fonti alternative di energia: nuove località da trivellare per cercare petrolio. Franchezza: bugie dette in semplici frasi assertive. Per esempio: «La libertà avanza». Guerra di classe: ogni tentativo di aumentare il salario minimo. Libero mercato: contratti assegnati senza competizione alla Halliburton a spese dei contribuenti. Movimento per la vita: la difesa della vita umana fino al momento della nascita. Neoconservatore: secchione con un complesso napoleonico. PatriotAct: 1) Attacco preventivo per la difesa della libertà americana 2) L’eliminazione di una delle ragioni per cui i terroristi ci odiano: la libertà americana. Pigrizia: quando i poveri non lavorano (vedi «tempo libero») Senato: club esclusivo, con una quota di ammissione da dieci a trenta milioni di dollari. Società dei proprietari: una civiltà in cui l’uno per cento della popolazione controlla il 90 per cento delle risorse. Tempo libero: quando i ricchi non lavorano. Undici settembre: tragedia usata per giustificare tutti gli atti del governo, ma specialmente quelli che con essa non hanno nulla a che fare.


Un bel campionario, non c’è che dire e poi basta effettuare alcune semplici sostituzioni e tutto suona ancora più... italiano. Per questo Bush e B.1816 si comprendono al volo: parlano la stessa lingua. Biforcuta, ovviamente.  

mercoledì 4 gennaio 2006

La culla sulla scrivania: uno virgola due


Quando si è in vacanza capita di frequentare, televisivamente parlando, spazi inesplorati, zone vergini, fasce orarie – come quella di mezzogiorno su RaiTre – e guardare con curiosità e, poi, crescente interesse, quei programmi riservati ad una platea di nicchia, ma non per questo meno autorevoli. Come è il caso di “Punto Donna”, microtrasmissione di venti minuti, condotta da una brava giornalista come Ilda Bartoloni.


L’argomento odierno, rigorosamente al femminile come da titolo, si occupava delle discriminazioni sul lavoro che subiscono le donne con uno o più figli, costrette a scelte umilianti e irrispettose della dignità umana. Ne prenda buona nota, anche di questo, il centrosinistra che governerà.


Ospiti una sindacalista e una funzionaria dell’Istat, si è discusso pacatamente del tema prendendo spunto da un documentario di Silvia Ferreri, realizzato con il contributo del comune di Roma, intitolato “Uno virgola due” (come il tasso di fecondità passato solo recentemente da 1,29 a 1,33). L’Istat aveva già fornito i numeri dell’odioso fenomeno, il lavoro della regista (che verosimilmente non ci sarà dato vedere) ha assegnato alle cifre voci e volti di donne emarginate e offese.


In Italia il tasso di occupazione nella fascia 20-49 anni è pari al 56 per cento per le donne senza figli, al 53,6 per quelle con un figlio, al 47 per quelle con due figli e al 33,7 per le madri di tre o più figli. Nei maggiori stati europei, le cose vanno assai diversamente.


Nel 2002, fonte Eurostat, in Olanda le percentuali erano (seguendo l’ordine appena illustrato), le seguenti. 82,3 senza figli, 73,4; 70,3 e 60,4. Si tratta del paese dove le cose vanno meglio. In Gran Bretagna la situazione è la seguente: 81,7; 69,9; 66 e 45,3.
La Germania
ha un tasso di occupazione del 78,4 per le donne senza figli, poi si scende al 69,5; 59,2 e 40,8. In Francia la curva segue una strana traiettoria, perché mentre le donne lavoratrici senza figli sono il 71,3, quindi in calo rispetto alle nazioni precedenti, aumentano al 74,8 quelle con un figlio, per poi proseguire con il 65,8 e 41.
La Spagna
, infine, pur precedendoci, si attesta ai nostri livelli: 58,3 è il tasso di occupazione per le donne tra i 20 e i 49 anni senza figli, quindi cala al 52, poi 46,3 e 37,9.


Tornando in Italia vanno aggiunte altre considerazioni statistiche che riguardano la fase successiva alla nascita del figlio. Il 20,1 delle madri occupate al momento della gravidanza non lavora più dopo il parto: nel 69 per cento dei casi la donna si licenzia, nel 23,9 il contratto scade e nel 6,9 dei casi viene licenziata.


E fino a qui i numeri, aridi quanto si vuole ma paradigmatici di una situazione di “mobbing” largamente estesa. Semmai le cifre, dedotte da tabelle e quindi dotate di scarso “appeal”, non rendono adeguatamente dramma di queste giovani donne. Per questo motivo aggiungo quattro testimonianze a conferire maggiore sostanza. Con ciò il post si allunga, ma è inevitabile.


E poi credo che dare spazio alla vergogna di certe situazioni non sia mai eccessivo. Chissà se sono interessati a questo il sempre facondo Ruini e i Buttiglioni di complemento? Nulla da dire ai datori di lavoro, anzi ai padroni (chiamiamoli con il vero nome) che magari vanno pure a messa tutte le mattine come facevano il beato Fazio e l’angelico Fiorani? Lo so che costoro qui non c’entrano niente, ma sempre di farabutti si parla.





"Accusata di frode aspetto giustizia”


Maria Grazia, 34 anni, Roma. «Lavoravo come commessa per una catena di profumerie che aveva un negozio proprio sotto casa mia. Quando rimasi incinta del secondo figlio, prima mi chiesero di dimettermi, poi mi spostarono in una sede molto lontana. Fui costretta a prendere il motorino per attraversare la città in fretta: ebbi una minaccia d'aborto, il medico stilò un certificato di maternità anticipata. Fu come aver firmato una dichiarazione di guerra. Una volta partorito, il medico sbagliò di un giorno la data su un certificato. La corresse 24 ore dopo. Fui licenziata per frode e falso. Mi sono rivolta ad un avvocato: sono passati tre anni e ancora non sono stati ascoltati i testimoni. Quando ho ricominciato a cercare lavoro, le persone avevano una sola preoccupazione: hai già due figli, non avrai intenzione di fare il terzo! Perché il primo te lo passano; per il secondo ti fanno vedere i sorci verdi; al terzo, se solo ci pensi, sei una pazza».





“A non fare nulla in un magazzino"


Simona, 35 anni, Firenze. «Lavoravo in un’azienda nella quale mi occupavo del marketing e alla quale avevo dedicato tutta la mia vita, quasi fosse stato un figlio. Quando tomai dalla maternità dopo aver usufruito dei tempi minimi previsti dalla legge, non trovai più il mio ufficio. Mi misero una sedia in un magazzino e basta: non facevo nulla, solo di tanto in tanto qualcuno mi chiedeva di fare qualche fotocopia. Alla fine, riuscii ad ottenere una scrivania. Mi offrirono una buona uscita per andarmene. Rifiutai. Ma con la testa non ci stavo più. Era troppo duro così. Capivo che non c'era, non ci sarebbe mai più stato spazio per me lì dentro, perché per loro io non c'ero più, c'era solo una madre: non volevano utilizzarmi, ma eliminarmi. E ho mollato. Oggi, se potessi parlare ai politici, direi di proteggere il lavoro femminile e favorire il part time; alle madri, direi di non vergognarsi mai; ad una platea, che il lavoro nobilita l'uomo e anche la donna».






"Pannolini e filosofia connubio difficile"


Stefania, 33 anni, Roma. «Mi sono laureata a Roma in scienze politiche, poi il master alla Normale di Pisa, poi di nuovo a Roma come ricercatrice universitaria in filosofia politica. Mi ci volle non molto per rendermi conto che a livello di cattedra, le donne con una famiglia erano praticamente zero. Decisi allora di cambiare strada, di uscire dal mondo accademico che mi sembrava discriminatorio. Quello che trovai fuori, però, era quasi peggio. Puntualmente, ai colloqui di lavoro mi trovavo di fronte alla domanda: lei ha intenzione di sposarsi o di avere figli a breve? Io mi rifiutavo di rispondere, opponevo che questa non era questione attinente alle mie competenze professionali. Va da sé, che non ho mai superato nessun colloquio. A volte, quando mi lamento che alla mia età ancora non ho un figlio, mi sento dire: ma hai tempo fino a 40 anni! E io mi chiedo: a 40 il primo. E il secondo quando?».


 


"Che cosa si aspetta con un bambino?"


Teresa, 34 anni, Roma, laurea in economia e commercio. «Avevo un lavoro a tempo determinato in una banca. Erano soddisfatti di me e del resto avevo investito molto sulla mia preparazione professionale. Mi avevano assicurato che mi avrebbero rinnovato il contratto. Rimasi incinta. Ricordo che cercavo di nascondere la gravidanza con vestiti larghi; non fui più chiamata. Ma il peggio è stato poi andare per le agenzie di lavoro interinale dove mi presentavo con il bimbo e vedere le loro facce scandalizzate, come a dire: ma cosa vuoi trovare con suo figlio appresso? Già è difficile normalmente, e lei mette questi paletti! Ma non avevo nessuno a cui lasciarlo. Non ero abbastanza svantaggiata per avere un posto nell'asilo nido. Pensavo: studi, lavori, fai un figlio, torni e ti fanno ricominciare da capo; fai il secondo e di nuovo vai all'indietro e devi ripartire. Di questo passo quando arriveremo ai posti che ci permetterebbero di cambiare le cose?».